L'istruzione delle donne, la vera arma contro l'estremismo
di Paola Serristori
La donna dà la vita. Com'è possibile che il suo ruolo sia meno importante nel corso dell'evoluzione della società? L'uomo ha voluto creare un sistema patriarcale e conservarlo, per assicurarsi il dominio. Su questo paradigma si è sviluppato il fenomeno più recente, l'avanzata dell'Isis in Iraq, Siria, Libia, l'alleanza con la setta Boko Haram in Africa. Boko Haram significa: “L'istruzione occidentale è proibita”. Non è un caso. L'istruzione è l'arma vincente per comprendere e sottrarsi a chi ci vuole sfruttare. Il controllo dell'educazione, all'opposto, rafforza la posizione di potere.
In occasione della Giornata della Donna 2016, l'UNESCO ha organizzato una tavola rotonda sul ruolo delle donne contro l'estremismo e la radicalizzazione, da vittime a figure chiave del cambiamento. Tra le invitate, la giovane nigeriana rapita dai fanatici di Boko Haram. Fanatici come lei stessa, nata in una famiglia religiosa e musulmana praticante, non ha avuto difficoltà a riconoscere. L'incontro disgraziato con uno di loro era avvenuto quando lei aveva solo quattordici anni, l'anno scorso. “Un gruppo di Boko Haram è entrato nella scuola - ricorda - , ha selezionato le ragazze più giovani e le ha rapite. Io mi chiedevo che cosa volevano da me? Volevano insegnarmi una religione che non è nel Corano”. Dopo diversi tentativi di fuga, insieme a due altre giovani capitate in moglie, come lei, a questi uomini perversi, durante la loro assenza per combattere una guerra in nome di un dio che non l'ha chiesta, sono riuscite a mettersi in salvo. La sua storia è stata raccolta da Mina Kaci, giornalista de l'Humanité, autrice del libro pubblicato in Francia da Michel Lafon.
In apertura dell'incontro, il Direttore generale dell'UNESCO, Irina Bokova, ha sottolineato lo svantaggio culturale di cui la donna è ancora prigioniera, citando gli ultimi dati sull'istruzione nel mondo. “Trentacinque milioni di femmine, nell'età in cui potrebbero frequentare il primo corso di studi, e 37 milioni, in età per la scuola secondaria, in realtà restano al di fuori del sistema scolastico - ha sottolineato Bokova - . Le disparità tra ragazze e ragazzi si aggravano nel passaggio alla scuola secondaria, in cui il tasso di abbandono delle femmine è più alto. Nel 2011, solo il 63% dei Paesi aveva raggiunto la parità di opportunità per i due sessi in materia di istruzione primaria, soltanto il 38% in quella secondaria. Nel mondo due adulti analfabeti su tre sono donne”.
Negando il diritto allo studio, alla conoscenza, la società patriarcale impedisce lo sviluppo di una classe di pensiero femminile. Con lo stesso metodo oscurantista, le donne sono vittime di estremismi religiosi. Il Direttore generale dell'UNESCO ha ricordato la storia di Malala, la più giovane personalità a ricevere il premio Nobel per la Pace nel 2014, attivista pachistana per il diritto all'istruzione delle donne, bandito da un edito dei talebani, che è riuscita a salvarsi ed è diventata un simbolo.
Oggi l'estremismo dell'Isis si serve di giovani donne che arruolano altre donne. Invece, dalle donne può partire la controffensiva alla violenza. L'istruzione deve fornire le radici per comprendere la brutalità dei messaggi estremisti, combattere l'ignoranza ed il pregiudizio. La Granduchessa Maria Teresa di Lussemburgo, dal 2017 ambasciatrice di buona volontà dell'UNESCO, cita le difficoltà delle donne come ulteriore debolezza che le può rendere facile prede delle tecniche di propaganda: “Oggi assistiamo alla partenza di giovani donne verso la Siria e, nello stesso tempo, alla fuga di famiglie, donne coi loro figli, dalla Siria. Dobbiamo promuovere la cultura e l'istruzione delle donne. Chi emigra si trova solo e ha bisogno di incontrare un 'maestro', qualcuno che tenda la mano e regali un sorriso. Chi non ha incontrato la mano, o il sorriso, che può salvarlo, sprofonda nella delusione, e nell'estremismo, che ne è l'espressione. Sprofonda nella 'cultura' della morte”.
