Gerusalemme, altro fuoco alle polveri: la tensione perenne tra ebrei-musulmani

Quali polveri avrebbero acceso i fedeli riuniti in preghiera nella moschea di Al-Aqsa, durante il Tarawih di mercoledì sera?

L'opinione di M. Alessandra Filippi
Esteri

Gerusalemme, nuovo attacco nella notte: l'irruzione è un pretesto per impossessarsi del Monte del Tempio. Analisi 

L’assalto da parte dell’esercito israeliano nella moschea di Al-Aqsa segna nuovo punto di non ritorno nell’insanabile conflitto arabo israeliano. Un anno fa, sempre in questi giorni, nel cuore di Tel Aviv, le tensioni scatenate dall’incapacità reciproca di trovare un punto di accordo e di equilibrio duraturo culminarono nell’attacco all’Ilka Bar (clicca qui per recuperare l'articolo). Da allora, malgrado i tentativi volti a frenare l’escalation di violenze, non ultimo il vertice tenutosi a Aqaba lo scorso 26 febbraio fra Egitto, Palestina, Israele, Giordania e Stati Uniti, nulla è cambiato.

Unanime la condanna del mondo arabo e mussulmano. Il governo giordano - la cui famiglia reale è custode dei luoghi sacri di Gerusalemme – unitamente al ministero degli Esteri egiziano la considerano una gravissima "violazione di tutte le leggi e le consuetudini internazionali". Anche il primo ministro dell'Autorità palestinese, Mohammad Ibrahim Shtayyeh, ha stigmatizzato le azioni della polizia israeliana, affermando che "quello che sta accadendo a Gerusalemme è un grave crimine contro i fedeli" aggiungendo che "Israele non vuole imparare dalla storia, che al-Aqsa è per i palestinesi e per tutti gli arabi e i musulmani un luogo santo, e che l'irruzione ha scatenato una reazione contro l'occupazione".

La convergenza della Pasqua ebraica con il mese sacro del Ramadan potrebbe spingere a credere che questa sia stata la scintilla che ha fatto esplodere le polveri. Tuttavia una domanda sorge spontanea: quali polveri avrebbero acceso i fedeli riuniti in preghiera nella moschea di Al-Aqsa, durante il Tarawih di mercoledì sera?

Nei filmati che circolano sul web si vedono soldati israeliani che trascinano e picchiano con ferocia i fedeli per portarli fuori dalla moschea. Testimoni oculari hanno riferito alla CNN che “la polizia ha sfondato porte e finestre per entrare nella moschea e una volta all'interno ha schierato granate assordanti e proiettili di gomma”. Dal canto suo la polizia israeliana ha dichiarato che l’irruzione si è resa necessaria dopo che "centinaia di rivoltosi e profanatori di moschee si erano barricati all'interno, armati di pietre, bastoni e fuochi d’artificio”.

Chi è stato a Gerusalemme sa quanto imponente sia il controllo che l’esercito israeliano esercita su tutti gli accessi alla spianata delle Moschee. E altrettanto bene sa che l’ingresso dei visitatori non mussulmani è permesso solo in due momenti della giornata, poche ore la mattina e il pomeriggio, entrambi lontani dai momenti riservati alle preghiere quotidiane. E tutti vengono controllati. Come sarebbero potuti dunque entrare questi sedicenti profanatori di moschee, armati di verghe, sassi e petardi? E a quale scopo avrebbero dovuto barricarsi nella moschea? Per aggredirsi fra loro? Senza contare poi che durante il Ramadan è previsto che ci si astenga dal bere, mangiare, avere rapporti sessuali, mentire, fumare, usare un linguaggio scurrile e, soprattutto, dal fare la guerra.

Una chiave di lettura dell’irruzione della polizia israeliana potrebbe rintracciarsi nella “visita” a sorpresa che il ministro israeliano della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha fatto alla spianata delle Moschee lo scorso 3 gennaio, scortato da una folta schiera di poliziotti armati. Fra lo sconcerto e lo sdegno dei palestinesi e della comunità internazionale, in quell’occasione ha dichiarato “Manterremo la libertà di movimento per i musulmani ed i cristiani” aggiungendo che “gli ebrei scaleranno la montagna” e “coloro che ci minacciano saranno affrontati con il pugno di ferro”.

Noto provocatore, già protagonista di numerose visite alla Spianata come attivista e membro della Knesset, organizzatore di controverse marce nel quartiere musulmano della Città Vecchia, capo del partito di estrema destra Otzma Yehuditha- Potere Ebraico, Ben Gvir è anche l’ago della bilancia della contestatissima riforma della giustizia, “temporaneamente congelata” col suo benestare, almeno fino alla prossima seduta della Knesset che si terrà a maggio.

Che gli ultra ortodossi di destra vogliano da sempre rimpossessarsi del Monte del Tempio, alias Spianata delle Moschee, è cosa nota. Che serva un pretesto per farlo e rompere così lo status quo fissato in seguito alla Guerra del 1967 e all’occupazione di Gerusalemme Est, è altrettanto chiaro.

L’irruzione di mercoledì potrebbe dunque essere letta come il “cavallo di Troia” in grado di far mettere un piede nel sacro recinto mussulmano e, come avviene da decenni nei territori di West Bank, alias Palestina, offrire il pretesto per avviare una lenta e inesorabile colonizzazione del Monte.

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