Cinque libri da leggere mentre fuori nevica

Fantasy, romanzi storici, biografie, narrativa contemporanea: ecco le nostre proposte per l'inverno 2024

di Chiara Giacobelli
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Libri & Editori

Come ogni anno il nostro speciale d’inverno cerca di individuare, tra le molte novità letterarie in commercio, cinque libri (biografie romanzate, fantasy, narrativa contemporanea ed anche un volume illustrato) che hanno colpito la nostra attenzione e che pensiamo potrebbero piacervi.

Generi diversi e case editrici differenti tra loro, per tener conto di un pubblico vasto ed eterogeneo. Ecco quindi le nostre proposte per l’inverno 2024, nell’idea di rilassarsi in poltrona mentre fuori nevica.


 

1)  Il Giappone a colori di Laura Imai Messina, illustrato da Barbara Baldi (Einaudi)

La cover di questo libro, nei suoi colori candidi e freddi, con una neve intenta a imbiancare i tetti di un tempio orientale, ci è sembrata il miglior biglietto da visita per uno speciale dedicato all’inverno. Laura Imai Messina, trasferitasi a vivere in Giappone ormai parecchi anni fa, è conosciuta in Italia soprattutto per i suoi romanzi e per il bestseller WA. La via giapponese all'armonia, che per primo le ha regalato il successo. Oltre alla narrativa, però, si è occupata di volumi dal taglio simile a quello che qui vi proponiamo: nello specifico Tōkyō tutto l’anno. Viaggio sentimentale nella grande metropoli (Einaudi, 2020) e Le vite nascoste dei colori (Einaudi, 2021). Dall’intreccio di queste due opere è nato il suo ultimo libro sempre edito da Einaudi, dal titolo Il Giappone a colori: si tratta di un viaggio all’interno del ricchissimo mondo dei colori giapponesi, che sono numerosi e assai più variegati rispetto ai nostri, ma soprattutto si caricano di un significato simbolico derivante dalle tradizioni, dalla storia, dalle leggende, dagli usi e costumi di un popolo di grande profondità (e anche dalle molte contraddizioni).


 

Il bianco, il nero e il grigio sono già di per sé portatori di mille racconti, ma se allarghiamo lo spettro alle sfumature della primavera, alle tonalità che la natura regala, ecco fiorire un immenso affresco di storie – personali e al contempo sociali – che Imai Messina racconta attraverso un taglio narrativo. La affianca magistralmente Barbara Baldi, che per mezzo delle proprie immagini a tutta pagina interpreta le parole dell’autrice e dà loro una fisicità. Ci sono, ad esempio, il color piume bagnate di corvo, il color piume nere di gru, il color campo arido, il color cielo illuminato dalla luna o il color lama smussata: definizioni che assomigliano più alla poesia che non a una semplice indicazione visiva; d’altra parte, lo stesso alfabeto giapponese, costituito da ideogrammi, possiede in sé un insieme di sensi e significati molto lontani dalla nostra lingua. Occorre quindi fare uno sforzo di immaginazione per comprendere appieno il mondo a cui Imai Messina fa riferimento, attraverso le voci dei suoi protagonisti e un passato ricco sotto ogni punto di vista. La tradizione si mescola al presente proprio come su una tavolozza, dando vita a infinite possibilità: ci sono i colori del trucco – bianco, nero e rosso –, che per le donne di oggi, come di allora, costituiscono un elemento fondamentale; «nell’antico Giappone erano tre i colori del trucco: bianco per coprire come una nebbia volto, collo e attaccatura, nero per scurire denti e gengive e per modellare le sopracciglia, e infine rosso per dipingere labbra e colorare le guance».

