Affari di Genio

La lenta tessitura di un progetto: le motivazioni, contano

Si è presentato in sala stampa, affranto. Senza neppure più la forza di commentare l'ennesima, immeritata, sconfitta. Alessandro Bianco ha  ventidue anni appena compiuti. Ha esordito in Serie A, con il Monza di Alessandro Nesta, suo mentore in quel di Reggio Emilia nella passata stagione. È risultato dal primo momento uno dei migliori in campo. E da quando è entrato si è conquistato la maglia da titolare, il plauso dei tifosi, della stampa e della società. 

Ciò malgrado lunedì sera 9 Dicembre, all'ennesima sconfitta subita in casa contro l'Udinese, il ragazzino è arrivato in sala stampa davanti ai giornalisti con le spalle ricurve, piegato su se stesso,  continuando a farfugliare le seguenti parole rivolte ai giornalisti che lo interrogavano: "Non te lo so spiegare cosa sia successo". 

"Trenta tiri contro tre o quattro, prendi un contropiede e subisci gol. Non riesco a commentare questa partita. Non ho da rimproverare nulla a nessuno, faccio fatica a commentare e spiegare". 

È l'epilogo di un percorso sbilenco d'inizio stagione, che ha portato i brianzoli a ridosso dell'ultimo posto in classifica che dista appena un punto. Eppure ci sono tutti gli elementi per risalire la china. Il quart'ultimo posto dista infatti tre punti appena, una vittoria soltanto e la squadra sarebbe temporaneamente fuori pericolo. 

Cosa spinge un ragazzo di 22 anni a presentarsi afflitto davanti alla stampa con le mani sul viso?  La mancanza di certezze, la mancanza di quella sicurezza e di quella convinzione di poter ripartire sempre, anche quando tutto sembra venire giù. La carenza di motivazioni che la sorte, 27 tiri, con un gol un palo e due miracoli del portiere avversario, sembra aver rimosso, condanna la squadra e i suoi ragazzi quindi ad arrendersi al nichilismo, alla cattiva sorte che invece proprio la coscienza dei propri mezzi e la convinzione di potercela fare sempre dovrebbe aiutare consolidando la ragionevole forza che nulla è dato se non hai provato fino in fondo.

Si chiamano Soft Skills quelle competenze trasversali che portano ad analizzare le ragioni di una caduta e le motivazioni per una veloce ripresa che sono date - sempre - dalla forza delle proprie convinzioni, dalle ragioni di una scelta consapevole, in cui è ammesso perdere se hai dato tutto. 

Il problema si pone quando non avrò offerto sufficienti  motivazioni per, non solo, provare a vincere, ma riuscire anche a perdere bene; condizione data nello sport come nella vita: da lì semmai si riparte. Il filo rosso che lega tutte le scelte fatte nell'alveo di un progetto di natura professionale sono quindi sempre legate all'aspetto emozionale e motivazionale, senza cui nessun essere umano può anche solo minimamente ambire ad una crescita fisiologica. Sono le motivazioni che creano il destino degli uomini. Non è sedendosi rassegnati che si possono raccogliere le proprie migliori forze.

Al contrario ascoltando il ruggito di  chi si batte sempre, con la coscienza della propria forza, si riesce a declinare la costruzione del futuro che dipende comunque  da noi. Unicamente da noi. 

Sono le motivazioni interiori a dover essere stimolate. Un trainer, in un ufficio dentro un'azienda o su di un campo di calcio, su questo deve saper fare leva. Sulle competenze trasversali che sono innanzitutto le ragioni più profonde del nostro essere.  

Si può vincere anche perdendo. Se sai di aver dato tutto e di essere riuscito nell'impresa di perdere dicendo a te stesso: più di così non potevo fare. E ripartire più forte la volta dopo.

Le vittorie celebrano le numerose sconfitte, senza le quali non esisterebbe la gioia di vincere.

 

Max Rigano