Rocca sbrocca

Defunti all'estero, tempi biblici per i rimpatri: "Tajani snellisca le regole"

Di Tiziana Rocca

Il ministro dell'Interno si mobiliti contro la burocrazia nelle ambasciate: "Serve una corsia preferenziale per il rimpatrio delle salme in tempi brevi"

In nome della solidarietà per le famiglie dei nostri cari defunti all'estero, faccio un appello rivolto al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani affinché si impegni per garantire che: “il certificato di morte trasferito dal Paese in cui succede l'incidente una volta ricevuto dall'ambasciata, possa avere immediatamente una via preferenziale veloce che in 24-48 ore al massimo possa fornire i documenti ai familiari o ai congiunti della vittima per permettergli di riportare la salma in Italia in tempi utili”.

E' una vergogna che non esista un passaggio preferenziale in queste situazioni e che ci si incagli nella burocrazia pure quando si muore. Negli Stati Uniti, che sono composti da cinquanta stati con leggi diverse, la maggior parte delle persone, con una spesa preventiva alla portata di tutti, si affidano ad assicurazioni internazionali specifiche e che garantiscono, sempre che non ci siano problemi relativi alla verifica del decesso, il trasporto della salma entro 5-9 giorni lavorativi.

E allora qualcosa forse si può fare per migliorare anche nel pubblico. Anche se, spesso, poi, sul posto, sembra che ci siano sempre interessi nella gestione e pochissima trasparenza da parte dei vari partner e delle varie assicurazioni coinvolte che sembrano solo attente al rientro economico. Bisogna assolutamente attivarsi per una procedura più umana, emotivamente sostenibile che non crei disagio di fronte alle ingiustizie della burocrazia anche davanti a una cosa così delicata e importante come la perdita di una persona cara. Questa è un'ingiustizia che succede a tanti italiani di cui non ne siamo a conoscenza perché non se ne parla, in quanto sono situazioni che creano sofferenza, a cui si aggiunge la rabbia dell'impotenza di dover lottare per riuscire ad ottenere quello che sarebbe un proprio diritto.