Pensioni-flat tax, ecco che cosa c'è dietro lo scontro Bonomi-Salvini
Il numero uno di Confindustria vuole fare il ministro e il leader del Carroccio lo ostacola? L'analisi
MATTEO SALVINI SEGRETARIO LEGA CARLO BONOMI PRESIDENTE CONFINDUSTRIA
L'attacco mirato di Confindustria a flat tax e prepensionamenti ha uno scopo ben preciso: gli scenari possibili in vista del nuovo governo Meloni
“Non possiamo permetterci immaginifiche flat tax e prepensionamenti. Non vogliamo negare ai partiti di perseguire le promesse elettorali ma oggi energia e finanza pubblica sono due fronti emergenza che non possono ammettere follie per evitare l’incontrollata crescita di debito e deficit”.
Così il dirompente esordio del Presidente di Confindustria Carlo Bonomi che non ha usato mezzi termini dal palco degli industriali di Varese qualche giorno fa.
Un attacco duro e mirato di quelli che fanno male, soprattutto dopo delle elezioni che il centrodestra ha sì vinto ma che la Lega ha perso passando da quel 34% alle Europee 2019 che fece preoccupare Luigi Di Maio e che fu l’inizio della fine del governo gialloverde. Anche rispetto alle scorse politiche del 2018 la Lega è passata dal 14,4% all’8,8%.
Però, obiettivamente, non si può pensare che il capo di Confindustria si preoccupi dell’equità costituzionale della flat tax che, tra l’altro, è una misura che fa la felicità dei piccoli e medi imprenditori, cioè proprio lo zoccolo duro della Lega.
Una spiegazione “tecnica”, può venire dal seguito del discorso: “Il prossimo governo deve avere ben chiaro che si deve salvare il sistema industriale italiano dalla crisi energetica, è un tema di sicurezza nazionale. Migliaia di aziende sono a rischio, centinaia di migliaia di posti di lavoro e di reddito per le famiglie. Tutte le risorse disponibili, escluse quelle per i veri poveri, vanno concentrate lì, perché senza industria non c’è l’Italia”.
Al che Salvini ha prontamente replicato: “Altro che immaginifiche, noi la flat tax e la riforma delle pensioni le portiamo a casa, costi quel che costi, saranno nel programma dei primi cento giorni del governo”.
Dunque Bonomi teme che se si sottraggono risorse allo Stato con la flat tax poi lo stesso Stato non abbia più risorse per tamponare il caro bollette.
E questa - diciamo - è una spiegazione razionale, che però non tiene completamente conto del fatto che la flat tax è comunque ben vista da parecchi aderenti a Confindustria, salvo restando che il problema energetico è indubbiamente di massima importanza per l’economia italiana.
Quindi proviamo a spostare il ragionamento dal piano puramente industriale, cioè il caro energia, a quello politico. A pensar male si fa peccato ma ci si prende quasi sempre, come diceva Giulio Andreotti.
Ed allora ecco una spiegazione più obliqua.
Salvini è in evidente difficoltà su due fronti: quello esterno per i risultati elettorali tutt’altro che esaltanti e poi anche quello interno, perché i suoi uomini più rappresentativi e cioè Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli – Venezia – Giulia e Luca Zaia, governatore del Veneto hanno affilato i coltellacci in vista di un possibile regolamento di conti.
Non sfugge poi che Confindustria è molto forte in Veneto e Friuli e questo attacco invero plateale potrebbe essere un aiuto che Bonomi sta dando ai due governatori ma anche, e questo è un punto importante, a Giorgia Meloni che non è mai stata particolarmente entusiasta della flat tax perché lei è pur sempre erede della destra sociale che ha il suo zoccolo duro tra i poveri, gli operai, il basso reddito. Basta vedere la distribuzione statistica del voto in città come Roma per capirlo. FdI vince nella periferia povera il Pd vince nel centro ricco.
La Meloni è invece per una flat tax sull’incremento del reddito e non sul reddito puro, quindi una misura edulcorata rispetto all’originale leghista.
E per quanto riguarda la Fornero non la vorrebbe squagliare con misure come quota 41 proposte dalla Lega, ma solo riformare con Opzione Donna aperta anche agli uomini e Ape Sociale per le nuove categorie di lavoratori.
Dunque Bonomi, col suo attacco, può aver mirato due piccioni con una sola fava: appoggiare i governatori del nord–est e contemporaneamente appoggiare Giorgia Meloni a cui, tra l’altro, un Salvini debole fa gioco in questa fase di spartizione del potere ministeriale nel centrodestra.
Il tutto per colpire Salvini che si dice si sia opposto ad un suo ruolo da ministro nel prossimo esecutivo.