Coronavirus
"Covid, con tagli ed errori si muore soli come cani.Ecco come bisogna curarsi"
La testimonianza di un medico di base calabrese
“Dotto’ ho fame d’aria, ho un peso in mezzo al petto e mi sento soffocare, sono positivo al tampone rapido, ho febbre alta da tre giorni e non passa. L’ho curata con la Tachiprina per come consigliato dal mio medico perchè dice che secondo le linee guida dell’Aifa (Agenzia italiana farmaco ) i primi giorni il paziente deve stare in VIGILE ATTESA, usare solo l’antifebbrile e nel caso la febbre duri più di tre giorni si può iniziare un antinfiammatorio ed eventualmente un cortisonico. Dimenticavo di dirti che ho perso il gusto, non sento gli odori e mi sento molto stanco. E’ sabato pomeriggio e il mio medico non è reperibile fine settimana. Che posso prendere oltre la Tachipirina? Che devo fare? Mio figlio emigrato in una città del Nord mi ha detto che dovevo chiamare l’Usca (Unità sanitaria continuatà assistenziale).
Mi hanno risposto dopo due ore perchè sono travolti dall’emergenza e l’organico sanitario è scarso. Una gentile dottoressa mi ha detto che per intervenire l’Usca avrebbe dovuto scrivere loro una mail il mio medico di famiglia riportando le mie notizie cliniche. L’ho ringraziata e le ho detto che lunedì avrei contattato il mio medico di mattina presto, sperando di non trovarlo occupatissimo con i tanti pazienti abituali e gli avrei chiesto gentilmente di scrivere la mail ai medici dell’Usca così mi avrebbero messo in lista per essere visitato a domicilio.
Mi sento malissimo ma ho paura di andare in ospedale perchè ho vissuto una vita da solo e non voglio morire come un cane senza vedere mio figlio e i miei nipoti per l’ultima volta. Lo so che tu sei in pensione ma sei stato il mio medico per una vita e so che saprai consigliarmi. Che posso fare dottò?”
Ho dovuto insistere molto con Rocco, insegnante a riposo di 76 anni, affetto da Covid sintomatico con pluripatologie, ad alto rischio. Alla fine sono riuscito a convincerlo che l’unica soluzione a questo punto era chiamare il 118, sperare di trovare un posto libero e ricoverarsi in ospedale a Cosenza distante 2 ore di auto da Cariati, il nostro paese sede di uno degli ospedali calabresi chiusi. Ospedale in ottime condizioni strutturali e fornito di tanti erogatori di ossigeno perfettamente funzionanti. Gli ho spiegato che l’unico modo per avere qualche speranza di rivedere i suoi affetti restava ormai il ricovero in situazione di gravità. Quel sabato sera, per Rocco, non aveva più il sapore della vigila della festa di Leopardiana memoria, ma il fiele dell’incognita e della paura. Dopo averlo salutato e avergli fatto gli auguri di riabbracciare al più presto il figlio e i nipoti ho chiuso il telefono masticando dolore e rabbia.
Quanti sono i Rocco, i Giovanni, i Michele in tutta Italia che contagiati dal Covid si sono aggravati fino al punto di dover cercare di notte un posto introvabile in ospedale, in situazione di grave emergenza ?
Per un balletto assurdo fra vari esperti e miriadi di comitati scientifici, di dati, protocolli contrastanti e pessima informazione stiamo perdendo molte vite e rischiamo che si incrementi in maniera vertiginosa il numero dei 100.000 italiani già morti per il fottuto virus .
Spesso si arriva troppo tardi in ospedale, perchè il virus non viene contrastato tempestivamente a domicilio del paziente, quando i sintomi sono ancora sfumati e la malattia più controllabile.
L’Aifa (agenzia italiana farmaci) in data 9 dicembre 2020 ha emanato una nota guida ai medici per le terapie a domicilio dei pazienti Covid, in cui consiglia oltre alla vigile attesa alcuni farmaci sintomatici quali paracetamolo o ibuprofene, relegando l’uso dei cortisonici e degli antibiotici a quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro 72 ore e dell’enoxeparina solo ai casi di pazienti allettati o ospedalizzati. Contro tali note Aifa ha fatto ricorso al Tar il Comitato cura domiciliare Covid del Lazio.
Lo scorso 4 marzo 2021 il Tar della stessa Regione ha ritenuto fondato il ricorso presentato dal comitato. I ricorrenti ritenevano e ritengono giustamente che i medici nel trattare i pazienti covid non possono essere imbrigliati in prescrizioni protocollari rigide che non tengono conto delle diverse situazioni in rapida evoluzione. In particolare contestavano l’indicazione della vigile attesa dei primi giorni e il tardivo uso dei Cortisonici e dell’Enoxeparina.
E’ di pochi giorni fa la dichiarazione, con cui concordo, del professor Remuzzi, neo direttore del prestigioso Istituto scientifico Mario Negri di Milano, con cui invita a iniziare le cure sin da subito al domicilio del paziente.
Cure a domicilio da iniziare ai primissimi sintomi sospetti in presenza di tampone positivo ma anche in assenza di esso o in attesa del suo esito.
Per sintomi sospetti si intendono febbre, tosse, dolori muscolari, alterazione del gusto e dell’olfatto, marcata astenia, a volte diarrea. Sintomi che possono coesistere ma anche presentarsi in maniera isolata.
