Sulle tavole degli italiani non c'è pomodoro cinese
L'Anicav fuga ogni sospetto contenuto in "Rosso marcio" di Malet.
Passate, polpe e pelati rappresentano il 98,5% del pomodoro che arriva sulle nostre tavole, ed è tutto italiano. Di cinese non c’è traccia se non nell’1,5% che rappresenta il mercato dei derivati. Quelli venduti sugli scaffali dei supermercati sono pertanto ottenuti da prodotto 100% italiano. Lo chiarisce l’Anicav, l’Associazione degli industriali conserve alimentati e vegetali: pomodori pelati, passata, pomodorini e polpa possono essere prodotti solo da pomodoro fresco che deve essere lavorato in azienda entro 24/36 ore dalla raccolta. “Lavorare prodotto fresco proveniente da altri Paesi sarebbe impossibile per la distanza, oltre che antieconomico per l’impatto sui costi. Non c’è alcuna possibilità di trarre in inganno il consumatore: ipotizzare, infatti, che tali derivati possano essere ottenuti da un semilavorato, quale il concentrato cinese, è come pensare di poter trasformare una bottiglia di vino in 30 grappoli d'uva”. L’Anicav fuga così ogni sospetto contenuto in “Rosso marcio”, il libro-inchiesta di Jean Baptiste Malet, collaboratore di Le Monde e Charlie Hebdo, che sulle tavole degli italiani ci sia pomodoro cinese. “Il concentrato di pomodoro è una commodity e, pertanto, può essere prodotto ovunque con standard qualitativi equivalenti. Le aziende italiane trasformano mediamente oltre 5 milioni di tonnellate di pomodoro fresco all'anno e importano circa 200mila tonnellate di concentrato di pomodoro da diversi mercati mondiali, quali la Cina, gli Usa, la Spagna, il Portogallo e la Grecia. Viene però rilavorato e le aziende italiane ne esportano più del doppio! Pertanto, la produzione e la rilavorazione del concentrato è destinata essenzialmente al mercato estero, generando un volume di affari di circa mezzo miliardo di euro e qualche migliaia di occupati. Una maggiore produzione agricola di pomodoro, quindi, dovrebbe essere favorita da un sostanziale incremento dei consumi di derivati più direttamente legati al made in Italy, come i pelati e la polpa di pomodoro, oltre che alle passate”. L’Anicav ribadisce di aver sempre ritenuto fondamentale il dialogo con tutta la filiera per incrementare la produzione di qualità e favorire la conquista di nuovi mercati. “L’industria è disponibile a qualsiasi ragionamento sulla trasparenza in etichetta, nella consapevolezza che una norma che vale solo per l’Italia avrebbe un’efficacia molto relativa”. E a testimonianza di ciò ricorda che proprio dagli industriali del settore è partita la proposta di estendere, a livello comunitario, l’obbligo di utilizzare esclusivamente pomodoro fresco per la produzione di passata. Così come già avviene in nel Paese. E lo stesso decreto interministeriale dei ministri Carlo Calenda (Mise) e Maurizio Martina (Politiche agricole) sull’etichettatura di origine dei derivati del pomodoro, sollecitato dall’Anicav e dalle organizzazioni nazionali degli agricoltori, completa “un percorso già avviato dalle aziende associate all’Anicav in materia di trasparenza e sicurezza alimentare rendendo obbligatorio ciò che già facevano indicando sull’etichetta la provenienza italiana del pomodoro”.