L’autrice si sofferma anche nella descrizione – intervallata da dialoghi e narrativa, ma anche piena di nozioni storiche, nonché di ideogrammi e traduzioni alla lettera – delle infinite sfumature del nero, il colore dell’oscurità, ma anche il colore dell’accoglienza, della pazienza, della fiducia, della salute. Perché in Giappone niente è semplice e lineare, ogni vocabolo – proprio come ogni colore – può significare tante cose diverse allo stesso tempo, a seconda del contesto. Dall’esterno, viene da pensarlo come un mondo complicato; forse lo è, ma è anche più pieno, intenso, abituato a scavare in profondità e ad espandersi in ampiezza. Il nuovo libro di Laura Imai Messina pubblicato da Einaudi non va necessariamente letto dall’inizio alla fine come una storia cronologica, ma può essere iniziato e poi ripreso in più momenti, sfogliato a seconda dell’interesse momentaneo o talvolta anche solo osservato, grazie ai disegni di Barbara Baldi. Ecco perché ci sembra un suggerimento utile non soltanto per l’inverno, ma per tutto l’anno, in quanto potrà accompagnarvi attraverso avventure, epoche, tradizioni, incontrando stravaganti personaggi e imparando in parte la lingua giapponese.

Lo consigliamo perché: il fascino intramontabile dell’Oriente trova qui un’accezione originale, che si pone al contempo come intrattenimento e lettura educativa. Pensato per gli amanti del Sol Levante, ma anche per chi in generale ama conoscere culture diverse dalla propria.

2)  Le otto vite di una centenaria senza nome di Mirinae Lee (Editrice Nord)

Bestseller del momento molto amato sui social, Le otto vite di una centenaria senza nome è l’opera di fantasia di un’autrice di origini coreane, trapiantata a Hong Kong; il successo planetario ha fatto conoscere la sua penna spigliata e precisa al pubblico internazionale, ma in Italia è arrivato proprio ora grazie alla traduzione di Elisa Banfi e alla Casa Editrice Nord, che ne ha acquisito i diritti. Si tratta della storia di una donna “enigmatica e camaleontica, capace di adattarsi a ogni situazione, di combattere con efferata ferocia e di amare col trasporto assoluto di chi teme il rimpianto più della morte. Una donna che non si arrende davanti alle avversità e che affronta il destino a testa alta e alle sue condizioni”. Capiamo dunque già dalla sinossi che la protagonista del romanzo di Minirae Lee è il fulcro dell’intero libro, sebbene assumano un’importanza altrettanto rilevante l’ambientazione e la suspense che si genera durante la lettura. Potremmo definirlo al contempo un romanzo storico, un thriller, un mistery e una biografia, che scivola dai toni drammatici a quelli ironici, per virare poi sempre più verso quelli propri del giallo o del noir; ma di fatto Le otto vite di una centenaria senza nome non è niente di tutto questo: è molto di più, in una ricerca di stile, di genere e di contenuti che – pur guardando alla storia e al passato – si rivela quanto mai contemporanea.


 

In parte leggendo le pagine di questo libro ci tornano in mente titoli come Il quaderno dell’amore perduto della Perrin o Le madri di vento e di sale della See: il primo per l’ambientazione in una casa di riposo e per l’escamotage di raccontare una storia nella storia, attraverso la figura di un’intermediaria; il secondo per l’attenzione posta nei confronti del contesto politico e geografico, caratterizza da una Corea dapprima invasa dai giapponesi, poi divisa in due e per lungo tempo devastata dai sommovimenti interni. A differenza del libro della Perrin, qui il focus sull’aspetto storico è assai più presente, perché in questi cento anni di vita è racchiuso lo stravolgimento totale di una terra, di un popolo, di tradizioni, usi e costumi, persino dei confini geografici; lo differenzia invece dal romanzo della See il maggior impatto narrativo, non perché l’autrice sia più abile nella scrittura, ma perché sceglie di dare più potere alla propria protagonista, facendola diventare una vera eroina dei nostri giorni. D’altra parte, i misteri che avvolgono la sua figura creano nel lettore quella curiosità tipica delle trame giallistiche o del thriller, per cui si finisce per volerne sapere sempre di più, inseguendo una verità che forse non è poi così chiara e definita…

