Covid a Bergamo: cronostoria di un'indagine durata tre anni

Pandemia nella Bergamasca, diciassette indagati tra cui Conte, Speranza, Fontana, Gallera. Oltre tre anni di indagini sul mancato lockdown

di Redazione
Ospedale di Alzano
Milano

Covid a Bergamo: cronostoria di un'indagine durata tre anni

Un'indagine tanto lunga quanto breve fu quel mese che trascino' via piu' di tremila uomini e donne fino a che i morti non ci stavano piu' nemmeno nei camposanti e tocco' ai soldati caricarseli sui camion nel deserto umano per le strade di Bergamo. E ora arrivano le prime conclusioni della Procura notificate a 17 persone per le ipotesi di reato, a vario titolo, di epidemia colposa, omicidio colposo e rifiuto di atti d'ufficio. "Non e' un atto d'accusa" precisano i magistrati in una nota.

Indagati a tutti i livelli: politico, scientifico-istituzionale e locale

Come ricostruisce Agi, gli indagati sono a tutti i livelli: politico, scientifico-istituzionale e locale. Tra loro l'ex premier Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza le cui posizioni sono separate dalle altre e saranno valutate dal Tribunale dei Ministri di Brescia perche' avrebbero commesso i reati durante le attivita' ministeriali. In questi casi, la Procura non puo' fare atti di indagine ma deve rimettersi all'organo competente. "Sono tranquillo di fronte al Paese" dice il leader dei 5 Stelle. Finiscono invece nel 415 bis il presidente appena rieletto della Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare, Giulio Gallera e alcuni dirigenti del ministero della Salute: il presidente dell'Istituto superiore della sanita' Silvio Brusaferro; il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo; l'allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanita' Franco Locatelli.

Il procuratore capo: "L'obiettivo è che la gente sappia quello che è successo"

L'inchiesta e' durata oltre tre anni col procuratore capo Antonio Chiappani, bergamasco, la moglie colpita duro dal virus proprio nei giorni piu' tremendi, che ha scelto sin da subito un lume per navigare dentro a un groviglio immenso di documenti, norme, testimonianze, azioni e omissioni. "Ci sono molte difficolta' tecniche ma il mio obbiettivo e' che la gente sappia quello che e' successo" ha sempre detto quando con la collega Maria Cristina Rota studiavano cosa potesse essere reato, cosa comportamento censurabile ma non compreso nel codice penale e cosa fosse semplicemente l'impossibilita' oggettiva di affrontare quel drago che si inghiotti' una provincia intera, e Nembro e Alzano in particolare, i paesi dove nemmeno piu' le campane a morto avevano la forza di suonare. I magistrati si sono mossi su tre piani: locale, nazionale e mondiale, fino ad arrivare all'Organizzazione Mondiale della Sanita'.

Dal paziente 1 di Codogno al caos all'ospedale di Alzano Lombardo

Il 23 febbraio, due giorni dopo il 'paziente 1' di Codogno, vengono accertati i primi due casi al 'Pesenti Fenaroli' di Alzano Lombardo. L'ospedale viene subito chiuso per poi riaprire poche ore dopo senza ragione, e' l'ipotesi da cui muove l'accusa, e senza essere sanificato. Un episodio chiave che si inserisce in un altro tema sviscerato dalla Procura e da una gigantesca consulenza firmata dal microbiologo Andrea Crisanti, quello della presunta mancata 'zona rossa' in un territorio che aveva un numero di contagi altrettanto esorbitante rispetto a quello del lodigiano, che venne invece subito sigillato. E per rispondere alla domanda su chi dovesse chiudere i dintorni di Bergamo, se il Governo o la Regione, i magistrati hanno sentito come testimoni, poi diventati indagati, Conte e Speranza e Attilio Fontana e Gallera.

La scena si e' poi allargata alle stanze del ministero, anche in epoca precedente a quella dell'esecutivo in carico in quei mesi e addirittura all'Oms sul tema della preparazione del nostro Paese rispetto alla catastrofe. Sono arrivate le accuse dell'ex funzionario dell'OMS Francesco Zambon contro il numero due dell'Organizzazione, Ranieri Guerra, di avere postdatato il piano pandemico (dal 2006 al 2017) per affrontare la crisi sanitaria facendolo sembrare aggiornato quando non lo sarebbe stato. Ma quel piano, e qui i pm hanno messo il naso negli uffici ministeriali, chi doveva aggiornarlo? Domande a cui, finalmente, ora la Procura dii Bergamo da' una prima e parziale risposta

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