Consip, Romeo in cella dopo l'assoluzione. Toghe, voto anticipato per Emiliano - Affaritaliani.it

Cronache

Consip, Romeo in cella dopo l'assoluzione. Toghe, voto anticipato per Emiliano

Alfredo Romeo torna in cella. Qualche anno fu assolto, dopo 79 giorni in cella. E ci scappò anche un suicidio

Ordinanza di custodia cautelare in carcere, ieri, per l'imprenditore campano, don  Alfredo Romeo, emessa dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della locale Procura, in relazione ad un episodio di corruzione in ambito Consip.

Una sorta di voto, in anticipo, delle toghe alle primarie del PD, che vedono in campo un magistrato, in aspettativa, don Michele Emiliano, il ministro Guardasigilli, Orlando, sostenuto da donna Anna Finocchiaro, da 30 anni in Parlamento, senza aver, mai, rinunciato agli scatti di carriera e di stipendione dall'ordine giudiziario.
Tutto normale, Signor Presidente del CSM, Mattarella, e Signori ex premier, Berlusconi, Prodi e D'Alema ?
Breve antefatto, per i miei 25 lettori (spero molto più numerosi, caro Angelo...). Alcuni anni fa, Alfredo Romeo, titolare dell'impresa Global Service, subì, a Poggioreale, 79 giorni di dura detenzione preventiva.

Gli arresti furono eseguiti, il 17 dicembre del 2008, dalla Dia e dai Carabinieri di Caserta, firmati dal Gip di Napoli, il quale accolse le richieste di custodia cautelare, avanzate dalla Direzione distrettuale antimafia napoletana, guidata dal procuratore Franco Roberti.
Anche l'ex assessore Giorgio Nugnes, PD, che si era suicidato, alcune settimane prima, era coinvolto nell'inchiesta. E tra le richieste di arresti, formulate dalla Dda al Gip di Napoli, c'era anche quella destinata al povero Nugnes. 

Ma, in Cassazione, dopo 6 anni, Romeo fu assolto con tutti gli altri imputati, ex assessori e dirigenti della "Global service" di don Alfredo, di cui Gigino de Magistris-che allora "lottava in toga" come giudice del tribunale della libertà-respinse la richiesta di scarcerazione.

"Vuoto probatorio». «Deduzioni generiche, perché enunciate e non dimostrate». «Azioni penali mai esercitate» da un’impresa, che chiese, legittimamente, informazioni sull’appaltone per il manto stradale della città a pubblici amministratori, i quali tali informazioni poi fornirono, «violando il dovere di imparzialità», ma senza rivelare segreti.

Queste le motivazioni della Suprema Corte, 6 anni dopo gli arresti e i titoloni dei giornali, nelle prime pagine, analoghi a quelli comparsi stamane...

Pietro Mancini