Mook Miran è stata costretta a prostituirsi al pari di una schiava sotto il dominio giapponese, poi è diventata interprete e successivamente ha cambiato identità; soprattutto, è stata una spia, imparando a cambiare ben otto volte la sua vita e diventando di volta in volta una persona diversa, ma sempre affascinante. Se la sua natura coraggiosa, audace e disposta a tutto per la sopravvivenza, nonché la grande sopportazione della sofferenza, la rendono una figura all’avanguardia per il suo tempo, non si discosta dalla tradizione, invece, nel suo restare così ancorata al ruolo di moglie felice e madre orgogliosa, che in parte richiama il lieto fine delle favole. È quel respiro di sollievo finale che il lettore si aspetta dopo tanto travaglio, quel bilanciamento necessario per riscattare tutto quanto subìto a denti stretti, ma mai del tutto accettato. Perché con la malvagità non è possibile venire a patti, e neppure perdonare, specie per una donna come lei.

A proposito di questa figura femminile travolgente che folgora l’immaginario del lettore, l’autrice Mirinae Lee dice di essersi ispirata a una sua prozia, una delle donne più anziane ad essere fuggita da sola dalla Corea del Nord; tuttavia, è probabile che nella sua storia di fantasia abbia inserito elementi tratti dai molti studi fatti per meglio conoscere l’epoca, le tradizioni, gli usi e costumi che cambiavano velocemente, ad ogni svolta politica. E se è vero che Miran è stata un’assassina, una ribelle, una traditrice, una spia e quindi non proprio un esempio di correttezza morale, d’altra parte è altrettanto vero che non viene mai in mente al lettore di condannarla: si entra subito in empatia con lei, con il suo desiderio di rivalsa e la sua astuzia, con la sua strenua resistenza. È proprio tutto ciò, infatti, a trasformarla da vittima a protagonista, da persona che subisce passivamente il corso degli eventi a padrona indiscussa delle proprie scelte, nonostante tutto. The New York Times definisce questo romanzo «avvincente e intenso. L’autrice scava a fondo nel cuore dei suoi personaggi, mostrandone luci e ombre, sofferenza e rinascita». È anche per questo che ve ne suggeriamo la lettura.

Lo consigliamo perché: è una storia avvincente, piacevole e ben costruita, che mescola fantasia e verità per far emergere risvolti inquietanti di un periodo, e di un Paese, di cui conosciamo ancora troppo poco. Senza dubbio una lettura perfetta per risvegliare l’adrenalina durante i tiepidi pomeriggi invernali.  

3)  Il Carosello delle Curiosità di Amiee Gibbs (Fazi Editore)

Il primo collegamento che viene in mente prendendo in mano Il Carosello delle Curiosità è con Il circo della notte, forse perché anch’esso fu pubblicato da Fazi Editore, la copertina lo richiama – seppur in questo caso nei toni del rosso – e la tematica è esattamente la stessa: il circo, la magia, il mistero, la battaglia per la vita; oltre, ovviamente, a una storia d’amore complicata che fatica a trovare la sua strada a causa di numerosi ostacoli. Dunque, se avete apprezzato quel romanzo – furono in moltissimi ad adorarlo, tanto che divenne un successo internazionale ancora in commercio – correte ad acquistare il libro d’esordio di Amiee Gibbs, autrice già avvezza all’editoria e alla scrittura sia per il corso di laurea frequentato, che per gli anni di lavoro presso la Penguin Random House. Vi ritroverete tra le mani una storia diversa, ma con molti punti in comune, per cui è abbastanza probabile che amerete anche questa.


