L'avvocato del cuore
La relazione è finita ma lei non vuole lasciare casa mia. Cosa posso fare?
"C'è un'azione giudiziaria da intraprendere per riuscire a mandarla via da casa una volta per tutte? Se cambiassi le chiavi della serratura?"
Gentile Avvocato, ho convissuto con la mia compagna per molti anni nella casa di mia proprietà senza, però, avere figli. Ora la nostra relazione è finita, ma lei non vuole assolutamente andarsene. La mediazione è fallita perché lei non si è presentata e, pertanto, mi chiedevo quale fosse l’azione giudiziaria da intraprendere per riuscire a mandarla via da casa una volta per tutte. Se cambiassi le chiavi della serratura?
La convivenza di fatto, cosiddetta “more uxorio, è una formazione sociale che dà vita a un autentico consorzio familiare, caratterizzato da stabilità e continuità nel tempo, in quanto i conviventi, condividendo lo stesso “tetto”, elaborano un progetto e un modello di vita comune simile a quello della famiglia tradizionale, fondata, invece, sul matrimonio. Quando la convivenza finisce, si pone spesso il problema di regolare i rapporti patrimoniali tra gli ex partner. In questi casi, non si applicano le norme relative alla separazione o al divorzio, ma si fa ricorso alla disciplina del diritto civile comune. I conviventi sono una vera e propria “famiglia di fatto” e, per questa ragione, sono tutelati dalla legge. Si pensi al diritto di abitazione (seppur limitato) che acquista il convivente in caso di morte dell’altro, proprietario o affittuario dell’immobile dove entrambi convivevano; oppure si pensi alla possibilità di nominare quale amministratore di sostegno il convivente dell’amministrato, e cioè del beneficiario dell’istituto di protezione in parola.
Generalmente, quando finisce la convivenza, il convivente, altresì proprietario esclusivo dell’immobile destinato alla convivenza, ha il diritto di ottenere il rilascio dell’immobile da parte dell’altro, il quale, pertanto, non vanta più alcun titolo per continuare a utilizzare l’abitazione. In particolare, in virtù della stabilità della relazione familiare, il convivente non proprietario, durante la convivenza, assume la qualifica di “detentore qualificato”, dato che non è semplicemente “ospite” del convivente proprietario dell’immobile, ma è titolare di un interesse meritevole di tutela. Ne segue che, una volta interrotta la convivenza, giusta la libera scelta e determinazione delle parti, viene meno anche la detenzione qualificata sull’immobile. In sostanza, quando una storia sentimentale finisce e non ci sono figli da tutelare con l’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario, il partner non proprietario deve andarsene. Ma gli si deve concedere il tempo materiale e ragionevole per trovare un altro alloggio ed evitare di finire in mezzo a una strada, dall’oggi al domani.
Ciò premesso, qualora il proprietario dell’immobile utilizzi modalità violente (quali cacciarlo via da casa o mettere le sue valige sul pianerottolo) o clandestine (quali cambiare le chiavi delle serrature) per estromettere l’ex partner dal godimento dell’immobile senza congruo preavviso, quest’ultimo è legittimato a esperire l’azione di spoglio volta alla reintegra nel possesso.
Pertanto, caro Lettore, è inopportuno allontanare la Sua compagna dall’immobile in modo fraudolento (cambiando la serratura) perché rischierebbe l’azione di spoglio. Potrebbe, invece, esperire l’azione di rilascio o di restituzione del bene immobile di Sua proprietà, al fine di ottenere la riconsegna della casa da parte della Sua ex compagna che, ancora, si trova nella materiale disponibilità del bene in assenza di titolo legittimante. Qualora decidesse di intraprendere questo percorso giudiziario, dovrà dimostrare al Giudice la cessazione della convivenza che ha assunto, nel corso del tempo, i connotati della stabilità e della continuità perché basatasi su un programma di vita comune in un clima di fiducia e collaborazione reciproca. Una volta esperita l’azione di rilascio o di restituzione del bene, sarà riconosciuto al convivente non proprietario il diritto di ottenere un congruo termine (solitamente 90 giorni: il cosiddetto “termine di grazia”) per trovare una diversa sistemazione abitativa prima di essere definitivamente allontanato da casa.
*Studio legale Bernardini de Pace