Italiani di Puglia, accoglienti e integrati
Scorci di Puglia individuati da Mario Pennuzzi dal suo osservatorio nella Città dei Due Mari.
Il bel centro storico di Mottola (TA) si chiama Schiavonia, immagino perché ci fossero popolazioni di origine balcanica. A Lucera (FG) Federico II concentrò i suoi sudditi islamici. E a poca distanza vi sono due piccoli comuni, Faeto e Celle San Vito, nei quali si parla la lingua dei soldati angioini.
A Manduria (TA) c'era un ghetto ebreo. Taranto era una città greca, ma al suo interno una chiesa si chiama S. Andrea degli Armeni, per la presenza di abitanti che provenivano da quelle terre.
A San Marzano (TA) vi sono ancora tracce della lingua toske, una delle varianti dell` albanese, ma originariamente i comuni che parlavano questa lingua nella contea tarantina erano molti di più. Una lingua che per molto tempo fu solo orale e che ebbe le sue prime forme scritte non nella natia Albania, ma qui nel Mezzogiorno d'Italia.
Là vicino al capo si parla grecanico. Esisteva un limitone dei greci, che ha segnato linguisticamente la nostra regione, regalando ad una parte una "a" aperta (retaggio dei longobardi) e dall'altra le finali in "u" come in Sicilia.
I tarantini poi discendono dalle "signorine" spartane, li chiamavano Partenii, ma ancora oggi sono orgogliosamente figli di buona donna.
Tutti italiani: una grande civiltà la nostra, dove nei vicoli c'era tanta solidarietà da far sì che due famiglie dirimpettaie sciorinassero i panni del bucato su quell’unico filo, che metaforicamente attraversava la strada e ne collegava i versanti.
Piccole grandi cose di un Paese che, se vuole davvero mantenere la sua identità, deve continuare ad accogliere ed a integrare.