 

Se da una parte c’è la realtà sfavillante, sfuggente e allegra del Carosello delle Curiosità, un circo magico che ogni sette anni torna in Inghilterra, dall’altra c’è la sfortunata vita di Charlotte, non soltanto orfana, ma anche malata irrimediabilmente e più che mai infelice. Il circo si pone sulla sua strada come un inatteso regalo, ma ben presto si dimostra essere un incontro del destino: l’artista della compagnia Aurelius è infatti l’unico che possiede le sufficienti doti magiche per tentare di salvarla e restituirle se non proprio la vita di prima, per lo meno una nuova possibilità di esistere. Ma il destino si manifesta anche nell’incontro con l’affascinante Lucien, domatore di fiamme. Così, tra trucchi e inganni, doti sovrannaturali e il potere dell’amore, la storia procede, vedendo a poco a poco l’evoluzione di Charlotte, non priva di rinunce e scelte da compiere, come per ogni mago che si rispetti. Il Carosello delle Curiosità è un fantasy atipico e leggero, brillante e pieno di colpi di scena. Sarà facile affezionarsi all’acrobata albina, ai gemelli siamesi, alla ballerina minuta o al piccolo suonatore di violino coperto di peli: un parterre di personaggi stravaganti che fa molto pensare anche a The Greatest Showman, il musical con protagonista Hugh Jackman a cui la Gibbs deve essersi ispirata.

«Nel novembre 2012 scribacchiai cinque paginette in cui raccontavo di un uomo che lanciava in cielo sfere di fuoco da una nave sul Tamigi. Se mi avessero detto che sarebbero diventate un vero e proprio romanzo pubblicato nel 2023, non ci avrei creduto, eppure eccoci qui. Che viaggio incredibile è stato!» scrive l’autrice nei suoi ringraziamenti finali del libro, che ricalcano un po’ le parole dette più o meno da tutte le scrittrici del settore all’indomani del loro inaspettato successo. E se noi abbiamo provato a rintracciare delle opere che potrebbero aver influenzato questo romanzo scoppiettante e allegro, perfetto per i mesi invernali, la stessa Amiee ci viene in soccorso compilando una lista degli autori che hanno segnato la sua formazione professionale: William Shakespeare, Mary Shelley, Charles Dickens, Seamus Heaney, W.B. Yeats, Edgar Allan Poe, Neil Gaiman, Anne Rice e Angela Carter, a cui si aggiungono musicisti, attori e registi. Un folto gruppo che ha fatto proliferare la fantasia dell’autrice e ha dato vita a questa storia al confine tra sogno e realtà, sviluppata attraverso un serrato botta e risposta di dialoghi che solo di tanto in tanto lasciano spazio a una narrativa semplice e scorrevole. Dunque un romanzo leggero, frizzante, adatto ai giovani ma non per questo sconsigliato agli adulti, perché non si è mai troppo grandi per sognare.

Lo consigliamo perché: un fantasy invernale fa sempre bene all’anima, mantiene viva la creatività e per di più questa è una lettura che sa come emozionare.    

4)  Giovanna di Katherine J. Chen (Mondadori)

Esistono già molte biografie di Giovanna d’Arco, ma innanzitutto la storia è in continua evoluzione e va riscritta ogni volta che si scopre qualcosa di nuovo, in secondo luogo ogni autrice ha un modo diverso di raccontarla: più o meno romanzata, vittima o carnefice, eroina mitologica o donna in carne ed ossa, salvatrice o condannata. Tanto più una figura femminile viene tramandata di secolo in secolo e tanto più perde consistenza, finisce per allontanarsi dalla realtà per diventare qualcosa di diverso: una leggenda, un simbolo, un modello, un’icona. In quest’ultimo romanzo dal titolo Giovanna edito da Mondadori e scritto da Katherine J. Chen, pubblicato in Italia lo scorso anno, Giovanna d’Arco torna ad essere una persona prima ancora che un mito, capace di amare, di temere, di emozionarsi, di sbagliare, di affliggersi e certamente di combattere, fino alla morte.


