Covid, la vendetta della Cina sui test: "Stop ai visti". Rischi per l'Italia

La Cina apre i suoi confini ma sbatte la porta ad alcuni paesi che hanno introdotto restrizioni all'ingresso. Possibili ritorsioni anche per Europa e Italia

Esteri

La Cina si vendica contro i test in aeroporto: "Stop ai visti"

Ecco la ritorsione. La Cina apre i suoi confini ma, contestualmente, sbatte la porta ad alcuni paesi che hanno introdotto restrizioni all'ingresso per chiunque arrivi dal suo territorio. Un nuovo insidioso capitolo delle tensioni tra Pechino e diversi paesi, non solo gli Stati Uniti o quelli occidentali ma anzi anche con i suoi vicini asiatici che sono però sempre più allineati in politica estera a Washington e Nato e vengono percepiti come nemici da Xi Jinping. Ma la ritorsione pone dei rischi anche per i paesi europei e l'Italia.

Le autorità cinesi hanno infatti interrotto il rilascio di visti a breve termine ai cittadini sudcoreani e giapponesi, nella prima reazione contro le restrizioni di ingresso imposte dalla Covid agli arrivi dalla Cina. "I visti per affari, turismo, cure mediche, transito e affari privati in generale saranno sospesi per i

Media Usa: foto satellitari mostrano file ai crematori in Cina 

File di persone fuori dai crematori che aspettano di entrare con i loro cari uccisi dal Covid. Sono le immagini satellitari shock pubblicate in esclusiva dal Washington Post. Le foto riguardano sei metropoli - tra le quali Pechino, Nanchino e Chengdu - e sono state catturate all'inizio e alla fine di dicembre. La differenza tra i due momenti è evidente. Nell'immagine ripresa il 24 dicembre, ad esempio, in uno dei crematori della capitale è comparso un nuovo parcheggio per far fronte all'afflusso di clienti. 

cittadini sudcoreani a partire da oggi", ha dichiarato l'ambasciata cinese a Seoul in un comunicato. Le misure saranno "adeguate" se la Corea del Sud annullerà le sue restrizioni "discriminatorie" all'ingresso in Cina, ha aggiunto l'ambasciata. 

La sospensione dei visti, notificata anche alle agenzie di viaggio in Giappone, resterà in vigore "fino a quando non saranno abolite le restrizioni d'ingresso discriminatorie nei confronti della Cina". Pechino ha criticato le recenti restrizioni e i controlli effettuati sui viaggiatori provenienti dalla Cina, dopo che alcuni Paesi hanno richiesto l'esecuzione di test dopo la nuova ondata di contagi che ha colpito il gigante asiatico dopo che il governo ha deciso di smantellare la sua strategia zero Covid.

Il 2 gennaio, la Corea del Sud ha fatto un ulteriore passo avanti, sospendendo le richieste di visto a breve termine dai suoi consolati in Cina fino alla fine del mese. Ha inoltre richiesto alle persone che viaggiano dalla Cina di sottoporsi al test PCR entro 24 ore dall'arrivo e di rimanere in isolamento fino a quando non riceveranno risultati negativi.

La mossa della Cina fa seguito alla telefonata tra il neo ministro degli Esteri Qin Gang e il suo omologo sudcoreano Park Jin, durante la quale Qin ha "espresso preoccupazione" per le restrizioni e ha esortato Seul ad adottare un approccio "obiettivo e scientifico", secondo quanto riportato da un comunicato della Cina. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha fatto eco al linguaggio precedente della Cina, affermando che il Paese "si oppone risolutamente" alle restrizioni d'ingresso "discriminatorie" imposte ai viaggiatori cinesi e "prenderà contromisure proporzionate".

I rischi per la distensione del governo Meloni votata all'aumento dell'export in Cina

"Alcuni Paesi, incuranti dei fatti scientifici e della reale situazione epidemica in Cina, hanno continuato a imporre restrizioni discriminatorie all'ingresso... Chiediamo a questi Paesi di proporre misure adeguate di controllo della pandemia basate sui fatti e sulla scienza, di non impegnarsi in manipolazioni politiche e misure discriminatorie e di non avere un impatto sul normale scambio di personale e sulla cooperazione", ha dichiarato.

Nelle ultime settimane, più di una dozzina di Paesi, tra cui Stati Uniti, Francia, Canada, Giappone e Australia, hanno imposto test ai viaggiatori provenienti dalla Cina, citando le preoccupazioni per il livello di segnalazione dei dati provenienti dalla Cina e la possibilità che emergano nuove varianti del virus, anche se finora non sono emersi di questo tipo.

Il rischio è che ora ci sia questo tipo di ritorsioni anche verso i paesi europei, Italia compresa visto che il governo Meloni è stato il primo nel Vecchio Continente a muoversi per l'introduzione del test in aeroporto. Solo qualche settimana fa, dopo il summit del G20 di Bali in cui Meloni ha parlato con Xi, l'ex ministro degli Esteri cinese Wang Yi aveva promesso all'omologo Antonio Tajani di aumentare il numero dei voli tra i due paesi, che erano rimasti per lo più a terra non solo per la situazione pandemica e le restrizioni di viaggio per i cinesi all'estero negli scorsi tre anni ma anche come conseguenza che il governo Conte bis fu il primo in occidente a chiudere i voli diretti con la Cina a inizio 2020 nelle prime fasi della crisi.

L'eventuale ritorsione contro l'Italia o contro i paesi europei rappresenterebbe un serissimo colpo alla distensione dei rapporti e alle prospettive di aumento della cooperazione commerciale, a cui l'Italia tiene molto per spingere le proprie esportazioni. In particolare il governo Meloni potrebbe rischiare di vedere compromesso l'avvicinamento iniziato proprio a Bali, con l'invito di Xi alla premier a Pechino. Una visita che dovrebbe avvenire entro la prima metà del 2023 e che rappresenta una possibilità per riannodare il legame almeno dal punto di vista commerciale, fatta salva la politica estera e la collocazione nettamente atlantista del governo di centrodestra. L'eventuale ritorsione sarebbe un nuovo ostacolo non semplice da superare.

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