Coronavirus
Covid, lo scienziato che lo predisse a dicembre 2019 fu tacciato di allarmismo

Alessandro Vespignani come Cassandra: “Probabilità che la trasmissione del Covid in Italia sia iniziata a metà dicembre e non per importazione”
Il mancato monitoraggio e l’approccio non corretto con l’individuazione dei soggetti a rischio (test solo per gli sbarchi dalla Cina) ha fatto sciaguratamente il resto. Tant’è che – chiosano gli esperti - «se i criteri iniziali fossero stati più ampi sarebbe stato possibile identificare focolai locali e controllare meglio l’epidemia».
Ma a suffragare la tesi della circolazione in tempi non sospetti (come si ricordava poc’anzi) fu principalmente lo stesso Alessandro Vespignani ben tre mesi prima che dalle nostre parti si praticasse il lockdown, datato 10 marzo. In sostanza e riassumendo - come rammemora la sorella Veronica Gentili (conduttrice in forza a Mediaset) nel suo libro “Gli Immutabili” - era la metà di dicembre (’19), egli, di passaggio in Italia per qualche giorno, annunciava la comparsa di un virus che rischiava d’invadere il mondo.
C’è chi lo considerava una sorta di Cassandra, ma sia lui che la sua equipe non si sbagliavano. Il luminare di Boston sosteneva che il nuovo virus comparso in Cina, di cui avevamo letto in qualche trafiletto tra le notizie estere, rischiava di espandersi a breve anche in Europa e che, essendo estremamente contagioso, avrebbe potuto mettere sotto pressione le nostre società. Rivelazione poi divenuta tragica realtà.
Pochi “passi” più avanti, in un’intervista a TPI nel pieno del blocco totale, sempre previdentemente ammoniva: «per la fase 2 bisogna testare, tracciare e trattare (le tre T). Da qui non si scappa. Noi siamo quelli che fanno le previsioni del tempo, ma non abbiamo la foto di un vortice da mostrare al mondo. Per fortuna, al contrario dei metereologi, dopo aver individuato l’uragano, possiamo attenuarne l’impatto».
Che dire, con il senno di poi e riavvolgendo il nastro, a distanza di quasi 24 mesi dalle prime news provenienti dall’Asia, forse oggi le parole di questi scienziati hanno sia un senso che un peso ragionevolmente diverso rispetto all’apatia generale e diffusa degli embrionali (mal compresi e sottovalutati) segnali d’allarme, con buona pace dei giacobini di turno.