La sovversione surrealista, tra inconscio e una nuova relazione con il mondo

Al Mudec di Milano mostra con le opere del Boijmans Van Beuningen. Dalì, Magritte, Man Ray esploratori dell'irrazionale e pionieri del contemporaneità

di Federico Ughi
Surrealismo: la mostra al Mudec di Milano
Milano

La sovversione surrealista, tra inconscio e una nuova relazione con il mondo

In un suo recente editoriale per il Corriere della Sera in cui rifletteva sui più recenti sviluppi dell'Intelligenza Artificiale ed in particolare sui limiti che ancora caratterizzano ChatGpt, Alessandro D'Avenia ha sottolineato come “il nuovo è generato solo dall’atto creativo che non si limita a comporre dati ma a farne di nuovi grazie ad una relazione inedita con il mondo”. Poco più di un secolo fa - era il 1920 - André Breton e l'amico Philippe Soupalt pubblicarono "Les champs magnétiques", libro frutto della loro sperimentazione con la scrittura automatica. Per scriverlo, ogni giorno per una settimana annotarono tutto ciò che passava loro per la testa, di getto, assemblando poi i capitoli con sezioni tagliate e incollate, opera di entrambi. "Vivevamo in uno stato di euforia, quasi nell'ebbrezza della scoperta. Ci sentivamo come minatori che avessero appena trovato un filone d'oro", commentò il poeta teorico del Surrealismo.

Il surrealismo la centralità del linguaggio nel dare senso al mondo

C'è un filo conduttore che può legare l'Intelligenza Artificiale - e l'entusiasmo che al momento pare circondarla - con le pratiche e le ricerche degli artisti surrealisti. Ed è la consapevolezza della centralità del linguaggio nel determinare il senso del mondo. E' attraverso la capacità di un bot di simulare le sfumature e complessità di una conversazione umana che valutiamo la sua intelligenza. Similmente, i surrealisti hanno utilizzato elementi provenienti da mondi ignoti e sconosciuti - il sogno, il desiderio, l'inconscio -, li hanno mimetizzati  tra elementi di uso comune - il figurativismo tradizionale con cui si espressero in pittura e scultura -  ed hanno creato una nuova sintassi in grado di ristrutturare la nostra percezione e generare un nuovo senso della realtà.

Salvador Dalì, "Venere di Milo con cassetti", 1936 (1964)
 

In entrambi i casi - l'arte surrealista e le chat con l'intelligenza artificiale - lo scopo ultimo pare quello di giungere ad una più profonda e vera comprensione. Lo diceva già nel 1954 Marshall McLuhan in "Understanding Media":  “I media sono tutti quegli artefatti prodotti dall’uomo che estendono uno dei sensi. I media sono estensioni delle abilità dell’uomo.  I media alterano le forme di percezione del mondo. La tecnologia è parte dei nostri corpi”.

La mostra "Dalì, Magritte, Man Ray e il Surrealismo" al Mudec di Milano

La mostra "Dalì, Magritte, Man Ray e il Surrealismo", ospitata al Mudec di Milano sino al 30 luglio, con importanti opere provenienti dal Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, offre l'occasione di ammirare alcune delle più suggestive proposte dei maggiori esponenti del movimento. Osservando dipinti celeberrimi come "Riproduzione vietata" o "La casa di vetro" di Renè Magritte o "Impressioni d'Africa" di Salvador Dalì si è posti con evidenza innanzi a quella che fu la chiave di volta della sovversione surrealista. E che conosce un passaggio centrale nel ribaltamento della pratica psicanalitica. Laddove Freud e i suoi seguaci intendono usare la conoscenza dell'inconscio per risolvere i problemi della mente cosciente, i surrealisti sostengono invece che sogni ed allucinazioni devono essere riconosciuti come forme di realtà, caratterizzata da un diverso e nuovo tipo di bellezza. Bellezza che emana anche dall'apparente familiarità delle loro composizioni. 

