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Simpson piegati al politicamente corretto: via il negoziante indiano Apu

Di Andrea Lorusso

Storie di ordinaria follia direbbe Bukowski, in questo mondo alla rovescia dove le parole perdono peso, i sensi vengono obnubilati, e la rincorsa al politicamente corretto diviene una clava che strozza la libertà di pensiero, fantasia e creatività.

Quando la battaglia sconfina nel surreale, nemmeno i cartoni animati reggono l’onda d’urto. Così dopo un trentennio di andata in onda di “Apu”, negoziante indiano del Jet Market di Springfield, dove Homer e Marge Simpson si recavano a fare la spesa, verrà cancellato.

La produzione s’è piegata ai desiderata delle comunità indiane ed asiatiche, che hanno ritenuto lesiva ed offensiva la raffigurazione nel cartoon, essendo un uomo con un accento marcato, furbo, lesto nell’aggirare la clientela.

Addirittura negli USA è stato girato un documentario in merito nel 2017, dal titolo “The problem with Apu”, dove montava l’indignazione per la “caricatura nazista”, stereotipata e razzista. Le èlite degli illuminati imbalsamati in quisquilie dalla nulla rilevanza, hanno segnato un altro punto, portando a casa il vacuo risultato.

Come quando il patron della Barilla fu costretto ad investire miliardi di dollari per chiedere scusa alla comunità LGBT, reo di difendere la famiglia tradizionale. O ancora come quando a Sanremo si va col fazzoletto arcobaleno, o quando il Ministro Salvini viene accusato per volere reintrodurre “madre – padre” sulle carte d’identità dei minori.

Poi ci si chiede ancora perché, un buzzurro come Trump, abbia potuto cambiare il corso del Secolo. Se le battaglie intellettuali sono queste, allora il populismo avrà da governare per almeno cent’anni.

 

 

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