Cronache
Caso Ubi Banca: il processo sta per iniziare, tra tanti dubbi...La vicenda Ubi
Inchiesta Ubi Banca: il 25 luglio prende il via il processo ai vertici di Ubi Banca
CASO UBI BANCA: AL VIA IL PROCESSO UBI
Il conto alla rovescia sta per finire. Il prossimo 25 luglio si terrà la prima udienza del processo a carico di Ubi Banca e di altri trenta imputati, tra i quali l'amministratore delegato Victor Massiah, il presidente Andrea Moltrasio, il presidente emerito di Intesa Giovanni Bazoli e sua figlia Francesca, i vicepresidenti Mario Cera, Flavio Pizzini e Armando Santus.
Negli scorsi anni siamo stati abituati a tutto, quando si parla di banche italiane. Basti pensare ai crac di Monte dei Paschi di Siena o di Etruria. Ecco, la prima particolarità del caso Ubi è questa: qui non si parla di soldi. In questa vicenda non è girato un euro e non esiste nessun risparmiatore arrabbiato. L'indagine della procura di Bergamo, cominciata nella primavera del 2014, si concentra sull'accusa di ostacolo agli organismi di vigilanza e di indebite influenze sulla formazione dell'assemblea.
Caso Ubi Banca, la vicenda: La nascita di Ubi
Per comprendere l'inchiesta Ubi Banca occorre fare un passo indietro, esattamente alle ultime settimane del 2006, quando i consigli di amministrazione di Banca Popolare di Bergamo e di Banca Lombarda approvano i patti fondativi della nuova banca. Si tratta, oltre del progetto di fusione e del protocollo di intesa, anche dello statuto e del regolamento comitato nomine. Nel marzo del 2007, dopo l'approvazione del documento informativo da sottoporre alle assemblee delle due banche per la fusione da parte di Banca d'Italia e Consob, nasce ufficialmente Ubi Banca.
Caso Ubi Banca, la vicenda: Le modifiche allo Statuto
Il 9 maggio 2009 l'assemblea di Ubi approva delle modifiche allo Statuto, per adeguarlo alle disposizioni della Banca d'Italia del 4 marzo 2008. Viene comunque ribadito il "principio di pariteticità" tra le due anime della banca, quella bergamasca della derivazione Bpu e quella bresciana della derivazione Bpl. Un principio che era già alla base dei patti fondativi.
Caso Ubi Banca, la vicenda: L'assemblea dei soci 2013
Si arriva poi al momento incriminato, vale a dire l'assemblea dei soci del 2013. Oltre la lista di Moltrasio (Lista "Consiglio di Sorveglianza") di presentano anche la lista di Andrea Resti (Lista "Ubi Banca Popolare") e quella dell'ex parlamentare di Forza Italia Giorgio Jannone (Lista "Ubi Banca ci siamo"). Si presentano a votare circa 13500 soci. La lista di Moltrasio si aggiudica il 53,5% con 7318 voti e la lista di Resti il 34,3% con 4693 voti, mentre quella di Jannone si ferma all'11,3% con 1548 voti. Gli sconfitti non ci stanno. Jannone protesta e, dopo gli esposti dell'Adusbef di Elio Lannutti e dei consiglieri di minoranza della lista Ubi Banca Popolare, parte l'inchiesta della Procura di Bergamo. Quasi contestualmente parte l'indagine di Consob.
Caso Ubi Banca, la vicenda: Le accuse
Secondo l'ipotesi accusatoria, esisterebbe una sorta di patto occulto all'interno della banca. Un patto nascosto al mercato, a Banca d'Italia e alla Consob, teso a mantenere il controllo di Ubi tra le due associazioni che diedero vita all'istituto, Ablp e Amici di Ubi. Ipotesi non ravvisata da Banca d'Italia, che nel 2010, 2011 e anche nel gennaio 2013 conferma di essere a conoscenza del regolamento del Comitato nomine di Ubi. L'inchiesta nel frattempo prosegue su due binari paralleli. Da una parte la Procura di Bergamo e dall'altra la Consob, che nel 2015 sanziona i membri del consiglio di sorveglianza di Ubi per omissione comunicativa nelle relazioni sulla governance e li condanna a pagare 895 mila euro. Nel frattempo i pm bergamaschi indagano anche sull'ipotesi di reato di truffa e sulla presunta raccolta di deleghe in bianco o false e il rastrellamento di voti in vista dell'assemblea del 2013. Il tutto anche se il calcolo matematico dei voti con la cosiddetta "prova di resistenza" dimostrerebbe che la lista di Moltrasio avrebbe raggiunto comunque la maggioranza anche al netto dei voti contestati. Una prova di resistenza che, durante l'udienza preliminare, ha portato l'accusa ad aggiustare il tiro e concentrarsi, invece che sulla raccolta delle deleghe in bianco (o false), a quello che è stato definito una sorta di "controllo anticipato del voto", attraverso una "profilatura dei soci" in grado di garantire una "selezione mirata" delle persone da contattare per la partecipazione all'assemblea tra i circa 80 mila soci.
