Rocca sbrocca

Covid, siamo tutti a rischio depressione: la politica deve scendere in campo

L'opinione di Tiziana Rocca

Siamo tutti a rischio depressione, serve più attenzione all’emotività ma la politica deve scendere in campo per metabolizzare i disagi causati dalla pandemia

Il disagio psicologico dilaga nell’era Covid ed è un problema molto sottovalutato. Non se ne parla più di tanto, o meglio, le istituzioni e la politica non se ne curano più di tanto. Nel frattempo, con tutto il rispetto per chi è malato di depressione, siamo tutti colpiti dal cosiddetto disturbo post-traumatico da stress ormai oltre la soglia del malessere con il rischio di compromettere la nostra salute mentale.  Cioè, anche chi è ottimista, chi cerca sempre di essere positivo in questo momento è fortemente scoraggiato perché con la pandemia si sono sviluppate una serie di problematiche psicologiche che hanno colpito anche chi, poteva dire di essere in buona salute .

Secondo gli esperti, infatti, la  persistente situazione di emergenza che dura da quasi un anno, senza alcuna certezza di uscirne a breve, rappresenta un evento traumatico cronico che è ancora in divenire ma di cui vediamo già gli effetti nel tempo. Persone che non hanno mai sofferto di ansia, per esempio, non dormono la notte e devono prendere medicine per dormire. Quindi, parliamo di disturbi del sonno, ansia persistente, agitazione, al punto che, anche chi nella normalità ha un proprio self-control, difficilmente riesce a controllarsi.

I giovani, poi,  hanno una sorta di scoraggiamento - visione nera del futuro che in qualche modo devi cercare di tirarli su ogni giorno. Parlarci e dire: “è solo una parentesi che potrete recuperare”. Insomma, è un periodo psicologicamente molto difficile per tutti. D’altra parte, le notizie di cronaca confermano pienamente le previsioni: la socialità si è trasformata in risse di piazza dove sfogare la propria rabbia e il proprio disagio. Purtroppo, per affrontare questa situazione, l’unica strada possibile è che le istituzioni prendano molto sul serio ciò che sta accadendo e investano, per i prossimi anni, risorse importanti nella prevenzione e nella cura dei giovani che hanno realmente bisogno di tutto ciò di cui la pandemia ci ha privato: socialità, contatto fisico, esplorazione del mondo esterno. Inoltre, se prima ciò che dicevamo essere “pericoloso” per uno sviluppo sano, è diventato il loro indispensabile strumento di vita, ossia le relazioni mediate dalla tecnologia, possiamo facilmente comprendere quanto il rischio del disagio, sia elevato.

Chiudere le palestre, la ginnastica, fermare le attività sportive, anche per le famose endorfine che produce il nostro corpo facendo sport, porta dei danni enormi soprattutto proprio ai giovani. Uno protocollo ad hoc per le palestre con i tamponi e una divisione attenta degli spazi, sarebbe più che auspicabile. Chiudere è sbagliato anche perché in casa la situazione sta peggiorando. Le persone se non hanno uno sfogo alla fine escono e creano gli assembramenti come è capitato ai navigli a Milano lo scorso weekend.

Cioè, quando c’è la possibilità di uscire esagerano perché devono come recuperare il tempo perso. Uno studio pubblicato su Nature afferma che l’isolamento sociale genera un desiderio di interazioni analogo a quello che sperimentiamo quando vediamo del cibo e abbiamo fame e, inoltre, colpisce di più chi aveva in precedenza molte interazioni sociali soddisfacenti. Come ne usciremo da questa alienazione dipende anche dalla capacità che avremo di stimolare un sentimento di reazione.

In questo momento, dobbiamo curare la nostra psiche perché, chi in modo leggero, chi in modo inconsapevole, abbiamo tutti dei pensieri negativi frutto della paura del futuro. Non si lavora, si vive nell’incertezza, non si riescono a pagare le scadenze. Ecco l’agitazione che monta.  Chi lavora è fortunato e bisogna che aiuti chi è meno fortunato. Sacrosanto. Chi non lavora, però, è ormai  arrivato  ad uno stress psicologico totale perché non riesce a farcela nonostante magari abbia già speso tutti i risparmi per sopravvivere. Qui implode il crollo emotivo e il vero disagio per tutti.

