Cronache

Caso Romano, ora gli haters web rischiano davvero: reclusione fino a 4 anni

"La pena potrà aumentare del doppio quindi arrivare a due anni se verrà contestata l’aggravante dell’odio razziale o religioso"

Su Affaritaliani.it l'avvocato penalista Daniele Bocciolini descrive il rischio che stanno correndo gli utenti della rete che hanno insultato e minacciato la cooperante italiana Silvia Romano tornata in patria dopo 18 mesi di prigionia. 

Avvocato, quello perpetrato ai danni di Silvia Romano come si può definire?

Un vero e proprio crimine d’odio. Anche se in Italia non esiste una vera e propria definizione giuridica in questo senso, viene  in genere utilizzata quella elaborata dalle organizzazioni internazionali in tema di diritti umani secondo cui il crimine d’odio è un reato commesso contro un individuo spinto da un pregiudizio che l’autore nutre nei confronti della vittima, in ragione di una “caratteristica protetta di quest’ultima. Il crimine d’odio, quindi, si caratterizza per la presenza di due elementi: un fatto previsto dalla legge penale come reato (cosiddetto reato base) e la motivazione di pregiudizio in ragione della quale l’aggressore sceglie il proprio “bersaglio”. In questo caso è stata scelta Silvia. Ancora più grave il fatto che queste condotte siano perpetrate nei confronti di una donna: la maggior parte dei riprovevoli insulti sono infatti di carattere sessista. 

La rete ne è un amplificatore?

Certamente. Oggi l’odio si diffonde soprattutto attraverso il web dove il proliferare di espressioni di odio è favorita dall’idea di anonimato e di impunità. Gli autori di hate speech non riflettono sulle possibili conseguenze dei propri atti e non percepiscono il potenziale impatto dei loro messaggi d’odio sulla vita reale delle persone. Se sono “forti” dietro le loro tastiere, nella loro vita privata solitamente sono dei vigliacchi che non hanno il coraggio di esprimere il loro pensiero. 

Cosa rischiano gli “odiatori” di Silvia Romano?

Proprio a seguito dei gravissimi messaggi contenuti in post, volantini e lettere nei confronti di Silvia la Procura di Milano ha iscritto d’ufficio un procedimento penale contro ignoti per il reato di “minacce aggravate” (numerose sono le espressioni che consistono in minacce all’incolumità della ragazza).  Il P.M. effettuerà delle indagini per individuare i responsabili che rischiano la reclusione fino a un anno. La pena potrà aumentare del doppio quindi arrivare a due anni se verrà contestata l’aggravante dell’odio razziale o religioso. Un altro reato configurabile quando si offende l’altrui reputazione attraverso il web o i social è quello di “diffamazione” aggravata dall’uso del mezzo pubblico (il web e i social appunto). In questo caso, la pena è quella della reclusione fino a 3 anni e si procede a querela di parte. Pene ancora più severe fino a 4 anni di reclusione sono previste poi per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione, violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. 

Si potranno adottare provvedimenti per tutelare la sua incolumità?

Non è escluso , anzi, a mio parere è auspicabile che,  a seguito di questi fatti gravissimi, proprio per garantire la sicurezza di Silvia, l’UCIS (Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale) che si occupa delle persone esposte a particolari situazioni di rischio possa valutare di assegnare una scorta alla ragazza, come è stato fatto recentemente per Liliana Segre. É’ davvero assurdo in uno Stato di diritto che persone che meritano tutta  la nostra ammirazione e il nostro rispetto siano invece travolte dall’odio tanto da temere per la propria incolumità. 

Cosa si può fare per evitare che accadono questi fatti? 

Mi auguro che i responsabili (non solo coloro che insultano e minacciano la ragazza, ma anche coloro che condividono e mettono i like) vengano identificati e puniti severamente: per fare questo però occorre la collaborazione dei responsabili dei Social Network e una nuova legge specifica in tema di odio sul web che elimini definitivamente la possibilità di commettere crimini nascondendosi dietro una tastiera. Sui crimini d’odio che passano per il web sotto il profilo giuridico e legislativo bisogna fare ancora molta strada. Fondamentale è l’educazione che deve partire già dai più piccoli sopratutto nella battaglia contro gli stereotipi di genere. 

IMG 1140Avvocato Daniele Bocciolini
 

www.danielebocciolini.it