Caso Ubi Banca, la vicenda: L'annullamento delle sanzioni Consob
Negli ultimi mesi ci sono stati due sviluppi importanti. Il 19 giugno 2017, infatti, la Corte d'Appello di Brescia ha annullato le sanzioni pecuniarie della Consob, condannata a pagare le spese legali. Nel suo dispositivo, i giudici bresciani riporta alcuni passi dell'atto di accertamento della Consob, che descriveva in questo modo la presunta violazione: "Dalle verifiche effettuate è emerso pertanto che la modifica apportata da Ubi Banca su richiesta di Banca d'Italia all'art 49 dello Statuto nel maggio 2009 secondo la quale il Comitato Nomine funzionerà e sarà disciplinato anche in relazione alla valida assunzione delle relative delibere da un regolamento che ne determina le competenze ed il funzionamento "senza riferimenti o richiami ad accordi, strutture o soggetti esterni alla società" non si era tradotta in un effettivo mutamento delle regole di composizione e di funzionamento del Comitato Nomine. Prova ne è la circostanza che è rimasto immutato l'assetto di governance di Ubi Banca risultante dalla fusione nonostante successivamente alla anzidetta modifica statutaria vi siano stati due rinnovi degli organi sociali della Banca (2010 e 2013). Ad avviso della Divisione Corporate Governance tale disallineamento fra le previsioni statutarie ed il Regolamento della (sic) Comitato nomine non ha consentito una piena disclosure al mercato in merito agli effettivi meccanismi che regolano la governance di Ubi Banca".
Caso Ubi Banca, la vicenda: La sentenza di Brescia
Tesi però smentita dalla corte d'Appello di Brescia, che riconosce la correttezza dell'operato del comitato di sorveglianza di Ubi. E scrive: "Difetta senza dubbio della indispensabile analiticità la contestazione per quanto riguarda la mancata informativa su modifiche apportate al regolamento, dal momneto che la Commissione a pagina 61 dell'atto di accertamento ha fatto riferimento ad aspetti significativi del funzionamento del comitato nomine senza tuttavia indicare in alcun modo quali sarebbero le norme del regolamento oggetto di modifica la cui mancata comunicazione al mercato avrebbe impedito la conoscenza dei rinnovati criteri di nomina. Per tale profilo, che peraltro non ha trovato alcun approfondimento neppure nel corso del giudizio, non può che rilevarsi la carenza di determinatezza, che preclude ogni valutazione nel merito". I giudici non ravvisano l'esistenza di un disallineamento tra lo Statuto modificato nel 2009 e il regolamento. "E' documentato, e peraltro non contestato che in vista della fusione fra Banche Popolari Unite (BPU) e Banca Lombardia e Piemontese spa (Banca Lombarda) era stato sottoscritto un Protocollo d'Intesa nel quale era stato sancito che la composizione degli organi sociali di Ubi Banca, risultante dalla fusione, sarebbe stata improntata ai principi di pariteticità fra derivazione ex BPU e derivazione ex Banca Lombarda, di alternatività fra le predette derivazioni nell'accesso alle cariche apicali del Consiglio di sorveglianza e del Consiglio di Gestioni e della tendenziale alternanza fra le predette componenti nel rinnovo delle due cariche". Viene dunque riconosciuto che la pariteticità è espressamente prevista nell'articolo 1 dello Statuto, "per cui non può ragionevolmente porsi indubbio la natura programmatica del medesimo quale principio fondante la operatività della nuova banca (...) Deve quindi concludersi che non appare condivisibile la interpretazione sulla base della quale Consob ha ritenuto la sussistenza del disallineamento fra Statuto e Regolamento che avrebbe, secondo tale prospettazione, reso necessario da decorrere dal 2009 che fossero illustrati i meccanismi che regolavano la governance di UBI Banca”. E i giudici concludono che "non potendo ravvisare alcuna modifica dei principi ispiratori del comitato Nomine, la versione resa nota al mercato nel 2007 era adeguata a far comprendere le modalità di funzionamento del comitato, per cui non si può ascrivere ai Consiglieri di Sorveglianza l’omessa vigilanza”.
Il 4 gennaio 2018, su richiesta della stessa procura, il gip di Bergamo emette un decreto di archiviazione per le ipotesi di reato di truffa, inosservanza delle disposizioni in materia di obbligazioni degli esponenti bancari e reati tributari, nei confronti di alcuni esponenti di Ubi Leasing. Resta invece in piedi il processo per ostacolo agli organismi di vigilanza, al via tra pochi giorni, del quale fanno di nuovo parte le presunte irregolarità sanzionate dalla Consob e poi cancellate dalla Corte d'Appello di Brescia. Vedremo come andrà a finire.