De Mita, l’intellettuale della Magna Grecia che non piaceva a Craxi-Montanelli
De Mita, pessimi i rapporti di don Ciriaco anche con Silvio Berlusconi
L’addio di Ciriaco De MIta, a 94 anni?
Un politico meridionale, anzi un “intellettuale della Magna Grecia”, come lo definì l’avv.Agnelli, non un grande meridionalista, come il suo concittadino Guido Dorso e Gaetano Salvemini
Al Sud e alla politica lascia tanti, astrusi “ragionamendi”, ma non importanti “documenti di pietra”, come lo storico francese, Fernand Braudel, definiva le realizzazioni e le opere. E non dimenticheremo le sue clientele e le tante polemiche sugli appaltoni, esplose per la ricostruzione dei paesi dell’Irpinia, dopo il terremoto del 1980.
Nel teatrino politico, su un piano più elevato di Mastella, portavoce di Ciriaco quando era segretario della DC, il leader irpino duellò con Bettino Craxi sulla “staffetta” a Palazzo Chigi e venne bocciato da Indro Montanelli, che non amava (eufemismo) l’ex premier e scrisse : “la sua mancanza si farà sentire, nella stessa misura in cui si sta facendo sentire la sua presenza, che pesa come quella di una libellula”….
Pessimi i rapporti di don Ciriaco anche con Silvio Berlusconi.
Il 27 luglio 1990, con il sesto governo Andreotti, in carica da un anno, il Parlamento doveva deliberare sulla legge del ministro del Pri, Oscar Mammì, che, di fatto, permetteva la trasmissione (anche in diretta) alle emittenti private e, quindi, regolarizzava la posizione delle reti di Silvio Berlusconi. La sinistra Dc era contraria, ma il Psi di Craxi, amico e finanziato da Silvio, si impuntò e minacciò di far cadere il governo. Quel giorno, si decise di porre la fiducia sulla legge Mammì.
I 5 ministri della sinistra Dc che facevano parte del governo – Mino Martinazzoli, Riccardo Misasi, Sergio Mattarella, Calogero Mannino e Carlo Fracanzani – presentarono le dimissioni, irrevocabili, in disaccordo con la decisione del governo. Poteva esserci una crisi, si sarebbe potuti arrivare a una caduta del governo, ma a capo dell’esecutivo c’era Giulio Andreotti, quello del “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Il premier, dunque, accettò le dimissioni, incassò il voto di fiducia del Parlamento due giorni dopo e, senza bisogno di aprire la crisi, sostituì i ministri dimissionari, restando al governo per un altro anno (e poi per un altro ancora con il settimo e ultimo governo di Giulio).
L'ex Presidente del Consiglio campano (dal 13 aprile 1988 al 23 luglio 1989), intervistato dal Tg2 sulle previsioni di voto per la presidenza della Repubblica dopo-Mattarella, commentò, in maniera secca, la candidatura di Silvio Berlusconi. Alla domanda della giornalista, il sindaco di Nusco replicò: “Berlusconi, chi ? E chi lo vota ?…”.
Al di là di alcune vicende giudiziarie, dalle quali è uscito pulito, De Mita era uno che sapeva comandare. E comandava: Clemente Mastella, Francesco Pionati, Gigi Marzullo sono entrati in Rai su sua segnalazione, così come Pippo Baudo (che con lui giocava a scopa nella villa di Nusco) venne reintegrato in Rai dopo la fuga a Canale 5 nel 1987.
Anche Beppe Grillo dovrebbe ringraziarlo, perché proprio De Mita, nel 2013, ha raccontato: «Io l'ho difeso. Siccome Biagio Agnes, demitiano, era direttore alla Rai, gli dissi che doveva garantire la libertà d'informazione».
Ve lo ricordate ? Era il 1986 e il comico genovese aveva pronunciato quella famosa battuta a Fantastico: «Ma se in Cina sono tutti socialisti… a chi rubano?». Beppe gli telefonò per ringraziarlo dell'intervento e accettò di andare alla Festa dell'Amicizia della Dc a tenere uno spettacolo.
Altri tempi, altra politica….
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