Meloni, politica estera: piena sintonia con Netanyahu, Erdogan... Esclusivo
Leale con Biden, ma ottima intesa con la probabile vice di Trump
Unione europea, punto principale: dare rispetto e pretendere rispetto
Bilaterale, tra gli altri, con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Giorgia Meloni, unica donna premier o capo di governo, è protagonista al G20 di Bali, in Indonesia. E sta riportando l'Italia al centro della scena internazionale. La presidente del Consiglio in politica estera si muove nel solco delle tradizionali direttric: Europa, Nato e Mediterraneo. Affaritaliani.it spiega dettagliatamente quali sono i punti chiave della politica estera del governo guidato dalla leader di Fratelli d'Italia.
Al primo punto il recupero della centralità nel Mar Mediterraneo, totalmente abbandonato dai governi a trazione Pd. Si tratta di un punto fondamentale su temi chiave come immigrazione ed energia. In quest'ottica sono molto importanti le relazioni con l'Egitto riaperte all’insegna del pragmatismo, senza dimenticare di richiamare Al Sisi alla necessità di ottenere la verità sulla morte di Giulio Regeni.
Restando nel Mediterraneo, massimo sostegno al processo elettorale in Libia, necessario per la stabilizzazione del Paese nord-africano. Prevista un'intensificazione dei rapporti bilaterali per arrivare a una piena collaborazione libica su migranti ed energia. L'obiettivo di Meloni, a medio-lungo termine, è quello di ridimensionare la presenza turca e russa in Libia.
Tra i punti principali in politica estera c'è anche la piena sintonia con il governo israeliano di Benjamin Netanyahu (il primo ministro israeliano ha avuto molte telefonate di congratulazioni dopo la vittoria elettorale, ma ha twittato soltanto quella con Meloni), all’insegna degli accordi di Abramo e di una cooperazione forte sull’energia, a maggior ragione a seguito dell'accordo Israele-Libano sulle acque territoriali che consentirà un ulteriore sfruttamento dei giacimenti che possono diventare centrali per l’idea di Meloni di fare del sud Italia un “hub energetico europeo”.
Il rapporto con la Turchia sarà "guardingo", in quanto vi sono interessi geopolitici confliggenti nel Mediterraneo. La volontà è quella di mantenere buoni rapporti soprattutto sulla partnership commerciale, senza passi avanti politici su un eventuale avvicinamento all'Unione europea, sulla quale Meloni è storicamente (e rimane) contraria. Progressiva apertura di canali di dialogo con Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrein dei quali si riconosce la centralità come contrappeso all’Iran degli ayatollah.
C'è poi il tema centrale dell'Unione europea. Punto principale: dare rispetto e pretendere rispetto. Meloni non mette in discussione la cornice Ue, ma si afferma in modo più forte la difesa dell’interesse nazionale. La postura diplomatica di Meloni è all'insegna della serietà. La premier è, come si dice, "sul pezzo" su tutti i dossier con posizioni sempre approfondite nel merito. Dialogo con gli altri partner a geometrie variabili e a tutto campo, come accaduto con la lettera congiunta dei paesi mediterranei sull'immigrazione. Centralità anche nel rapporto tra Francia e Germania, giocando sulla divaricazione strategica tra Parigi e Berlino.
Fermezza, dunque, ma senza spacconerie, accompagnata da intenso lavoro diplomatico da parte dei ministri Antonio Tajani e Raffaele Fitto per non isolarsi. Massima volontà di incidere nelle partite strategiche, prima fra tutte la riforma del Patto di Stabilità.
Nella strategia di Meloni c'è anche l'asse con altri premier del gruppo dei Conservatori e Riformisti ECR (Polonia e Repubblica Ceca): insieme oggi rappresentano il 24% dei cittadini dell'Ue, al secondo posto dietro ai socialisti, appena sopra a Renew e molto al di sopra del Ppe. Resta fermo il dialogo con tutti a prescindere dalle appartenenze politiche, sempre per difendere l'interesse nazionale. Nessuna intenzione di appiattirsi su Polonia e Ungheria, anzi lavorare per cercare di aiutare questi paesi a uscire dall’angolo .
Altro punto chiave è la cosiddetta "prospettiva 2024": spostare l'asse da sinistra verso destra, facendo crescere ECR e intensificando il dialogo con il PPE, molto diviso al suo interno e insofferente per l'abbraccio mortale con i socialisti che fa perdere voti, ma ancora indeciso se sdoganare gli accordi con le destre come in Svezia e in Italia. L'obiettivo è quello di giocare un ruolo fondamentale nella scelta dei "top jobs" nel 2024, facendo leva da un lato su un ritrovato peso e centralità dell'Italia in questa fase di mancanza di leadership forti e, dall’altro, su un cambiamento dei rapporti di forza tra le famiglie politiche.
Meloni intende mantenere salda la posizione sull’Ucraina che finora è stata la chiave di volta per impostare il lavoro senza andare incontro ad una alzata di scudi di Bruxelles e di tutti i governi. Per quanto riguarda la relazione con gli Usa, il rapporto sarà sempre leale a prescindere dagli esiti elettorali, rispetto per Biden e per la sua Amministrazione. Sintonia su Ucraina con la necessità di limitare la Russia, rispetto degli impegni di finanziamento al bilancio Nato, condivisone strategica della sfida sistemica con Pechino, con il probabile abbandono della Via della Seta firmata all'epoca del governo Conte 1. Sostegno esplicito a Taiwan e intensificazione delle partnership economiche con l'America.
Restando negli Usa, attesa per l'evoluzione del dibattito nel partito repubblicano. Nessun contatto con Trump anche se all’ultimo CPAC c'è stato un incontro cordiale con Kristi Noem (governatrice appena riconfermata del South Dakota e papabile peril ticket con Trump se fosse lui il candidato repubblicano nel 2024). Buoni rapporti con Mike Pompeo, sintonia culturale e generazionale con Ron Desantis. Insomma, la leader di Fratelli d'Italia lavora a 360 gradi sull’intera galassia repubblicana.