Quando Luciana Castellina studiava con la figlia del Duce

Il caso dell’intellettuale proto-fascista

Di Giuseppe Vatinno
Luciana Castellina
Politica

“Frequentazioni pericolose”. L'elenco è lungo

C’è uno strano fenomeno che ha riguardato gli intellettuali, gli artisti e gli uomini politici molto impegnati a sinistra. Da giovani avevano “frequentazioni pericolose” oppure erano proprio fascisti. L’elenco è lungo. Pietro Ingrao era iscritto al Gruppo Universitario Fascista e si classificò secondo per la sezione Poesia al Littoriale della cultura e dell’arte. Dopo la guerra divenne un padre nobile del Partito Comunista Italiano. Dario Fo, premio Nobel per la Letteratura, si arruolò come volontario nell’esercito della Repubblica Sociale di Salò e fu addirittura paracadutista. 

Gian Maria Volontè, grande attore di sinistra, ebbe invece il padre Mario che nel 1944 fu al comando delle Brigata Nera di Chivasso e dopo la Liberazione fu arrestato e condannato. Fosco Maraini, padre di Dacia Maraini, fu lettore di lingua italiana a Kyoto e rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò e per questo fu anche internato insieme alla sua famiglia.

Fu però amico dell’orientalista Giuseppe Tucci, grande esperto di oriente e di sanscrito che invece fu convinto fascista. Del resto non si poteva certo fare carriera allora se si era ostili al regime.

C’è anche da dire che lo zio materno di Alberto Moravia, Augusto De Marsanich, fu una grande sostenitore del fascismo ed ebbe una rilevante carica pubblica: fu Sottosegretario di Stato al Ministero delle comunicazioni dal 1935 al 1943. Nel dopoguerra fu parlamentare per l’MSI. Durante il ventennio Moravia fu uno scrittore di grande successo, grazie all’esordio precoce con Gli indifferenti del 1929 che pubblicò, guarda caso, con la casa milanese Alpes diretta dal fratello di Mussolini, Arnaldo.

Luciana Castellina (94) è una nota giornalista e intellettuale di sinistra e da giovane frequentava addirittura Villa Torlonia perché era compagna di scuola di Anna Maria Mussolini, la figlia del Duce. In una intervista recente concessa a Tommaso Labate del Corriere della Sera ricorda un giorno particolare, il 25 luglio 1943 quando Mussolini fu arrestato. “In vacanza per la prima volta a Riccione, stavo giocando a tennis con Anna Maria. Interruppero la partita all’improvviso, la portarono via».

Ma la sua era una frequentazione soprattutto romana, in quel lontano 1940. La Castellina era una ragazza di ottima famiglia borghese, con la madre ebrea, lontanissima dalle ambasce del popolo che in futuro avrebbe così strenuamente difeso: «Avevo zie e cugini che si nascondevano dentro casa, ai Parioli. Ma non sapevo del rastrellamento del Ghetto, di San Lorenzo bombardata. Anzi, non sapevo neanche che esistessero le borgate, la Roma oltre quella che frequentavo. Non sapevo neanche che ci fosse stata la Resistenza, a Roma».

Nell’intervista non manca una certa criticità estetica che fa tanto radical – chic e alla domanda se vedeva Mussolini risponde: «Donna Rachele più spesso ma anche lui, qualche volta. Girava per questa villa che dentro era bruttissima, sembrava un magazzino». Insomma gli sputtana, con rispetto parlando, la villa che frequentava e certamente allora doveva aver apprezzato.

E poi l’illuminazione verso il Sol dell’Avvenir, anche se involontaria perché la Castellina pensava di manifestare per la causa nazionalista fascista, come ci spiega colta da una allure di affettata ingenuità:

«Nove giorni dopo la Liberazione partecipai con i compagni di scuola a una manifestazione per Trieste italiana. Quelli del Pci ci picchiarono di santa ragione e non capivo il perché. Scoprii solo dopo che era una manifestazione organizzata da un gruppetto di neofascisti, che poi diedero l’assalto alla sede del Pci. Respinto l’assalto, dalla direzione del Pci venne fuori un certo Jacchia, che fece un comizio sulla pulizia etnica nei confronti degli sloveni. Il giorno dopo andai a scuola e cercai questi comunisti».

La sua carriera nella sinistra estrema è poi nota come l’adesione totale ed acritica al marxismo- leninismo col suo rapporto con il Manifesto. Fu anche Deputata per Democrazia Proletaria, lei figlia della Roma bene. Peccati di gioventù, si dirà, che però commisero in tanti. Tuttavia per il gran popolo della sinistra sono cose che lasciano l’amaro in bocca. Come diceva Flaubert, non bisogna avvicinarsi troppo agli idoli, per non rovinarne la doratura con un tocco maldestro e qualche volta –aggiungiamo noi- gli idoli si rovinano da soli.

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