Cina, altro che addio zero Covid: blindata Pechino, il virus adesso impazza

Nessuna modifica nell'approccio intransigente di Xi Jinping sulla pandemia. Anche la capitale chiude. L'economia paga ma si teme la paralisi sanitaria

Esteri

Record di contagi a Pechino, la Cina continua a blindarsi

C'era chi sperava, anzi era convinto, che dopo il XX Congresso del Partito comunista cinese di ottobre in cui Xi Jinping ha ottenuto uno storico terzo mandato da segretario generale, la Cina potesse riaprire. Basta zero Covid, basta con una strategia che secondo molti rappresenta un autogol sul fronte economico e commerciale. Senza sottovalutare le ricadute sociali, con il malumore nei confronti del governo che sembra continuare a diffondersi come dimostrano anche le recenti proteste a Guangzhou.

Ecco, quelle speranze sono per ora del tutto disattese. Persino Pechino, capitale e solitamente città più preservata per il suo fondamentale ruolo politico, sta vivendo grandi restrizioni. La condizione è di semi lockdown, con scuole e ristoranti chiusi e l'obbligo di tornare allo smart working. D'altronde, nella giornata di martedì i nuovi casi in Cina sono stati 28 mila, vicino al  massimo mai registrato nel Paese, secondo le autorità sanitarie. I principali focolai si sono verificati nella provincia di Guangzhou e nella città di Chongqing, che hanno registrato rispettivamente oltre 16.000 e 6.300 nuove infezioni. Nella capitale, i casi sono aumentati negli ultimi giorni, passando dai 621 di domenica ai 1.438 di martedì, un record per la città.

I focolai di Covid-19 si stanno rapidamente espandendo nella capitale: sono stati segnalati 962 casi di infezione, di cui 266 rilevati durante lo screening comunitario, il che suggerisce che le autorità stanno lottando per contenere i focolai. Il numero di casi è più che raddoppiato rispetto a una settimana fa, quando erano state segnalate 407 infezioni. Un portavoce del governo di Pechino, Xu Hejian, ha dichiarato domenica che la situazione per la prevenzione e il controllo dell'epidemia "è tetra".

Nel fine settimana sono stati registrati tre decessi legati al coronavirus, portando a 12 il numero totale di decessi negli ultimi tre anni. Un uomo di 87 anni, il cui decesso è stato riportato domenica, è stato il primo decesso legato al Covid a Pechino in sei mesi. Due anziani con condizioni preesistenti - una donna di 91 anni e un uomo di 88 - sono morti domenica a causa di complicazioni legate al Covid-19. La donna aveva una storia di ictus e di ictus e un uomo di 88 anni. La donna aveva una storia di ictus e Alzheimer, mentre l'uomo, costretto a letto da anni, soffriva da tempo di pressione alta, ictus ischemico e cancro alla prostata.

I residenti di Pechino hanno spiegato che l'ultima serrata e le altre restrizioni sono arrivate in modo rapido e silenzioso. Ad alcuni è stato detto dai loro quartieri residenziali durante la notte che erano in isolamento. La nuova ondata di infezioni sta mettendo alla prova gli ultimi sforzi della Cina per allontanarsi gradualmente dalla rigida risposta "zero Covid-19". I casi stanno aumentando in diverse città, tra cui Pechino, Shijiazhuang, ora chiusa, Guangzhou e Chongqing. La vicepremier e zar anti Covid, Sun Chunlan, ha effettuato un tour di ricerca e ispezione a Chongqing. Di solito le sue visite sono seguite da misure più severe, tra cui chiusure e quarantena centralizzata di massa.

L'economia paga ma si teme la paralisi del sistema sanitario

E tornano subito i timori tra gli investitori, che nelle scorse settimane si erano lasciati andare all'entusiasmo per la possibile riapertura che si era immaginata da alcuni rumors su un possibile rilassamento. Per ora non si intravede nulla di tutto ciò, a parte per le regole sulle quarantene di chi arriva dall'esterno. Ma una volta dentro il territorio cinese, le restrizioni restano e la strategia di chiusura anche.  Tanto che a Shanghai sono emerse notizie sull'assunzione di lavoratori "Covid" con contratti di due anni. A chiarire che la prospettiva di riapertura totale è ancora lontana.

Nelle scorse serrimane Financial Times ha intervistato una dozzina di professionisti del settore sanitario cinese: il responso unanime è che il sistema ospedaliero nazionale non è pronto per un ipotetico piano di “riapertura”, i cui segnali si sono intravisti nei giorni scorsi (che prevedono l’alleggerimento dei requisiti di quarantena per i contatti stretti e per i viaggiatori internazionali). Secondo gli esperti, una repentina sospensione della politica Zero Covid causerebbe la “paralisi” del sistema sanitario.

A rischio sono soprattutto gli anziani: ad oggi solo 40% degli ultraottantenni ha fatto le tre dosi di vaccino richieste contro la variante Omicron. Come ha affermato al South China Morning Post il virologo della University of Hong Kong Jin Dongyan, serve innanzitutto intensificare la vaccinazioni delle fasce più vulnerabili, anziani compresi. Intanto, però, la chiusura continuata della Cina rischia di avere effetti sull'economia e l'occupazione. E, in definitiva, anche sui rapporti tra Cina e resto del mondo. 

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