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Arcuri, la sua verità sulle mascherine: "Solo il 7,6% era proveniente dalla Cina"
L'audizione dell'ex commissario straordinario per l'emergenza Covid
Arcuri e le mascherine cinesi: l'ex commissario racconta tutto
Domenico Arcuri rompe il lungo silenzio e torna a parlare dopo le accuse sulla sua gestione da commissario per l'emergenza Covid. Arcuri è stato ascoltato dalla Commissione parlamentare Covid. "Ho ascoltato - ha detto davanti alla commissione e lo riporta Il Fatto Quotidiano - una spy story infarcita da non documentate illazioni. E decido di dare mandato ai miei legali di verificare se ci siano le condizioni per dover tutelare la mia persona, l’operato della struttura commissariale e quella stagione". Dopo quasi quattro anni di silenzio auto-imposto, l’archiviazione per l’accusa di corruzione prima e di peculato poi e da ultimo il non luogo a procedere per l’ipotesi di abuso d’ufficio, Arcuri racconta al sua verità sulla sua gestione da commissario Covid.
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"I produttori cinesi - spiega Arcuri e lo riporta Il Fatto - hanno fornito 800 milioni di dispositivi, il 7,6% del totale acquistato dal commissario. Percentuale sideralmente lontana dal quasi monopolio e questa è un'evidenza taciuta”, ha ricordato Arcuri prima di ricostruire la genesi della fornitura attraverso il contratto che venne "sollecitato" da un funzionario del Dipartimento della Protezione civile prima della sua nomina.
E poi rescisso dalla struttura commissariale da lui guidata non certo per favorire qualcun altro, ma per le inadempienze del fornitore. "Si sostiene che la struttura commissariale ha risolto un contratto con un fornitore che doveva darci 10 milioni di mascherine (e che in 3 mesi ne aveva dati 3), in favore di una azienda che aveva già concluso le consegne (pattuite, ndr)". Arcuri poi svela alcuni numeri: "Dal 20 marzo al 30 luglio 2020, la struttura ha sottoscritto contratti con 40 aziende, 34 italiane e sei straniere, e ha acquistato 9 miliardi di mascherine".