Questa è la realtà ma non sarà sempre così. Bisogna, pertanto, trovare delle modalità di ascolto per aiutare queste persone, ora. Un sostegno per l’equilibrio psicologico in questo momento è fondamentale e se ne parla troppo poco.

A tutte le età, viviamo forme diverse di psicosi. C’è chi non vuole più uscire nemmeno per una passeggiata,  questo non fa di certo bene, anzi, stanno venendo fuori  altre patologie. La nostra mente viene schiacciata dalle costrizioni frutto della pandemia in maniera subdola. Bisognerebbe cercare di entrare nell’ordine delle idee di vivere queste difficoltà con più serenità, perché ce la possiamo fare. Servono aiuti immediati e un po’ più di leggerezza. Per questo non bisogna stressare i cittadini, anche a livello di comunicazione, con ipotesi  di lockdown a oltranza. Capisco il problema delle varianti ma se non si fa qualcosa per aiutare le persone anche psicologicamente il Paese avrà tre crisi: pandemica, economica, psichica. Siamo tutti  sull’orlo di una crisi di nervi ognuno per un motivo diverso. La politica deve tenerne conto di questo perché è da un anno che la comunicazione è un incubo, basta anche parlarne troppo in tv. Parliamo d’altro, dobbiamo distrarci.

Nelle disposizioni governative dovrebbero essere tenute presenti le indicazioni degli psicologi e degli psichiatri che sappiano consigliare le parole più aperte alla speranza. Ci mancano molte cose, ma quella che fa più male è la perdita della libertà di organizzare le giornate come vorremmo. Anche l’eccessiva informazione e il bombardamento dei media diventa nociva, controproducente. Giusto rimanere informati ma senza esagerare. Soprattutto, scegliamo l’ottimismo attraverso relazioni con persone positive e fidate. Ottimismo e fiducia sono equilibratori fondamentali nella sfida tra  benessere e depressione.

E’ importante parlane di più e dare più aiuto. Di sicuro, c’è bisogno di attivare servizi di supporto alla salute mentale che entrino nella vita di tutti i giorni senza condannare la richiesta di un aiuto. Mi spiego. Non c’è bisogno di essere malati per giovarsi di un sostegno qualificato a gestire meglio le nostre reazioni emotive. Una soluzione tempestiva può essere data dalla tele-psicologia, ossia dai servizi di supporto psicologico per via digitale.

 Insomma, è necessario in questo periodo, cercare di riportare alla normalizzazione la richiesta di aiuto per situazioni come la perdita economica e le sintomatologie come depressione, ansia, preoccupazioni psicosomatiche, insonnia, aumento dell’uso di sostanze ma anche problemi di aggressività. Ma anche l’aiuto che può essere dato, non deve più essere considerato come un fenomeno di eccezionalità ma di attuale bene comune.  Tutti noi possiamo fare qualcosa nel nostro quotidiano per affrontare le sensazioni  negative indotte dall’emergenza sanitaria e dallo sviluppo di derivanti nevrosi.

Questa pandemia ci dà l’opportunità di pensare che prevenzione e salute vogliano dire soprattutto benessere emotivo, senza passare dal concetto di cura ma facendo entrare nella vita di tutti i giorni l’attenzione ai nostri meccanismi emotivi.

Nella difficoltà e nei momenti di crisi sforziamoci di continuare a non perdere la speranza  e a coltivare quei bagliori di ottimismo che, più o meno offuscati, tuttavia, esistono dentro ognuno di noi.

Ora, con gli adeguati protocolli di sicurezza e la concretizzazione del piano vaccinale finalmente si potrà tornare passo dopo passo a fare la vita di prima senza che le continue pressioni per le chiusure delle attività e le limitazioni sociali ci schiaccino la mente.  Pertanto, mi sembra più che giusto lanciare lo sguardo verso il prossimo futuro con la massima fiducia possibile verso un imminente ritorno alla normalità.