Spoil system, l'ennesima e inutile polemica di chi ha lottizzato per decenni

Lo spoil system è una pratica assolutamente legittima, ormai diventata prassi consolidata da ogni in ogni paese

L'opinione di Vincenzo Caccioppoli
Politica

Spoil system, che cos'è e perchè è una polemica sbagliata

Fa un po' sorridere la polemica scoppiata in questi giorni sullo spoil system che il governo starebbe portando avanti nei ministeri e nelle società partecipate. Fa sorridere sia nella forma che nella sostanza. Nella forma perché si sta creando l’ennesimo polverone per una pratica assolutamente legittima, ormai diventata prassi consolidata da ogni in ogni paese, quando si verifica un cambio di governo. Lo spoil system è nato negli Stati Uniti tra il 1820 e il 1865 e consiste appunto nel cambiamento di tutti gli alti dirigenti dello Stato al cambio di amministrazione.

Ma la polemica è sbagliata anche nella sostanza, perché solo con questo governo si sta aprendo un polverone su una pratica che è regolata dalla legge 15 luglio 2002, n. 145 e dalla successiva legge 24 novembre 2006 n. 286 (di conversione del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262), che prevede la cessazione automatica degli incarichi di alta e media dirigenza nella pubblica amministrazione passati 90 giorni dalla fiducia al nuovo esecutivo (cioè la nomina di un nuovo governo); un sistema simile è operante verso enti e/o società controllate dal settore pubblico. Non si capisce allora davvero dove sia lo scandalo nel seguire alla lettera la legge dello stato.

Ed è proprio su queste basi che tutti i governi italiani negli ultimi trent’anni operano le loro legittime scelte per circondarsi nelle posizioni chiave di uomini di propria fiducia per agevolare il più possibile l’operato di un esecutivo. Ma solo con il governo Meloni, che anzi forse è stato uno dei governi a ritardare maggiormente questi cambi al vertice, si alza questo inutile ed assurdo polverone che mostra ancora una volta come la sinistra abbia perso, dopo la cocente sconfitta elettorale, lucidità e senso della misura.

Qualsiasi governo per poter governare nel pieno delle sue funzioni ha bisogno che tutte le tessere del mosaico dell’apparato statale, siano al posto giusto, e che gli uomini preposti al funzionamento della macchina burocratica statale, condividano spirito, idee e programmi, tanto più in un paese come il nostro, in cui la burocrazia ha assunto un rilievo preponderante che spesso travalica anche quello della stessa politica.

Non si può certo parlare, come qualcuno sta facendo in questi giorni, di clientelismo o di abuso di potere, se si cambiano i vertici di ministeri e di società pubbliche, sui quali dalla opposizione, chi ora governa non condivideva linea politica e programmi. Non è tanto un premio alla fedeltà (che in passato ha comunque avuto il suo peso nelle scelte di molti governi nelle cariche pubbliche e nei vertici delle partecipate) ma piuttosto una comunanza di valori, ideali ed obiettivi, che spinge ad operare cambi e nomine di persone che condividono la stessa idea ed appartenenza politica, che non deve scandalizzare nessuno, ma che entra nella normale alternanza democratica al potere.

Evidentemente il fatto che negli ultimi dieci anni il paese sia stato governato, quasi ininterrottamente, da chi non ha mai vinto un'elezione, ha fatto venire meno questo caposaldo delle democrazie moderne. Le nomine spettano a chi vince le elezioni e sono parte integrante delle responsabilità e delle prerogative di un esecutivo. Forse, ma questo sarebbe un passo ulteriore, si potrebbe discutere sulle responsabilità dell’operato dei nominati che dovrebbero magari anche ricadere su chi quelle nomine le propone e le approva.

Anche perché così, si eliminerebbe quell’odioso pretesto che troppo spesso i governi adombrano, e cioè quello di addebitare ad altri (spesso proprio i burocrati) i loro fallimenti. Ma questo è un altro discorso sul quale forse avrebbe senso aprire un serio e chiaro dibattito. Non certo sul fatto il governo abbia tutto il legittimo diritto di sostituire in ruoli apicali uomini messi li da governi precedenti a cui il partito della premier, in particolare, ha opposto una fiera opposizione.

Perchè non è che se una nomina viene fatta da sinistra va tutto bene (e Dio solo sa quali e quante nomine abbia fatto la sinistra in questi anni al governo) ma se viene fatta da destra si grida subito all'orrore, alla lottizzazione e si avanzano dubbi sulle capacità dei nuovi nominati. E’ la solita stucchevole questione sul merito che spetterebbe, come per diritto divino solo a quelli che stanno a sinistra (come non dimenticare le polemiche che vanno avanti da anni sulla presunta mancanza di classe dirigente in FdI, il partito della premier).

Certo poi starà al governo dimostrare che queste nomine sono state fatte sulla base dei meriti e nell’interesse pubblico, ma questo vale per i governi di destra come per quelli d sinistra. Ma parlarne a priori, come qualcuno sta facendo adesso, lascia la sensazione che si voglia inseguire ancora una volta la massima gattopardesca, tanto cara alla sinistra di questo ultimo decennio, che tutto cambia affinché nulla cambi.

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