Figli, se ne fanno sempre meno: faccenda troppo scomoda, pesante e rischiosa
Sempre meno figli? Si è resa la filiazione una faccenda così scomoda, pesante e rischiosa, che molti la rifiutano. Forse non c’è bisogno di altra spiegazione
Di Gianni Pardo
Le donne italiane sono scese ad un preoccupante 1,26 figli ciascuna. Come mai?
Innanzitutto è sbagliato parlare soltanto delle donne. I figli si fanno in due e certo gli uomini, in materia, dicono la loro. Non si sta dando il torto – se torto è – agli uomini: si vuole soltanto dire che il problema riguarda tutti. E tutti, oggi, sembrano risolverlo nel senso di non crearselo.
Inoltre, non soltanto è diminuito il numero complessivo dei bambini, ma è soprattutto diminuito il numero dei “primi bambini”. Le coppie non si astengono dall’avere figli perché ne hanno già tre o quattro, non vogliono averne neppure uno. E ciò mette in discussione il fatto che la natalità sia calata per motivi economici. Mantenere cinque figli è un’impresa, mantenerne uno sarebbe un carico molto minore e tuttavia anch’esso è rifiutato.
Una demografa professionista afferma giustamente che un tempo la prima ambizione di una donna era quella di divenire madre e di avere molti figli. Oggi le donne hanno altri scopi, nella vita. Ma rimane da spiegare questo cambiamento e una risposta potrebbe essere nell’attuale boom dell’umanità.
L’istinto della procreazione serve alla sopravvivenza della specie, e infatti avere figli è più nell’interesse della specie che dei singoli. Basti vedere le cure pesantissime che si impongono alcuni uccelli per nutrire la prole. Così, finché la specie umana è stata in bilico – come dimostra il lentissimo incremento del numero degli esseri umani, per molti millenni – la pressione della società per indurre gli individui ad avere figli è stata enorme. A ciò contribuiva del resto la notevole mortalità infantile e la brevità della vita media. Ciò spiega perché già la Bibbia abbia condannato aspramente le pratiche anticoncezionali di Onan (che Dio fulminò) e la Chiesa addirittura abbia vietato il sesso per il piacere del sesso. I costumi erano in linea con questi principi. Di una coppia senza figli si diceva che era “sfortunata” ma quasi sottintendo una punizione divina. Forse la donna era sterile, dunque una minorata, o l’uomo era impotente, supremo disonore.
Oggi invece il problema è quello della sovrappopolazione e le coppie, magari all’oscuro delle passate vicissitudini demografiche, non sentono affatto la necessità di proteggere la specie. A momenti – si pensi all’immigrazione – sentono il bisogno di proteggersi dalla specie.
Attualmente la decisione riguardo alla filiazione è molto influenzata dai giudizi e meno dai pregiudizi. E non si può negare che i figli costituiscano un’impressionante limitazione della libertà. La cosa diviene evidente non appena una coppia d’amici ha un figlio. Per cominciare il costo economico è notevole. Poi l’impegno è reso più gravoso dal fatto che molte donne lavorano anche fuori casa e l’uomo è chiamato ad occuparsi del pupo. Soprattutto se non ci sono i nonni a portata di mano, la vita si complica moltissimo.
Ma ciò riguarda i primi anni del bambino. Il peggio – pare impossibile – viene dopo. Una volta i genitori erano tenuti a nutrire, curare ed educare i figli. Oggi sono tenuti a servirli, accompagnandoli in automobile dovunque debbano recarsi. Non è nemmeno lecito lasciarli andare da soli a scuola, almeno fino alla pubertà. I loro impegni, tra scuola di calcio, danza, lezioni di musica, incontri con gli amici, feste di compleanno e chissà che altro, fanno dei genitori i loro autisti. La quantità di corvée è tale che, vedendovi impegnati gli amici, molti in cuor loro dicono: “Fossi matto”. Infine le leggi hanno peggiorato la situazione. I genitori sono tenuti a foraggiare i figli (benzina, viaggi e preservativi inclusi) anche fino a trent’anni e oltre. Fino a che – dice la legge – completato il corso di formazione lavorativa (per esempio la specializzazione in medicina), non abbiano trovato un lavoro. In altri termini, finché non potranno o vorranno lavorare. La cosa atterrisce, soprattutto dopo aver letto che in casi come questi i figli fanno causa ai genitori e la vincono. La legge è sempre dalla loro parte.
Non c’è da meravigliarsi che il numero dei figli sia tanto diminuito. Significa soltanto che la gente si rende conto di ciò che comporta averne.
Naturalmente è invidiabile la sorte di coloro che hanno avuto dei rampolli ordinati e affettuosi, che crescendo sono stati per loro un motivo d’orgoglio. Se si potesse avere l’assicurazione che le cose vadano così, chissà quanta gente avrebbe più figli. Ma questa assicurazione non può esistere. E non basta dire: “Io li saprei educare”. Questa è una crudeltà nei confronti di tanti genitori che hanno fatto del loro meglio, e a volte hanno avuto il solo torto di avere amato troppo i figli.
Questo è un punto interessante. Chi ha viziato i figli ha soltanto obbedito alla società contemporanea. I giornali parlano della “crudeltà” delle maestre d’asilo nei confronti dei bambini ma nessuno dice in che modo si può ottenere che non infilzino il compagnetto con la forchetta o non cerchino di saltare giù dalla finestra. Oggi chi cerca di imporsi ai bambini è una sorta di Erode.
Nel complesso si è resa la filiazione una faccenda così scomoda, pesante e rischiosa, che molti la rifiutano. Forse non c’è bisogno di altra spiegazione.
giannipardo@libero.it