Damilano “usa” Cassese contro Meloni. Ma lui smentisce in diretta. Il caso

Vuole fargli dire che gli assunti ai concorsi nella P.A. sono senza concorso

Di Giuseppe Vatinno
Sabino Cassese
Politica

Damilano aveva forse prematuramente abbandonato l’Espresso di cui era direttore dopo il cambio di proprietà ma aveva trovato rapido usbergo in Rai

 

Va riconosciuto a Marco Damilano, già direttore de l’Espresso, di aver fatto pienamente suo l’insegnamento di Antonio Gramsci a proposito del ruolo dell’egemonia culturale che doveva avere la sinistra nella società.

Nella sua trasmissione serale “Il Cavallo e la Torre” che va in onda su Rai 3 ogni sera per 10 minuti alle 20.40 – la stessa fascia che fu a suo tempo di Enzo Biagi -, sceglie accuratamente temi e personaggi atti a produrre l’effetto da lui voluto e cioè quello di essere una costante spina nel fianco del governo di centro – destra e in particolare del Primo Ministro Giorgia Meloni.

Damilano aveva forse prematuramente abbandonato l’Espresso di cui era direttore dopo il cambio di proprietà ma aveva trovato rapido usbergo in Rai, tanto da far gridare alcuni al solito “soccorso rosso”. Ed in effetti anche i guadagni sono stratosferici: 50.000 euro mensili, 2.000 euro a puntata per soli 10 minuti di palinsesto.

Si tratta di soldi pubblici che Damilano percepisce per –come dicono a destra- “fare propaganda al Partito democratico”.

Ieri sera l’intervistato era Sabino Cassese, giurista e giudice emerito della Corte costituzionale, già ministro della Funzione pubblica nel governo Ciampi.

Indubbia la sua cultura giuridica, da qualche tempo il professore attratto dalle luci della ribalta, ha cominciato ad esulare dal suo campo strettamente tecnico per allargarsi alla politica.

Ad esempio aveva criticato giustamente l’essenza e l’utilizzo eccessivo dei Dpcm da parte di Giuseppe Conte per chiudere gli italiani in casa, come tutti ricorderanno.

La critica era motivata proprio in punta di diritto e non aveva connotati ideologici apparenti.

Invece ieri sera Cassese non ha parlato da tecnico ma si è un po’ prestato al gioco interessato dello scaltro conduttore che voleva portare come al solito acqua al suo mulino.

Cassese non è certo uno scalmanato fan ideologico ma Damilano è riuscito nell’intento di fargli criticare “a sua insaputa” la politica di centro - destra dell’attuale governo e in ispecie proprio di Giorgia Meloni.

Naturalmente Cassese è un libero cittadino di una repubblica democratica e può dire e fare quello che vuole se non fosse che le sue parole hanno il peso del prestigio e dell’autorità acquisita in tanti anni di lavoro.

In passato ebbe a dire di lei, all’inizio della legislatura: “Non faccio il professore e quindi né promuovo né boccio”, tenendosi in una linea di cauta distanza.

E solo qualche giorno fa a L’aria che tira (La 7) così intervenne:

Il presidente del Consiglio ha osservato che abbiamo governi altamente instabili. E come darle torto? Ne abbiamo avuti 78 in 75 anni!”, facendo riferimento alla riforma semipresidenzialista che la leader di FdI sta portando avanti come contraltare alle leggi autonomiste volute dalla Lega. Ieri sera ha invece criticato la grande “abboffata” dei concorsi per la Pubblica Amministrazione dopo anni di digiuno mentre Damilano diceva che 41.000 funzionari e 500 dirigenti erano troppi e magari senza concorso, cosa tra l’altro subito smentita da Cassese.

Tuttavia Damilano cercava di strumentalizzare le caute parole del costituzionalista con abili frasi appena accennate, ammiccamenti amicali, risatine complici e altre tecniche retoriche di cui forse il giudice emerito non si è accorto, al fine di dare l’idea al telespettatore che Cassese fosse d’accordo con lui.

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