 

La sua storia è talmente conosciuta che spendiamo solo poche parole per ricordare che visse nella Francia della prima metà del Quattrocento, per un tempo troppo breve – morì all’età di appena 19 anni – eppure sufficientemente lungo da essere ricordata per sempre ed entrare non soltanto tra le figure eroiche dell’umanità, ma anche nella schiera dei santi (fu beatificata nel 1909 e proclamata santa da papa Benedetto XV nel 1920). Ad incrementarne la leggenda fu di certo anche la morte violenta, arsa viva sul rogo davanti a centinaia di persone: il suo crimine fu quello di porsi al comando dell’esercito francese in un’epoca disperata, quando morire di fame era all’ordine del giorno e il re non faceva altro che nascondersi dentro i suoi palazzi; il popolo, già stremato dalla Guerra dei Cent’anni contro l’Inghilterra, era disposto a tutto per riconquistare la propria dignità e sopravvivere, anche a seguire un’adolescente ribelle, avventurosa, spericolata e tuttavia capace di agire con cognizione di causa, a fronte della dura vita condotta fino a quel momento. La infiammavano i sogni, l’ideologia, l’ambizione; elementi non sufficienti a proteggerla dalle insidie del potere, men che meno dalla reticenza degli uomini nell’essere guidati da una donna. Questa è quindi, tra le molte cose, anche una storia di patriarcato, una delle ombre contro cui la giovane Giovanna si batté.

A caratterizzare il romanzo della Chen rispetto ai numerosi altri in commercio, da una parte una narrativa piacevole, con uno stile spigliato e rapido, preciso, essenziale; dall’altra la grande coerenza storica, perché con il passare del tempo si sente sempre più l’esigenza di tornare ai fatti, ripulendoli del mito, della spiritualità, della simbologia costruiti nei secoli sopra ad essi. Ha detto la celebre autrice di romanzi storici Hilary Mantel a proposito di questa Giovanna da lei molto apprezzata: “È come se l’autrice si fosse insinuata in una statua dandole un’anima, ricreando Giovanna d’Arco come una donna del nostro tempo”. Il libro, dedicato alla stessa protagonista che racconta, inizia con un utile elenco dei personaggi, considerata la quantità di famiglie e parentele; inoltre, in questa storia i soldati hanno lo stesso peso dei sovrani, i villaggi delle città, i giovani garzoni degli aristocratici, ricreando un’ambientazione assolutamente realistica. Segue una mappa della Francia nel 1429 e poi si parte con la lettura, che nelle prime pagine sintetizza la situazione europea – con particolare riferimento al popolo francese – alla soglia degli anni Trenta del Quattrocento. Il contesto è infatti essenziale per capire come sia stato possibile non solo che una giovinetta fosse colta da un tale fervore bellico e di giustizia, quanto piuttosto che così tanti uomini la seguirono individuando in lei il loro capo, nonostante i numerosi cavalieri e combattenti che avrebbero potuto guidare l’esercito al suo posto.

Giovanna ci ricorda le parole della poetessa Gaspara Stampa, vissuta a Venezia pochi decenni dopo: Vivere ardendo e non sentire il male, in quel suo ardere di passione, di rivalsa, di speranza, in parte anche di utopia sin da bambina, ben consapevole dei rischi che correva – non fu mai ingenua, Giovanna, a fronte di un’infanzia intrisa di violenza –, eppure non disposta ad arrendersi. Fino a quando quel fuoco finì per bruciarla, consegnandola alla morte e all’eternità. «Io credo che Dio abbia creato l’urlo di una donna» dice «per trafiggerci il cuore e mettere alla prova la nostra umanità, per vedere se ce l’abbiamo ancora o se l’abbiamo persa. Ma ci sono uomini per i quali l’urlo di una donna non è altro che un pugno che gli rimbalza sull’armatura. Ho pensato: come può vendicarsi una donna, come può cercare giustizia?». La risposta ancora oggi non l’abbiamo trovata…

Lo consigliamo perché: è una bellissima biografia su personaggio straordinario che tutti dovrebbero conoscere, ben al di là della narrazione eroica, edulcorata e spirituale che ne è stata fatta. Questo romanzo offre l’opportunità di farlo, senza mai mettere da parte la piacevolezza della lettura.

