Lo sguardo libero

Il libro di Bolognini/ Comunicare la sostenibilità oltre il greenwashing

L'OPINIONE di Ernesto Vergani

Un testo esaustivo, efficace e utile per cittadini, comunicatori, imprese e finanza

Il volume è arricchito da interviste a esperti e case studies di primarie organizzazioni

In un momento in cui la sostenibilità è la stella polare degli Stati e delle organizzazioni istituzionali e finanziarie mondiali, dagli Usa all’Unione europea alla Cina, in questi giorni arriva in libreria ed è disponibile su tutti gli store online un libro fondamentale: “Comunicare la sostenibilità/ Oltre il Greenwashing” di Aldo Bolognini Cobianchi (Hoepli, pagg. 254, euro 22,90).

Volume basilare non solo per chi è interessato ad avere una visione completa sull’argomento e si occupa di comunicazione, ma anche per i politici e chi per lavoro ha responsabilità di impresa e finanza. A realizzare un lavoro così approfondito – le 254 pagine del libro, dense, esaustive e chiare, sono lì a dimostrarlo – è un giornalista rigoroso come Aldo Bolognini Cobianchi, oltre che esperto di finanza, anche docente universitario alla facoltà di Sciente umanistiche dell’Università degli Studi di Milano, nonché Maggiore Riserva selezionata dell’Esercito italiano specializzato in PsyOps (Psychological Opearations).

Se l’obiettivo è alto: realizzare un insieme armonico di sostenibilità, persone, imprese e comunicazione, la declinazione è a tutto tondo: dalla rappresentazione in tutti i suoi aspetti, anche quelli, solo apparentemente, secondari, della sostenibilità e del greenwashing alle distinzioni che riguardano la filantropia e le società non profit, dai riferimenti legislativi – attualissimi - ai processi aziendali e finanziari.

Il libro – a conferma della meticolosità del lavoro (in un’epoca in cui la superficialità prevale e basta un titolo efficace per vendere) – è impreziosito da autorità in materia: da Michelangelo Tagliaferri che firma la prefazione a interviste a Toni Muzi Falconi (“La sostenibilità è il linguaggio del futuro”), Jacopo Schettini Gherardini (“Perché il rating di sostenibilità non è un bollino”), Andrea Mascetti (“La sostenibilità è una questione di cultura”) e Francesco Ferrara (“Integrare nella strategia aziendale con le società benefit”).

Bolognini va a fondo e rispondono all’appello esperti e comunicatori di importanti organizzazioni che ricordano che cosa fanno o comunicato le loro aziende in tema di sostenibilità. Ecco, quindi, i contributi di: Michele Seghizzi (Banca Generali), Roberto Olivi (BMW Group Italia), Rossana Pastore (Carrefour), Auro Palomba (Community), Edoardo Cavalcabò e Manuela Kron (Nestlé), Riccardo Calvi (Procter & Gamble), Francesco Perrini (SDA Bocconi), Patrizia Rutigliano (Snam), Susanna Smetana e Rob Walker (State Street), Marisa Parmigiani (Unipol).

Questa la definizione di greenwashing con cui l’autore ci inviata a seguirlo nel suo approfondimento: “Letteralmente andrebbe tradotto come “lavaggio in verde”. Il significato vero è “ambientalismo di facciata” o, più coerentemente con il significato attuale, “sostenibilità di facciata”. Si ha greenwashing tutte le volte che un’azienda o un’organizzazione giustifica o motiva una sua iniziativa o un suo comportamento adducendo ragioni ambientali, di responsabilità sociale o di governance (dunque ESG) che in realtà non sono vere. Il greenwashing nasce dunque da un’azione di comunicazione ESG fasulla, o esagerata o mistificata, da una promessa non mantenuta. dalle strategie, alle scelte ai fondi ESG (Enrivonmental Social & Governance, ambiente, società e governance)”.