Cachi e mirtilli, non si butta niente: gli scarti diventano ottimi integratori
Lo studio spagnolo, pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, dimostra come alcuni scarti alimentari aiutino il microbiota intestinale
Scarti alimentari, cachi e mirtilli fanno bene al microbiota intestinale: lo studio
Gli scarti della frutta, e in particolar modo quelli dei mirtilli e dei cachi, possono essere riutilizzati per realizzare una polvere ricca di antiossidanti e altre sostanze che, aggiunta agli alimenti, esercita un effetto benefico sul microbiota intestinale. L’idea di dare una seconda vita ai sottoprodotti delle lavorazioni alimentari più pregiate, come le bucce e le parti non direttamente commestibili, non è nuova, ma i ricercatori dell’Università Politecnica di Valencia e dell’Università di Valencia, in Spagna, autori di uno studio pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, hanno effettuato un passo ulteriore, rispetto a ricerche simili condotte negli ultimi anni.
Leggi anche: Anche l'anguria diventa di lusso. La Densuke può costare fino a 5000 euro
Gli scienziati, infatti - riporta Il Fatto Alimentare - hanno sottoposto gli scarti della lavorazione dei cachi e dei mirtilli, noti per avere concentrazioni di polifenoli e carotenoidi particolarmente elevate, a diversi tipi di processi come la disidratazione, e dimostrato che a ogni cambiamento delle condizioni di reazione e del materiale di partenza corrispondono quantità diverse di antiossidanti; per il risultato finale contano il tipo di polvere che si vuole ottenere, il metodo di lavorazione, il contenuto e il tipo di fibre, che può variare molto (per esempio se si lavorano le parti legnose o le infiorescenze).
Leggi anche: Al bar si paga in base alla gradazione: nuove accise sugli alcolici
I ricercatori spagnoli, poi, hanno controllato in vitro l’effetto delle loro polveri sul microbiota intestinale, aggiungendole a campioni di batteri, lasciando che avvenissero le normali fermentazioni e sequenziando il genoma delle specie presenti prima e dopo. Almeno in vitro, la miscela di polifenoli e carotenoidi si è mostrata capace di modificare le concentrazioni di diverse specie, con un incremento di quelle considerate positive e una diminuzione delle altre. Pertanto, le bucce e le altre parti scartate dei frutti, concludono gli autori, possono rappresentare una valida materia prima per produrre elementi preziosi, da utilizzare anche nei paesi dove il loro apporto è insufficiente.