5)  Lo scudo del principe di Cassandra Clare (Mondadori)

Chiudiamo la nostra selezione dei libri invernali da leggere con un fantasy straordinario appena uscito nelle librerie, a firma dell’amatissima Cassandra Clare, autrice della nota serie Shadowhunters. Lo scudo del principe è il primo volume di una nuova dilogia che vede come protagonisti due giovani caparbi e indomabili. Lui, Kel, è stato prelevato dalla Casa degli Orfani di Aigon con un solo scopo: diventare lo scudo umano del principe, l’erede al trono; la sua vita non dovrebbe quindi avere altre preoccupazioni se non quella di proteggere il suo sovrano anche a costo di dover morire. Lei, Lin Caster, è una delle pochissime guaritrici ancora in grado di praticare la magia e proprio per questo tenuta come una sorta di prigioniera. Nessuno dei due, però, è disposto a restare al suo posto senza porsi domande scomode e cercare la verità.


 

La Clare ci affascina con un’altra delle sue opere mirabolanti, ricche di personaggi, intrighi, intrecci dall’evoluzione inaspettata, senza mai dimenticare il ruolo fondamentale della magia, del destino e dell’eroismo per salvare il mondo, o almeno per conservare una parvenza di equilibro. Definita da George R.R. Martin “una storia che mi ha tenuto inchiodato alla pagina dall’inizio alla fine e che possiede tutto quello che cerco in fantasy”, Lo scudo del principe è stato appena pubblicato in Italia da Mondadori con una sfavillante cover rossa, dai motivi neri, oro e bianco che riproducono castelli, fiamme, villaggi, mura e corone. Aprendo il libro si noterà subito una mappa che riporta i luoghi principali di Castellane e Dannemore, terre immaginarie che prendono però spunto da città e Paesi realmente esistiti: vi si parla, ad esempio, la lingua dell’occitano, che in passato era abitualmente utilizzata nel sud della Francia; a Sarthe si chiacchiera invece in veneziano, e poi ci sono altri idiomi inventati, a indicare una precisione nella descrizione dei popoli, dei regni, dei personaggi e delle epoche propria di Cassandra Clare e nata dalla fusione della fantasia con la realtà.

Presentato a Londra e all’estero in eventi ufficiali con il titolo originale di Sword Catcher, il nuovo romanzo della Clare sta già scalando le classifiche internazionali, conquistando i lettori di tutto il mondo. Raccontandolo al suo pubblico e ai giornalisti, l’autrice pone l’accento sulla presenza delle atmosfere romance – date dalla storia d’amore che nascerà tra i protagonisti –, ma anche sull’ingiustizia della politica, sugli intrighi di palazzo e i tradimenti, che non riguardano solo le alte sfere o al contrario i bassifondi, ma si estendono a tutta la società, ben oltre quanto si possa inizialmente immaginare, offrendo così una verosimile ricostruzione di un regno inventato, ma non troppo lontano dalla società in cui viviamo. D’altra parte, i mondi immaginati dalla Clare non sono mai superficiali né totalmente distaccati dal piano della verità, tanto che lei stessa si sofferma a specificare quanto la fantasia sia solo uno degli elementi indispensabili per costruire dalle fondamenta un regno, accanto alle nozioni storiche, linguistiche, economiche, politiche, sociali e a tutto quanto caratterizza i dettagli, che nelle storie della Clare sono sempre minuziosi, mai inseriti senza cognizione di causa. Dunque una storia che vi appassionerà, perfetta per i grandi amanti del fantasy.  

Lo consigliamo perché: è l’ultimo lavoro di un’autrice già affermata grazie alla serie letteraria, al film e alle serie tv Shadowhunters, per cui sappiamo che un’ampia fetta di pubblico attende con impazienza ogni sua nuova storia. Per chi non la conoscesse ancora, è l’occasione giusta per farlo.