Cronache
Caso Assange, Londra concede l'appello contro l'estradizione negli Usa
Il cofondatore di Wikileaks Julian Assange può presentare un nuovo ricorso contro la sua estradizione negli Stati Uniti
Assange, la decisione dei giudici dell'Alta Corte britannica sul caso del giornalista accusato di aver pubblicato documenti segreti negli Usa
Il cofondatore di Wikileaks Julian Assange può presentare un nuovo ricorso contro la sua estradizione negli Stati Uniti. Lo hanno deciso i giudici dell'Alta Corte britannica. Nella sentenza, inoltre, i giudici hanno anche chiesto al governo di Washington di fornire entro tre settimane ulteriori garanzie sul fatto che, se estradato, i diritti del giornalista accusato di spionaggio saranno rispettati. E, soprattutto, che non rischierà la pena di morte.
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Assange, il caso del giornalista accusato di aver diffuso documenti segreti La decisione dell'Alta Corte britannica è stata quindi rinviata al 20 maggio. Nel frattempo il governo di Washington dovrà dimostrare che Assange può fare affidamento sul Primo Emendamento della costituzione americana, che protegge la libertà di parola. Inoltre non dovrà subire pregiudizi durante il processo o la sentenza per la sua nazionalità australiana e non dovrà rischiare la pena capitale. "Se tali assicurazioni non verranno fornite, verrà concesso il permesso di ricorrere in appello e poi ci sarà un'udienza di appello", si legge in una sintesi della sentenza diffusa dalla Bbc.
Assange, 52 anni, sta combattendo una lunga battaglia legale con il governo britannico per evitare di essere estradato negli Stati Uniti e affrontare lì un processo per aver pubblicato, a partire dal 2010, circa 700mila documenti militari e dispacci diplomatici riservati di Washington. Dal 2019 è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a Londra senza essere stato sottoposto a un processo. Sulla testa del giornalista negli Stati Uniti pendono 18 capi di imputazione e una possibile condanna a 175 anni di carcere per aver divulgato migliaia di file riservati denunciando anche abusi commessi dalle forze armate americane in Iraq e Afghanistan. E' accusato di aver violato il National Espionage Act, la legge sullo spionaggio americana, che risale al 1917. Il 21 febbraio scorso gli avvocati James Lewis e Claire Dobbin, che hanno rappresentato gli Stati Uniti durante un'udienza dell'Alta Corte di Londra, hanno affermato che il giornalista australiano aveva ''messo a rischio delle vite" diffondendo documenti statunitensi riservati e per questo motivo dovrebbe essere estradato per affrontare la giustizia americana.