Coronavirus

Chiusura scuole Covid, The Lancet: Non c’è prova scientifica riduca i contagi

di Antonio Amorosi

Lo dicono in tv perché ne è convinto il governo ma la chiusura delle scuole per ridurre il Covid non ha basi scientifiche. Zero. E non è come con l’influenza

Non c’è prova scientifica che la chiusura delle scuole abbassi la diffusione del Covid.

E' stato pubblicato ieri sulla prestigiosa rivista The Lancet un complesso studio, redatto da accreditati ricercatori italiani in campi medici e affini (Sara Gandini, Maurizio Rainisio, Maria Luisa Iannuzzo, Federica Bellerba, Francesco Cecconi, Luca Scorrano), che spiega come la chiusura delle scuole, per limitare la diffusione del Covid, non sia supportata da evidenze scientifiche, in alcun modo. Non c’è alcuna prova che questo sia vero.

Ma i governi e le tv raccontano il contrario con grande sicurezza, un po' come gli Aruspici romani, verrebbe da dire, che durante l’impero leggevano il futuro nelle viscere degli animali sacrificati agli dèi per predire il futuro. 

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Anzi le infezioni da Sars-CoV-2 si verificano raramente a scuola e la trasmissione dagli studenti agli insegnanti è rara, spiegano i ricercatori. Delle due è avvenuto di più il contrario: gli insegnanti hanno infettato gli studenti (37% contro 10%, P = 0,007). I ricercatori hanno sottoposto ad analisi tutte le regioni, facendo perno soprattutto su alcune, tracciando contagi, diffusione, spostamenti degli indici e mettendoli a confronto con i risultati.

La conclusione è che anche “se l'apertura della scuola è stata considerata come il motore della seconda ondata di Covid-19 dalla stampa popolare, così come dagli opinion maker e la loro chiusura è stata predicata da diversi analisti di dati, non c’è alcuna prova che questo sia vero”.

L'incidenza di Sars-CoV-2 tra gli studenti è stata inferiore rispetto alla popolazione generale e le chiusure delle scuole non hanno alterato o determinato il tasso di Rt.

 

Gli individui di età inferiore ai 20 anni ha la metà delle possibilità di essere infettato rispetto agli adulti

E bisogna anche dire che nessuna prova “supporta un ruolo per l'apertura scolastica come motore della seconda ondata Covid-19 in Italia, un grande Paese europeo con un'elevata incidenza di Sars-CoV-2”. Anche perché le ricerche nazionali e internazionali dicono che “i bambini sembrano quindi meno suscettibili all'infezione e, se infettati, possono avere un arsenale preformato di anticorpi cross-reattivi neutralizzanti che potrebbero ridurre la probabilità di trasmissione del virus”.

Il quadro è complesso e diversi analisti hanno spinto per la chiusura ma i ricercatori italiani spiegano come “un modello matematico strutturato per età applicato ai dati epidemici provenienti da Cina, Italia, Giappone, Singapore, Canada e Corea del Sud stimi che gli individui di età inferiore ai 20 anni mostrino la metà delle possibilità di essere infettati rispetto agli adulti”.

A differenza dell'influenza, in cui gli individui più giovani sembrano rappresentare un serbatoio di virus e contribuire alla sua propagazione alla popolazione generale, questo non accade con la Sars-CoV-2.

Non a caso “nel Comune italiano di Vo 'Euganeo, dove il 70% della popolazione è stato sottoposto a screening due volte e il 2,6% della popolazione è risultato positivo, nessun bambino sotto i 10 anni è risultato positivo, anche se questi bambini vivevano nella stessa famiglia con un individuo positivo. In un ampio studio di coorte su 12 milioni di persone nel Regno Unito, si evince che il rischio di infettare e contrarre la Sars-Cov-2 aumenti con l'età”.

Ma anche se l’età la fa da padrona “anche nelle scuole superiori l'incidenza di nuovi positivi tra gli studenti è stata inferiore del 9% a quella della popolazione generale”.

In conclusione, spiegano i ricercatori, non abbiamo neanche “riscontrato un ritardo inequivocabilmente costante tra l'apertura della scuola e l' aumento di Rt”. Quindi non hanno neanche alterato il tasso di contagiosità con le misure restrittive in atto. Lo dice solo il governo e lo ripetono in tv ma senza alcun riscontro scientifico.

In più “complessivamente, questi dati indicano”, scrive la ricerca “che la chiusura delle scuole non hanno impatto sulla velocità di Rt declinata in Lombardia e Campania. Inoltre, la tendenza all'aumento dell'incidenza del Covid-19 nella popolazione generale osservata in Campania è stata concomitante a quella osservata tra gli studenti e non è stata frenata dalla chiusura delle scuole”.