L'ambasciatrice della Nigeria presso l'UNESCO, Mariam Y. Katagum, ha citato il caso di una tredicenne consegnata dal padre a Boko Haram per essere usata in un attentato suicida, ma lei si è rifiutata di far esplodere la cintura di esplosivo. Assiatou, la ragazzina rapita e fuggita da Boko Haram, che per motivi di sicurezza si è trasferita in Niger ed appare in pubblico a volto coperto, ha aggiunto: “Mio padre dice: la scuola è la luce, una persona senza istruzione è una persona dimezzata. Per combattere l'ignoranza bisogna andare a scuola. I fanatici ci obbligavano a coprirci anche gli occhi, noi ragazze non potevamo guardare intorno”.
Ameena Saeed, attivista per la protezione della minoranza Yazidi, gruppo religioso dell'Iraq, dove ragazze e donne sono state rapite dallo Stato islamico nel giugno 2014, denuncia: “Essi hanno preso la religione come pretesto per occupare il territorio iracheno e massacrare gli abitanti. Migliaia di cristiani avevano offerto di pagare un tributo e lasciare la città di Mosul, ma gli jihadisti hanno preferito ucciderli. Hanno rapito bambini per educarli al pensiero estremista e diventare suicidi. Abbiamo chiesto aiuto alla comunità internazionale, ma questo aiuto tarda ad arrivare. Per liberare le donne servono soldi, poiché chi può organizzare la loro fuga si prende un grosso rischio e non lo fa senza ricompensa, ma inviare soldi in zone di guerra non è permesso e questo complica le cose. Tremila donne yazidi sono ancora in mano all'Isis”.
Feride Acar, professore e membro di Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women, aggiunge: “L'impunità rende ancora più difficile lottare contro gli stereotipi. Il sistema del patriarcato aiuta a mantenere la dominazione maschile, le donne partecipano all'applicazione di questa ideologia. Servono risorse e volontà politica per il cambiamento”. Jayne Huckerby, Direttore di International Human Right Clinic a Duke University School of Law: “Settecento donne risultano partite dalla Tunisia per raggiungere la Siria e l'Isis. Il califfato ha bisogno delle donne e la propaganda diffonde il sentimento di appartenenza come un'esperienza eccitante. Dopodiché le donne che riescono a fuggire ammettono che la realtà era molto diversa dalla rappresentazione sui social”.
Yosra Frawes, di International Federation for Human Rights a Tunisi, aggiunge: “E' importante fare conoscere i buoni esempi. Un giovane che tentava di occupare una facoltà universitaria con le regole dei jihadisti (materie interdette, burqa per le ragazze) è stato fermato da una ragazza mentre stava per issare la bandiera dell'Isis sull'Università. Il terrorismo si nutre di povertà. Che l'istruzione sia la nostra arma di riscatto”.
Tra il pubblico in sala, una donna algerina racconta quello che accade in alcuni quartieri della banlieu parigina, dove è più forte la concentrazione di emigrati arabi: “Di sabato passano di casa in casa, suonando al campanello, per 'suggerire' alle famiglie di imporre il velo alle donne. Una seconda volta, allo stesso indirizzo, controllano che la regola venga osservata. In caso di violazione, in strada può arrivare la punizione: acido sul suo volto o sulle sue spalle. Per costringere la donna a coprirsi. Una donna deturpata si vergogna di chiedere aiuto e diventa una vittima docile per il suo aguzzino”.