Lo sguardo libero

Dario Fertilio: “La comunicazione? Un fatto di potere o libertà”

Di Ernesto Vergani

Intervista allo scrittore e giornalista in occasione dell’uscita del suo ultimo saggio: “Dirsi tutto” (Lindau)

Troppi giornalisti “replicanti” del potere in tv, radio e giornali

Dott. Fertilio, "Dirsi tutto" (Lindau), il suo ultimo saggio, ha un titolo ambizioso, rafforzato dal sottotitolo "L'arte della comunicazione totale". È una critica a tutto campo al linguaggio di oggi?

“È vero, il libro è ambizioso, perché affronta un tema immenso come la comunicazione, che ci coinvolge completamente: dal punto di vista organico, neurologico, psicologico, sociale, estetico. E riguarda tutti i cinque sensi.  Noi siamo infatti macchine comunicanti, in ogni momento della vita. Non possiamo farne a meno, ma dobbiamo imparare a farlo meglio."

Al centro del libro lei pone una distinzione fondamentale fra campo del potere e campo della libertà. È questo il dilemma di chi parla o scrive: appartenere a uno dei due campi?

"In realtà, noi tutti apparteniamo ad entrambi. Ogni nostro messaggio nasconde sempre l'ambizione di affermarci, conquistare l'interlocutore, sedurlo. Ma per farlo possiamo ricorrere ai trucchi disonesti e agli inganni denunciati in questo libro, oppure lasciare al nostro interlocutore la possibilità di giudicare liberamente e criticamente i contenuti, arrivando a concepire una propria verità, una risposta autonoma ai grandi e quotidiani interrogativi della vita."

Oggi il campo della libertà è più esteso o più ristretto del passato? Il nuovo millennio ci ha portato più libertà comunicativa?

"Purtroppo, noi siamo stati, e siamo vittime tutt'ora, di una doppia restrizione della libertà individuale, e dunque anche di quella comunicativa. Il regime sanitario, da un lato, ha preteso di restringere le nostre libertà in nome di una priorità biologica: restare sani, anche a costo di sottometterci a limitazioni stringenti nella vita privata e pubblica. Il regime bellico conseguente alla invasione russa dell'Ucraina, dall'altro, ha indotto i principali media a "mettere l'elmetto", anche per contrastare il regime della menzogna di stampo russo. È importante contrapporre a queste narrazioni conformistiche e autoritarie il valore del "free speech", del discorso libero e critico. Se non riusciremo a farlo prevalere in Occidente, regaleremmo un argomento importante, forse decisivo, a chi ci accusa di avere tradito i nostri principi, e quindi di non essere migliori dei regimi dittatoriali che pretendiamo di combattere: russo, cinese, iraniano eccetera."

È questa la missione del giornalismo; esercitare un contropotere?

"Non un contropotere, che rischierebbe di riprodurre, in altra forma, i difetti degli altri poteri (istituzionale, politico, giudiziario, economico-finanziario, tecnologico, scientifico, culturale). Ma un antipotere, che articolo per articolo, libro per libro, intervista per intervista lasci libertà interpretativa, non imponga le sue conclusioni, illustri criticamente e se necessario anche polemicamente le intenzionie le manovre del potere."

Il linguaggio della politica, anche in Occidente è in Italia, è per sua natura autoritario, limitatore della libertà?

"Basta osservare i replicanti dei partiti e delle varie lobby che si esibiscono sui giornali, radio e canali tv, siti internet e social, per comprendere che ripetono sempre le stesse cose, assumono acriticamente le linee politiche impartite dall'alto, rifiutano di fatto la dialettica e il confronto con chi la pensa diversamente. Il guaio è che, di norma, questi replicanti possono agire senza contraddittorio da parte dei giornalisti. Così facendo, questi ultimi tradiscono la loro missione."

Lei scrive che in ogni comunicazione libera c'è il tentativo di arrivare alla verità, o almeno a una verità. Ma che cos'è la verità?

"Questa è la domanda che, stando ai Vangeli, Ponzio Pilato pone a Gesù Cristo. Ma lui non risponde, o comunque la sua replica non viene riportata. Io credo che la risposta non possa esistere perché la verità non è acquisita una volta per tutte, è in continuo mutamento e deve essere affermata ogni volta. Ma per farlo occorre coraggio, anche fisico se necessario. La libertà comunicativa è il frutto di un lavoro su se stessi, è accettazione di un rischio, è rifiuto di un comando che viene dall'alto, anche se ammantato del prestigio di un politico, uno scienziato, un influencer, un capo religioso, un intellettuale famoso."

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