Cronache
Battisti e il male incurabile, 25 anni senza il Mozart della musica leggera
Il 25esimo anniversario della morte di Lucio Battisti, il Mozart della musica leggera, offre l'occasione per un cenno alla sua grandezza
Lucio allora fece la più grande e bella dichiarazione di stima e di amore artistico verso Mogol, la sua anima con parola. Certo che, nel serio, qualunque sostituto ne sarebbe uscito ridicolizzato, sostituì con il grottesco, le più alte vette raggiunte dalla musica leggera italiana. Vette molto, molto più alte delle ripetitive collinette dei Beatles.
Se Battisti-Mogol fossero stati inglesi e dichiaratamente conformi alle “ideologie alla moda”, gli anglosassoni, oltre a farli Baronetti, avrebbero trovato il modo di dar loro anche un Nobel. Altro che i premi Nobel per la letteratura a Bertrand Russell, Winston Churchill e Dario Fo.
Panella aveva messo ampiamente le mani avanti dichiarando: «Per scrivere canzoni bisogna essere stupidi». Credendo di dimostrare che lui stupido non era, preferì dimostrare d’essere un furbacchione. Non riuscendo a rinunciare eroicamente ai guadagni sicuri che gli avrebbe garantito Battisti, e non potendo, nemmeno tentare di reggere il confronto con Mogol anche per un solo testo, seguì il consiglio obbligato che Battisti gli dava per primo: rifugiarsi nei falsi intellettualismi del più irritante non-senso. Neanche nella più becera rivista goliardica o nei giornaletti delle parrocchiette si leggono scempiaggini in una specie di italo-esperanto, buttate così “alla prima che mi viene in mente, basta che le sillabe siano nel numero giusto.”
Esistono fior di studi commissionati ad istituzioni e università soprattutto americane, il cui scopo era di scoprire la ricetta della canzone di successo. L’esperimento di Battisti è servito a rispondere ad una delle tante domande che i ricercatori si sono posti.
Battisti (che anni prima aveva deriso i testi non-senso) avrà certamente pensato che se gli italiani ascoltano e comperano prevalentemente dischi in inglese in cui non capiscono una parola, questo sta a significare la non rilevanza delle parole rispetto alla linea melodica e al ritmo. A parità di non comprensione, avrà pensato che un testo incomprensibile in italiano, con la dolcezza della lingua e qualche brandello di frase significativa qua e là, sarebbe stato accettato dai giovani, più di un testo in inglese...
Il flop dell’esperimento stabilisce che l’acquirente di dischi non accetta buffonate-furbate sistematiche nella propria lingua. Flop indiscutibile di vendite, di interpretazioni da parte di altri cantanti, di memorizzazione da parte del pubblico. C’è qualcuno di voi che ricorda un testo, un “verso” del poeta (anche lui!) Panella, che non sia del Don Giovanni? Tutto ciò a dispetto di un gruppetto di appassionati che ritiene il periodo panelliano di gran lunga il migliore di Battisti e da tutti i punti di vista. Da buttare via, per banalità, la produzione con Mogol.
Ricordo d'aver dedicato alla svolta linguistica drastica di Lucio, questa considerazione: Battisti battesti Battisti sul tasto dei testi! Della tua insalata russa, ne scrisse già Trilussa: se vuoi l'ammirazione degli amici, non far capire mai quello che dici...