Sisal si racconta: la schedina specchio del costume italiano dal '46
Nella storia di Sisal, a partire dalla prima schedina nel '46, c'è l'evoluzione del nostro costume dal dopoguerra a oggi. Un nuovo libro ne racconta gli inizi
Sisal e la storia del costume italiano in un nuovo libro e in un progetto
La storia di Sisal racconta l'evoluzione del costume italiano dal dopoguerra in poi. Alla schedina Sisal, poi Totocalcio, è dedicato un capitolo del libro di prossima uscita Icone d'Impresa. E per valorizzare questo patrimonio storico culturale è nato il progetto Meic, acronimo di memoria, evoluzione e identità condivisa.
La storia del costume attraverso Sisal
Un grande lavoro che riserva sorprese quotidiane, come racconta la curatrice Cristiana Schiopu, Executive Communication Manager di Sisal: “proprio oggi la signora Annamaria Pipitone, ultraottantenne la cui famiglia ha ricevitorie ad Asti e Alessandria fin dal 1946, ci ha mandato un pacco pieno di foto, testimonianze, articoli dal '46 a oggi. È un contributo meraviglioso, una traccia della loro vita con le foto di quando ballano per festeggiare varie vincite nel corso del tempo. Per valorizzare questa grande voglia di raccontarsi l'anno prossimo contiamo di interpellare tutte le ricevitorie e raccogliere altre testimonianze, per poi poterle raccontare».
L'Archivio storico del Gruppo Sisal
Il progetto Meic ha preso le mosse nel 2012. “Abbiamo lavorato a quattro mani con l'amministratore delegato di Sisal Emilio Petrone. È stato un lavoro impegnativo, e quest’anno, in occasione del settantesimo anniversario di Sisal, abbiamo visto i risultati” dice la curatrice. Il progetto ha portato alla creazione dell’Archivio storico del Gruppo Sisal, associato di Museimpresa, l'associazione dei musei e degli archivi d'impresa che ha l'obiettivo di raccontare l'evoluzione economica, sociale e culturale del nostro Paese. Proprio Museimpresa ha promosso la pubblicazione del nuovo volume Icone d'impresa, scritto da Francesca Molteni, che racconta tra l'altro l'affascinante vicenda della nascita della schedina Sisal, poi Totocalcio.
La nascita di Sisal
“Fu il giornalista sportivo triestino Massimo Della Pergola ad avere l'idea durante la prigionia in un campo di lavoro svizzero, in quanto ebreo. Finita la guerra e rientrato in Italia contatta i colleghi Fabio Jegher e Geo Molo, anch'essi ebrei. I tre si fanno forza e fondano nel settembre 1945 la Sisal, parziale acronimo di Sport Italia Società a responsabilità limitata” racconta Cristiana Schiopu. A quel punto vanno a Roma e presentano il progetto, ma nessuno sembra ascoltarli. “Nessuno ci credeva alla mia Sisal, quando andavo al coni dicendo che con quei soldi si sarebbero ricostruite le piste di atletica, le palestre, gli stadi, mi rispondevano: è arrivato quello dei regali milionari. Ma io ero deciso, ero un idealista” racconta Della Pergola, citato nel volume Icone d'impresa.
Alla fine è il ministero dell'Interno a dare l'ok all'organizzazione del gioco, specificando che è per la ricostruzione dello stadio e degli impianti sportivi dopo la guerra. È un trionfo. Nel 2007 le ricevitorie sono già 11mila (oggi si sono superate le 45mila). In due anni si giocano più di 2 miliardi e mezzo di schedine, che, messe in fila, misurano 390.000 km, dieci volte il giro del mondo. Ai giocatori si distribuiscono premi per 6.808.470.828 lire. Allo Stato e allo sport, 5.540.355.124 lire che contribuiscono in modo significativo alla ricostruzione degli impianti sportivi. Un imprinting che resta nel dna aziendale Sisal: “abbiamo sempre continuato, anche in questi anni, con sponsorizzazioni e partnership che hanno un occhio di riguardo per il sociale, in un'ottica di give back”.
Questa storia straordinaria si trova in versione smart sul sito www.unastorianatapergioco.sisal.com. E si trova su materiale cartaceo nell'Archivio storico del Gruppo Sisal, che organizza visite guidate a ingresso gratuito solo su appuntamento nella sede di Peschiera Borromeo (per prenotazioni, meic@sisal.it). È qui che si può fare una scoperta intrigante: il fronte delle schedine contiene le scommesse, ma sul retro si trova una storia in testi e immagini del costume italiano: “ci sono annunci di lavoro, pubblicità della brillantina, avvisi alla popolazione di guasti alle ferrovie... Nel '48 ci fu anche una sottoscrizione a favore dei disoccupati. E poi c'è il giornale Sport Italia che accompagna tutto quel che accade con tanto di foto e racconti dei vincitori” racconta la Schiopu. A partire dal primo, Emilio Biasotti, dipendente di un'azienda farmaceutica che il 5 maggio 1946 azzeccò tutti i pronostici anche se non sapeva nulla di calcio, vincendo 426mila lire, una gran cifra a quei tempi. Ma protagoniste sono anche le ricevitorie: “Negli anni Sessanta le ricevitorie erano invitate da Sport Italia a inviare in redazione una loro foto con una breve descrizione, e ogni settimana ne veniva scelta e pubblicata una. Ci sono descrizioni minuziose della famiglia, con segni zodiacali, cagnolini...».