Chip sottopelle per pagare e non solo, il primo cyborg esiste ed è italiano
L'informatico Mattia Coffetti è il primo italiano ad aver sperimentato questa tecnologia che sembra provenire direttamente dal futuro
Si fa impiantare chip sottopelle per pagare e non solo. La storia di Mattia Coffetti, il primo cyborg italiano
Farsi installare dei chip sottopelle per interagire con i sistemi tecnologici è già realtà. Un 35enne di Rodengo Saiano, nel Bresciano, chiamato Mattia Coffetti è il primo italiano ad aver sperimentato questa pratica che sembra provenire direttamente dal “futuro”.
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In totale, Coffetti si è fatto impiantare ben cinque microchip. E ognuno di questi corrisponde a una funzione ben precisa come pagare, per esempio. “Lo attivo tramite un'applicazione dello smartphone. È semplice da utilizzare", ha raccontato Coffetti al Corriere di Brescia.
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E spiega: “Il primo chip, installato nel 2019, è il più utile. Si tratta di un Nfc-rfid che serve per aprire le porte, oppure una serranda. Ma anche per registrare i propri dati medici, la carta di identità, il badge del lavoro e condividere, ad esempio, il proprio LinkedIn", ha dichiarato il 35enne.
Per quanto riguarda gli altri innesti, Coffetti ha spiegato che "il secondo è un dispositivo che può essere utilizzato, ad esempio, per l'autentificazione dei dati bancari. Il terzo è un magnete che attrae i metalli e permette, per esempio, di catturare le viti in modo da non perderle mentre si fa qualche lavoro; il quarto è un led e se lo avvicini a una sorgente elettrica si illumina".
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Ma quanto costa questa pratica futuristica e dove si reperiscono questi chip? "Li compro su Internet e poi ci sono dei centri autorizzati che collaborano con le aziende che li vendono e te li impiantano. Tipo un piercing - ha aggiunto il giovane -. Il costo va dagli 80 ai 100 euro. Invece, quello per scambiare dati e aprire porte intorno ai 150 euro e l'ultimo che ho installato, ovvero per effettuare i pagamenti, 200 euro".
"Mi auguro che queste integrazioni uomo-tecnologia possano essere ancora più al servizio della collettività e della salute. Mi piacerebbe che riuscendo a mappare il nostro cervello riuscissimo ad andare a risolvere malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, con strumenti e modalità d'azione ad ampio raggio", ha concluso Coffetti.