Costume
Vinicio Capossela ci “concia per le feste”: a Milano è già Natale
Capossela: “Nella Festa, tutti sono attori di una costruzione collettiva, uno spirito di ritrovata partecipazione attiva contro la passività del tempo ordinario”
Vinicio Capossela: Milano, Carroponte. L’ultima delle quattro serate del “conciati per le feste tour” è l’apoteosi dell’universo artistico del cantautore
Vinicio Capossela è geniale. Certo, potrebbe sembrare una dichiarazione di parte, non esattamente super partes come vorrebbe la deontologia. Eppure, se risaliamo all’antica locuzione dei bisnonni latini, “stare al di sopra delle parti” suggerisce un concetto di visione globale: un punto di osservazione posto in altitudine, libero da ostacoli, preciso.
Un privilegio che chi ne è dotato non può ignorare, ma deve invece utilizzare per guardare meglio, comprendere meglio, e soprattutto, poi, raccontare meglio. Essere super partes per un artista, significa elevarsi al di sopra delle cose per coglierle nella loro essenza e comunicarle attraverso la propria arte, il divertimento e la “festa” – strumenti quanto mai necessari in questi anni guastafeste – per svelarci ciò che stiamo ignorando o dimenticando.
E così ritorna Capossela, portando in scena l’apoteosi del suo universo artistico: magia, storia, miti, il grottesco, la quadriglia, i matrimoni, le credenze popolari, le feste in piazza, il Natale, Sante Nicola, il circo, il paese, le radici, il futuro, la sopportazione, la liberazione.
Il tendone dello Chapiteau delle Meraviglie, allestito per l’occasione al Carroponte di Sesto San Giovanni, è stato il palcoscenico ideale per trasformare un concerto in un vero e proprio rito collettivo. Vinicio Capossela, eccentrico cantautore e sensibile cantastorie, ha chiuso qui la sosta milanese (4 serate al Carroponte) del suo tour Conciati per le feste: un viaggio onirico e festoso, ma al tempo stesso riflessivo e coinvolgente. Come suggerisce il titolo, è un invito a “vestirsi” per celebrare la vita e il tempo della festa.
Perché il Natale può essere un’occasione per sentirsi nati di nuovo, un giorno che appartiene a tutti e non a uno soltanto. Perché tutti meritiamo di festeggiarci e di partecipare, con il gesto più semplice e potente che esista: sorridere.
Vinicio Capossela, Natale fuori stagione: musica, fiabe e monologhi urgenti. Una festa collettiva che sa di poesia e malinconia
La serata si è aperta in un’atmosfera surreale, grazie al mago-punk Christopher Wonder, protagonista di numeri circensi retrò, irriverenti e decisamente sopra le righe. Un preludio perfetto al mondo fiabesco e grottesco ai limiti del malinconico che Capossela ha saputo creare nel corso di circa due ore di spettacolo.
Sin dalle prime note, il concerto ha sfidato le aspettative. La versione intima e ribelle di White Christmas, cantata inginocchiato davanti al pubblico prima di esplodere in una ritmica travolgente, ha dato il via a una scaletta che mescola in modo sapiente tradizione e sperimentazione. Non sono mancati omaggi alle radici musicali che hanno ispirato il nuovo album Sciusten Feste N.1965: il folklore italo-americano di Lou Monte e Nick Apollo Forte, le influenze swing di Louis Prima e le atmosfere natalizie reinterpretate con l’ironia e l’intensità tipiche di Vinicio.
Tra giochi di magia, prove di equilibrio, balli, letture da “on the road” di Kerouac, alberi di Natale umani, donne lampadario, momenti di cabaret, Capossela, come sempre istrionico, non si è limitato solo a cantare. Ogni brano è stato un tassello di una narrazione più ampia, fatta di monologhi intensi, riflessioni profonde e momenti di puro divertimento. In Voodoo Mambo, mixato con Mambo Italiano, raccordato al suo Allora Mambo l’artista ha giocato con le radici della musica popolare, mentre al pianoforte ha regalato un’interpretazione struggente di Tom Waits, raccontando la malinconia intrinseca delle festività.
Non sono mancate le incursioni nella realtà più attuale e scomoda. La rilettura di “Santa Claus is coming to town” diventa un omaggio ai riders, con Babbo Natale paragonato a loro nel suo incessante portare doni, ma si trasforma anche in una critica al consumismo natalizio, culminando in un epilogo tragico: il santo che si toglie la vita nel retro di un ipermercato. Vestito da Sante Nicola, un improbabile santo “di un paese qualsiasi del sud”, accompagnato da un Krampus “pieno di zecche rosse”, Capossela ha affrontato temi come la condizione dei carcerati, l’ingordigia, consumismo sfrenato, le disuguaglianze sociali e la tragedia delle guerre, con una dedica accorata alle vittime innocenti della Palestina.
È il momento dello spettacolo in cui il suo sguardo si sofferma sull’aspetto più drammatico che può celarsi anche dietro la gioia più sfrenata. Uno spettacolo che, pur celebrando il tempo della festa, non ha mai trascurato la sua dimensione più “urgente”: quella del presente, del tempo di adesso. Un oggi che seppur complicato, sa affrontare anche i temi più “impegnati” con ironia e profondità, coinvolgendo tutti in un’esperienza collettiva.
La conclusione della serata è stata un abbraccio collettivo, letteralmente: su invito dell’artista, il pubblico si è stretto sulle note di Il friscaletto (Eh cumpari), trasformando il Carroponte in una pista da ballo sotto una pioggia di coriandoli, palloncini e festoni. Un finale che ha suggellato lo spirito dello show: una festa fuori stagione, malinconica e gioiosa, capace di liberare l’anima, anche solo per una notte.
Vinicio Capossela si conferma ancora una volta capace di trasformare il palco in un luogo magico, dove musica, teatro e poesia si intrecciano per creare qualcosa di unico. Conciati per le feste non è un semplice concerto, ma un invito a “vestirsi” di rinnovata luce e di ritrovata essenza, con la consapevolezza che ogni festa, come ogni canzone, è un rito tanto effimero quanto necessario.
Così d’ultimo, la preghiera, la benedizione. Con l’aiuto del giovane cantautore Gobbi (che lo ha accompagnato in alcune date del suo ultimo tour europeo) Capossela si congeda con Ovunque Proteggi, le cui parole prendo in prestito, senza diritto di riscatto, per congedare questo breve racconto: “Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore, adesso e per quando tornerà il tempo di partire, il tempo di restare, il tempo di lasciare, il tempo di abbracciare. Ovunque proteggi, proteggimi dal male; ovunque proteggi la grazia del tuo cuore