Scherma, l'atleta ucraina? Non dare la mano all’avversaria è negare l'essenza dello sport

Mondiali di scherma, il caso della sciabolatrice ucraina che si è rifiutata di stringere la mano all'avversaria russa alla fine dell'incontro

di Giacomo Costa
Sciabolatrice ucraina non stringe la mano all'avversaria russa
Sport

La posta in gioco in una partita di scherma

Abbiamo assistito negli ultimi due giorni a Milano alla storia di organizzazione sportiva internazionale e diplomazia sportiva più sconcertante che ci sia capitata. L’imbarazzo crescente è insorto quando la sciabolatrice vincente l’incontro, l’ucraina Olga Kharlan, ha rifiutato di stringere la mano alla sua rivale, la russa Anna Smirnova. Sembra che un compromesso fosse stato raggiunto tra i rappresentanti della Federazione Mondiale di scherma e la delegazione ucraina che la stretta di mano avrebbe potuto essere sostituita dal tocco delle due sciabole.

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Ma questo non sarebbe stato accettato dalla Smirnova, che oltre tutto era presente a titolo individuale e non come membro della rappresentativa russa. La decisione che fu presa immediatamente dopo l’incontro, Giovedì 27 Luglio, era che la Smirnova era stata sconfitta, e la Kharlan sarebbe stata espulsa, ma la sua espulsione non si sarebbe estesa alla sua partecipazione alla gara a squadre. In seguito la Federazione ha stabilito che d’ora in poi sarà sufficiente il tocco delle armi.

In sostanza, tutti erano indaffarati a trovare il modo di aggirare, evitare, allentare, annacquare la regola. Solo indirettamente, o implicitamente, è stata ricordata la ragione della regola. La componente agonistica in alcune specialità sportive è più elevata che in altre.

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Nei salti, ad esempio, gli atleti si confrontano essenzialmente con sé stessi, nel senso che l’esito di ciascuna loro prestazione dipende solo dal loro comportamento proprio. In quanto le loro prestazioni sono misurabili, se ne può fare un ordinamento (una classifica) dalla quale risulta il vincitore o la vincitrice. Nel pugilato, o nella scherma, il confronto tra i due sul ring o in pedana è l’essenza della prova.

IL VIDEO DEL "MISFATTO"

Ma lo sport non è la prosecuzione della guerra con altri mezzi, come la guerra lo è della politica. La sorpresa, il miracolo dello sport è che la lotta, l’agone, viene sublimato: la sfida non turba la pace perché si risolve in una pura gara di destrezza. La sfida conferma e rafforza la pace. E’ una vittoria della pace. Ecco perché alla fine dell’incontro, i due contendenti si dànno la mano. Rifiutarsi di compiere questo gesto significa negare l’essenza di ciò che si fa: trasformarsi in un burocrate, negare l’ideale dello sport.

Ha spiegato la Kharlan: “Prima della gara… ho chiamato i miei: erano in un rifugio anti-aereo. Come posso tirare senza ragionare su quello che stanno vivendo? Non posso stringere la mano a chi rappresenta un invasore che fa certe cose ai miei cari e al mio paese,” un’affermazione comprensibile a meno che non si pensi a un evento sportivo come una situazione in cui continui a regnare la pace, o almeno, una sospensione della guerra: un’isola di pace.

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Se vogliamo, a meno che non si consideri la guerra un fatto limitato che non si estenda ai singoli cittadini dei due paesi opposti, cittadini che non rappresentano che se stessi e non sono responsabili della politica dei loro paesi e della guerra. Ma questi sono i presupposti della civiltà! D’altra parte, l’impossibilità denunciata dalla Kharlan riguarda la partecipazione alla prova (“tirare”) non il piccolo segno di amicizia alla fine. Che senza fare della stretta di mano un feticcio, bene può essere espresso dal bacio delle lame.

A meno di non presentarla invece come una sorta di surrogato della guerra in corso, come parrebbe ahimè Olga abbia fatto: “Visto che l’esercito del mio Paese sta combattendo il nemico faccia a faccia, mi sono detta che questa è la mia guerra”.

Anche il fidanzato di Olga, lo schermidore italiano Gigi Samuele, parrebbe concorrere in questa interpretazione: “La mia fidanzata lotta per la sua gente e per la sua patria”.  Ma questo è un po’ esagerato. Negli incontri successivi Olga si sarebbe trovata faccia a faccia (o maschera a maschera) con sciabolatrici di altre nazionalità, e sarebbe stato difficile vederli come parte di una “lotta per la sua gente e la sua patria.”

 

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