Fondi russi alla Lega altro che scoop: "Così l'Espresso ha costruito la trama"

L’autore dei pezzi sui presunti rubli al Carroccio e l’uomo che partecipò alla trattativa con i moscoviti e la registrò erano amici da tempo

di redazione politica
Matteo Salvini e Gianluca Savoini
Politica

Fondi russi alla Lega, La Verità denuncia il "finto scoop" de L'Espresso sul "Rubli-gate"

Altro che “scoop”. Si è trattato di una vera e propria bufala: parliamo del “caso Metropol”, la presunta trattativa tra sei persone, tre italiani e tre russi, che in un hotel di Mosca avrebbero trattato un gigantesco affare petrolifero per finanziare illegalmente la Lega di Matteo Salvini.

È La Verità ad andare all’attacco de L’Espresso, dopo che già lo scorso aprile è stata archiviata l’inchiesta della procura di Milano sui fondi russi alla Lega. Oggi, racconta Giacomo Amadori, un’informativa della Guardia di Finanza getta nuova luce sulla vicenda; un’informativa che risale a luglio 2020 ,quando le fiamme gialle scrivono: “Dagli accertamenti svolti … sono emerse tracce di contatti telefonici e di incontri intercorsi nel periodo d’interesse investigativo (2018/2019) tra uno degli indagati, Gianluca Meranda, e uno dei giornalisti firmatari dello scoop da cui ha tratto origine l’indagine, Giovanni Tizian (oggi a Domani, ndr)”.

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Gianluca Meranda è avvocato d’affari, già massone, poi espulso dalla Serenissima Gran Loggia d’Italia, che durante la trattativa diceva di rappresentare gli interessi di una banca anglo-tedesca. Era già stato indicato nel luglio 2020 come la “gola profonda” dietro la registrazione del colloquio al Metropol. Di fatto è stato lui a innestare il meccanismo che ha portato all’inchiesta della procura. Ma La Verità dice che sul suo iPhone X gli investigatori hanno rinvenuto alcune fotografie risultate sostanzialmente sovrapponibili a quelle pubblicate su L’Espresso a margine degli articoli a firma dello stesso Tizian”. Lui e Stefano Vergine hanno lavorato per mesi all’inchiesta. Ma non hanno mai detto chi gli abbia consigliato di recarsi in albergo e chi gli ha consegnato l’audio della riunione. Che ha portato all’inchiesta sullo stesso Meranda, sul bancario Francesco Vannucci e su Gianluca Savoini, all’epoca portavoce di Matteo Salvini.

E, prosegue La Verità, è proprio nell’istanza di archiviazione che si risolve il “giallo” Meranda. Tizian e l’avvocato d’affari avevano una frequentazione precedente al Metropol. Nell’agenda del cellulare di Meranda “risultano registrati 14 promemoria di appuntamenti con Tizian nel periodo dal 25 luglio 2018 al 24 giugno 2019”. Il 30 gennaio 2019, probabilmente in vista dell’uscita del libro, compare anche il nome dell’altro giornalista, Vergine. Una notizia che per i militari avvalora la tesi che Tizian e Meranda "fossero in contatto diretto nel pieno dello sviluppo degli accadimenti oggetto d’indagine (e anche dopo)". Il primo incontro, quello del 25 luglio 2018, “è immediatamente prossimo a importanti sviluppi degli embrionali accordi e delle trattative commerciali oggetto d’inchiesta giornalistica e, quindi, d’indagine, contestualizzabili tra il 10 e il 24 luglio 2018”.

All’epoca Meranda riceve, via mail, una bozza di offerta commerciale dalla russa Avangard gas and oil company. Il documento sarà successivamente pubblicato sull’Espresso del 24 febbraio 2019. Un altro appuntamento risale all’ottobre 2018. I finanzieri evidenziano: "La data della riunione è immediatamente prossima alla partenza di Meranda e Tizian per Mosca, con lo stesso volo Alitalia" decollato da Roma Fiumicino il 17 ottobre 2018. Un viaggio "propedeutico" all’incontro del Metropol, "oggetto d’inchiesta giornalistica e, quindi, d’indagine". Ed è proprio Meranda a pronunciare nella riunione alcune parole significative: "Non è una questione professionale, ma politica". Oppure: "L’affare non serve per arricchirsi, ma per sostenere una campagna politica, che è di beneficio, di reciproco vantaggio, per entrambi i Paesi coinvolti (Italia e Russia)".

Lega, caso Metropol: i messaggi e le foto su Whatsapp smascherano il finto scoop de L'Espresso

Anche alcune foto su Whatsapp che ritraggono i luoghi della trattativa sono state scattate proprio da Meranda. E poi pubblicate su L’Espresso. Le Fiamme gialle hanno trovato anche tre chiamate Whatsapp nel luglio 2019. "Le ultime due, dell’11 luglio 2019, ricadono in un momento essenziale per lo sviluppo delle indagini" puntualizzano i finanzieri. E infatti il giorno prima, il 10 luglio, il sito americano di news online Buzzfeed aveva pubblicato stralci dell’audio del Metropol. Durante un interrogatorio con gli investigatori uno dei giornalisti dice che la fonte aveva detto loro di non pubblicare l’audio.

Ricapitoliamo – conclude ancora La Veritàun avvocato in missione e un giornalista diventano “cari amici”. Il primo, molto trasversale nelle conoscenze, aveva contribuito alla nascita (nel gennaio 2018) di un comitato per Salvini premier dentro il suo studio, premurandosi di non apparire nell’organigramma. Poi, con un bancario politicamente vicino alla Margherita, aveva deciso di diventare un procacciatore di finanziamenti illeciti per la lega. E mentre trafficava in questo modo raccoglieva materiale che sarebbe stato divulgati nei mesi successivi sul giornale dell’“amico” giornalista, una testata nemica del Carroccio. A quanto pare Meranda si era raccomandato di non rendere pubblico l’audio del Metropol.

Quando esplode il caso, Salvini non sono non perde consensi, ma stravince le Europee. E allora cosa fano i giornalisti? Portano la registrazione del loro “agente provocatore” in Procura, e dopo che è stato depositato in tribunale il file finisce su un canale di news statunitense, firmata da un italiano. Forse è l’unico modo per far circolare la notizia a livello internazionale, mantenendo almeno apparentemente la parola data a Meranda.

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