Renè Magritte, "RIproduzione vietata", 1937
 

Ad attivare il cortocircuito surrealista, è infatti spesso un dettaglio, un particolare, un elemento fuori posto che spalanca le porte dell'inconscio. Del surreale. Un costante enigma: la mente è per abitudine e formazione razionalista portata a cercare un senso, quando la sfida surrealista è elevare ad arte - e a principio dell'esistenza - l'irrazionale.

Un gioco squisitamente intellettuale e non formalista, per una ben consapevole agenda culturale e persino politica. Anche da qui la piena adesione - perlomeno in Magritte e Dalì - ad un figurativismo che nel contesto delle avanguardie del Novecento non si può certo considerare  evoluto, nonostante tra i modelli dichiarati dai surrealisti figuri Pablo Picasso. Più evidenti, piuttosto, le continuità con la Metafisica dechirichiana o con - più addietro nel tempo -  le torbide fantasie di un Bosch o di un Goya. Ad intrecciare automatismo psichico con più marcati interessi formali sarà successivamente invece Jackson Pollock con il suo Action painting. Siamo naturalmente nella piena astrazione.

Salvador Dalì, "Impressioni d'Africa", 1938
 

I surrealisti ed il corpo femminile come feticcio

I surrealisti hanno invece bisogno di rappresentare i corpi. Perchè spesso è proprio dai corpi che nascono le loro pulsioni ed ossessioni. E si fa menzione qui di un tema che la mostra milanese non nasconde e che costituisce uno degli aspetti oggi forse più problematici rispetto alla proposta surrealista: lo sguardo fortemente maschile sulla donna, spesso interpretata e rappresentata come oggetto di un desiderio che costituisce porta d'accesso verso l'irrazionale. Particolarmente significative di tale ambiguo rapporto sono le bambole di Hans Bellmer. Corpi femminili disarticolati e riassemblati a piacere, inseguendo le proprie fantasie. Se sono da un lato rappresentazioni che possono urtare, non se ne può d'altro canto ignorare la precocità e l'influenza. Vengono alla mente, ad esempio, molte opere di Sarah Lucas o dei fratelli Jake e Dinos Chapman, tra gli esponenti degli Young British Artists attivi oltre mezzo secolo più tardi rispetto a Bellmer.  E si tratta per inciso in fondo anche in questo caso di tentativi di sviluppare e assemblare nuove creature che superino il concetto tradizionale di umano. Proprio come l'Intelligenza Artificiale.

Hans Bellmer, "La bambola", 1933
 

Anche il rapporto con altre culture del mondo - ulteriore capitolo esplorato dalla mostra milanese - risente oggi dell'appartenenza dei surrealisti al loro periodo storico. il loro genuino fervore etnografico, che li portò a collezionare ed ammirare manufatti dall'Oceania, dal Messico, dall'Africa, non è esente da forzature e dalla tendenza ad interpretare tali espressioni culturali non per quello per cui erano originariamente state concepite, bensì alla luce delle proprie convinzioni e del proprio impianto teorico.

I surrealisti e il loro tempo: un ruolo da precursori

Imposizioni e tic prospettici  - quelli in campo etnografico e relativi alle tematiche di genere - che non devono tuttavia far perdere di vista il ruolo da precursori svolto dai surrealisti rispetto ai grandi cambiamenti del Novecento. Essi furono infatti da un lato ad esempio inequivocabilmente impegnati politicamente a favore delle popolazioni native oppresse dal colonialismo. E  le donne protagoniste delle loro opere non furono quasi mai semplice muse, ma autentiche complici - quando non co-autrici. A conti fatti, la liberazione dei costumi e del pensiero di cui furono promotori i surrealisti, pur compiuta con gli strumenti di artisti operanti negli anni Venti e Trenta del Ventesimo secolo, seppe indicare una rotta ben evidente per le rivoluzioni che interessarono la società occidentale negli anni Sessanta. Una relazione inedita con il mondo. Non solo in chiave privata ma collettiva e universale.

Renè Magritte, "La giovinezza illustrata", 1937
 

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