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"Andrea Prospero? Il suicidio di Perugia caso emblematico di vita virtuale. Tra di noi un esercito di giovani Hikikomori”

Psicologa ed esperta dell'Osservatorio Infanzia, Maria Rita Parsi rilancia l'allarme: “Il suicidio di Perugia caso emblematico di vita virtuale”

Caso Prospero, l'esperta Parsi: “Tra di noi un esercito di giovani Hikikomori”

Il caso di Andrea Prospero, lo studente di Lanciano morto suicida a Perugia scuote le coscienze. Ma Maria Rita Parsi, psicologa e psicoterapeuta e componente dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza ricorda la sua denuncia fatta negli Anni Duemila sul disagio giovanile: “Io lo dissi che avremo finito per trovarci nella situazione denunciata dallo psicologo Tamaki, quella dei ragazzi Hikikomori. Prospero era uno di loro. E i due ragazzi romani che gli hanno venduto i farmaci e lo hanno aiutato a togliersi la vita hanno lo stesso profilo”.

Dottoressa Parsi, quanti Andrea Prospero potrebbero popolare le nostre scuole e università?

“Si parla tanto di Generazione Z invece la generazione è H. H come Hikikomori e quindi ce ne potrebbero essere moltissimi. E con famiglie disfunzionali e sgangherate che nessuno ha educato e formato, potrebbero essercene tantissimi, considerando che molti di questi genitori vivono anch'essi nel virtuale”.

Possiamo tracciare un profilo di questo ragazzi?

“Intanto sono nativi digitali e si creano un mondo immaginario con contatti e amicizie che non sono reali. Il caso Prospero è emblematico perché aveva contatti con dei perfetti sconosciuti e uno è riuscito a vendergli la morte, l'altro a spingerlo”.

E le famiglie? Possibile che i ragazzi riescano a mascherare così bene?

“Io mi domando: come fa un genitore a non vedere che un figlio spende i suoi soldi per 60 sim telefoniche? E' chiaro che c'è un disturbo e ora penso con grande tristezza all'effetto che avrà la morte di Andrea sulla sorella gemella. Lei è una sopravvissuta e avrà grossi problemi”.

Cosa passa nella testa di un ragazzo che aiuta un coetaneo a suicidarsi?

“Fa morire l'altro per una proiezione di quanto sta male lui. E' un'azione crudele come quella di un dittatore che manda a morire i giovani in guerra. Sono narcisi, maligni e non hanno il coraggio di farlo su se stessi e lo proiettano sugli altri”.

Come aiutare le famiglie a capire i segnali del disagio?

“E' una domanda alla quale nona i può rispondere. Quando dico che volevo fare l'Accademia della Famiglia non mi ascoltavano. Qui bisogna formare i genitori che sono del mondo virtuale. E le famiglie nel virtuale hanno una formazione a latere che non è quella della famiglia. Oggi le Agenzie educative sono: famiglia, scuola e mondo virtuale. Allora bisogna convincere i genitori a formarsi e la scuola deve essere messa al centro. Riempiendo la scuola, facciamo formazione degli insegnanti per raccogliere le informazioni. Sanità e Sociale sono i luoghi in cui ci deve essere un'equipe educativa, una per istituto e apriamo le scuole dal mattino alla sera”.

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