Lo sguardo libero

Il caso Lollobrigida: si abolisca la parola etnia dal vocabolario

Di Ernesto Vergani

L’Italia ha una identità culturale e storica unica al mondo

Secondo il DEF, l’aumento consistente dei flussi migratori può garantire la tenuta del bilancio pubblico e dei livelli di welfare nel nostro Paese

Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, con le sue parole (“Non possiamo arrenderci all'idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada”), si riferiva probabilmente a certi effetti dell’immigrazione irregolare, che crea disordine, incertezza, umiliazione negli italiani e nella nostra democrazia – da inizio dell’anno a oggi sono sbarcati in Italia oltre 34mila migranti, il quadruplo dello stesso periodo del 2022 -, non c’erano attinenze con le teorie cospirazioniste della estrema destra xenofoba.

Del resto, è noto che l’immigrazione straniera può soddisfare i bisogni di quelle aziende italiane che hanno bisogno di manodopera non specializzata e la domanda di quei lavori che gli italiani non vogliono più fare. Lo stesso Documento di economia e finanza - DEF, varato dal Governo a inizio di questo mese, ricorda che un aumento consistente dei flussi migratori potrà garantire la tenuta del bilancio pubblico e dei livelli di welfare nel nostro Paese. Il che non contrasta con le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, quando sostiene che il tema del lavoro va risolto con la riserva inutilizzata del contributo femminile e incentivando la possibilità delle famiglie a mettere al mondo dei figli. Per giunta l’Italia ha un’identità culturale unica al mondo: si pensi alla sua storia, alla sua cultura, alla sua arte millenaria, alla sua istruzione (la sola nazione in cui si insegnano il greco antico e il latino a livello popolare), persino alla sua cucina, così diversa da regione a regione (caso simile, mutatis mutandis, la Cina).

È vero, il concetto di etnia è diverso da quello di razza: la prima si basa sulla storia comune di una popolazione, fondata su una stessa religione, medesime lingua e cultura, la seconda su comuni tratti fisici e genetici. È anche certo che l’antropologia dell’800 considerava l’etnia in termini più restrittivi includendo nessi razziali. È bene quindi evitare quasi del tutto tali termini, che possono portare sempre, come ha rammentato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a derive incontrollabili. Si pensi alla vergogna delle leggi razziali, promulgate dal fascismo nel 1938-39, una macchia indelebile sulla coscienza dell’Italia. Ha detto ieri il capo dello Stato in visita ad Auschwitz: “Siamo qui a rendere omaggio e fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista che, con la complicità dei regimi fascisti europei che consegnarono propri concittadini ai carnefici, si macchiò di un crimine atroce contro l'umanità". Per completezza, non va dimenticato che Gianfranco Fini, già presidente della Camera e di Alleanza Nazionale, leader della destra da cui nasce Fratelli d’Italia, in una visita ufficiale a Gerusalemme nel 2003 definì il fascismo “il male assoluto”. Detto tutto ciò, come diceva Marcel Proust, la parola razza andrebbe abolita dal vocabolario. Oggi la frase andrebbe riscritta: “Oltre a razza, si abolisca dal vocabolario anche la parola etnia”.