Il professor Remuzzi indica fra le cure immediate gli antinfiammatori come la Nimesulide 100 mg ,oppure l’Aspirina 500 mg, oppure Celecoxib 200 mg oppure nei casi con febbre persistente Cortisonici ed Enoxeparina.
Altri, invece di fare una comunicazione chiara, utile, lineare e comprensibile, come alcuni organismi scientifici e alcune star della Medicina, in contrapposizione spesso con i colleghi, producono fiumi di parole scritte che inondano, attraverso tg e talk show di grido le nostre case e confondono i nostri pensieri.
Il più delle volte sfoggiando citazioni di studi, grafici incomprensibili, acronimi oscuri sparati in un inglese che fa scena e più credibilità scientifica.
Nessun consiglio pratico o parola spesa per indirizzare il paziente frastornato a come comportarsi difronte ai primi segnali della malattia, nei casi in cui ha difficoltà a comunicare con il proprio medico.
Capita, come per Rocco della storia, che i sintomi sospetti insorgano venerdì sera, quando i medici di famiglia hanno staccato dal lavoro ed è difficoltoso contattarli telefonicamente. E allora? Che deve fare il paziente?
“Dottò ho capito, la diagnosi, la prognosi, gli esami, ma mo chi m’adda pijare? Che devo prendere?”
Quante volte, durante il mio vecchio lavoro di medico di famiglia mi sono sentito rivolgere questa legittima e umana domanda.
Per tutti quei pazienti che si trovano nelle condizioni di Rocco, quelli che hanno sintomi covid, insorti magari nel fine settimana, cercherò di dare qualche consiglio terapeutico per contrastare o perlomeno attenuare fin da subito l’azione patogena del virus.
Come avevo già fatto in un post social qualche mese fa riporterò un modello di terapia basato sulle indicazioni di protocolli ufficiali e sul buon senso pratico dell’ex medico di famiglia.
Sin dai primi sintomi di Covid (febbre, tosse, dolori muscolari, alterazione del gusto e dell’olfatto, marcata astenia. Sintomi che possono coesistere ma anche presentarsi in maniera isolata):
-Cortisonici sin da subito come Desametasone (soldesam) gocce (20 gocce dopo colazione al mattino in presenza di sintomi sfumati altrimenti passare a 32 gocce mattina e sera a stomaco pieno). In alternativa vanno bene anche altri cortisonici come il betametasone (Bentelan 1 mg una compressa dopo colazione e cena)
-Azitromicina 500 una compressa al di lontano dai pasti per 5 giorni. E’ un antibiotico utile in caso di sovrinfezione batterica e nel dubbio è bene prenderlo.
-Enoxeparina 4000 fl una fiala al di da fare sottocute(nda trippa). Utilissima per contrastare i casi di trombosi diffusa provocata dal Covid.
-Per i pazienti diabetici invece di ricorrere ai cortisonici si può utilizzare come antinfiammatorio Ibuprofene 600 buste ( una dopo pranzo) oppure Celecoxib 200 una dopo pranzo, oppure Asirina 500 una dopo pranzo. Un protettore gastrico da prendere al mattino come Pantoprazolo, Omeprazolo, Lansoprazolo, Esomeprazolo. Uno di questi.
-Tachipirina in caso di febbre alta
-Fermenti lattici come Enterogermina o Yovis in caso di diarrea. Qualsiasi tipo di fermenti va bene.
Ricordo a tutti che in ogni caso per prima cosa deve essere contattato il proprio medico di famiglia che conoscendo la vostra storia clinica saprà indicarvi la terapia migliore. Nel caso malaugurato questo non fosse possibile e dovreste avere problemi nei giorni festivi o nei fine settimana mi sentirei di condividere il pensiero del prof. Remuzzi : iniziate ai primi sintomi la terapia. In caso di peggioramento avvisate il 118. Chi può controlli anche la saturazione dell’ossigeno con il pulsossimetro che si vende in farmacia. Il valore limite è indicato in 92/93. Sotto questo valore può starci già una sofferenza respiratoria.
I vostri medici non sono obbligati preventivamente a prescrivere questi farmaci o altri di loro fiducia su ricettario SSN, in assenza di sintomi.
Si possono prendere con ricetta bianca, a pagamento e tenerli di scorta.
Il costo è contenuto.
Intervengano con urgenza il presidente del Consiglio Mario Draghi e il Ministro Speranza affinché si uniformi un protocollo medico nazionale per le terapie domiciliari e per l’implementazione delle unità Usca (Unità speciali territoriali per i pazienti covid ) in tutte le regioni. E si attivino per riaprire al più presto gli ospedali calabresi chiusi da circa 11 anni, come quello di Cariati, in condizione di rientrare nella rete ospedaliera per acuti e diventare anche un presidio covid prezioso e necessario.
E sarebbe utile probabilmente che le reti televisive oltre a dare le notizie drammatiche e fare spettacolo e share sul dolore, diano, magari più volte al giorno, notizie utili sulla tempestiva e necessaria terapia domiciliare. In maniera semplice e chiara. Per avere perlomeno più difese e più energie per contrastare questo fottuto virus.
Così come avviene per le pubblicità progresso dovrebbero scorrere sugli schermi tv i nomi dei farmaci da tenere in casa per prudenza. Prima di finire nel baratro.
Mai più drammi come quello di Rocco, costretto a partire di notte su una ambulanza con una tremenda fame d’aria nei polmoni e il pensiero di morire solo come un cane.
*Cataldo Perri medico di Medicina Generale in pensione.