Cronache

Controllare lo smartphone dei figli è sbagliato

Educare significa dare fiducia, non limitare o iper proteggere

di Cristina Brasi

Un grande problema della società contemporanea è quello del controllo. Si ha sempre più la falsa credenza che, controllando, sia possibile essere agenti della propria vita. In realtà è l’esatto opposto.

I disagi del controllo

Controllare una persona, uno smartphone, un figlio o la moglie non solo è sbagliato, è dannoso in quanto l’effetto è quello di limitare, se non inibire, la capacità di cogliere occasioni, di uscire dai propri schemi, di sbagliare per imparare. Il controllo è quindi una mera illusione che causa frustrazione e ansia. In caso di trauma, ad esempio, spesso le persone sviluppano il Disturbo Ossessivo Compulsivo, un eccesso disfunzionale di condotte controllanti con effetto impattante, e talvolta invalidante, sulla vita personale e sociale. Null’altro è se non una risposta all’angoscia generata dal sentirsi travolto dagli eventi e dalle situazioni.

Questo bisogno di controllo viene così investito anche nelle condotte educative. Genitori che non si sentono competenti nel proprio ruolo, anziché trovare strategie, credono di arginare la difficoltà mettendo in atto condotte controllanti nei confronti dei propri figli. Ed è così che, bambini anche piccoli, si trovano a possedere prematuramente il telefonino, in modo che, il genitore, possa sempre sapere dove è il figlio e possa sempre avere accesso a lui, portando interferenze importanti nella sua vita privata e sociale. Si consideri che, il bambino, non ha necessità di sentire i genitori o di videochiamarli se è in gita, se è a scuola o al parco con gli amici. Le telefonate dei genitori risultano così per loro disturbanti, in quanto vanno a interrompere quelle normali e sane attività in cui il figlio può sperimentarsi come individuo al di fuori del contesto famigliare. L’effetto è quello o di avere una risposta irritata da parte del minore che fa accrescere l’ansia e la rabbia del genitore, o quella di trovarsi dinnanzi a un bambino che, senza la presenza costante della madre, del padre o di entrambi, non è in grado di stare nelle relazioni sociali. Sempre nell’abito del controllo e del riversare le proprie aspettative sui figli, troviamo la presenza costante dei genitori agli allenamenti sportivi, alle lezioni di musica e via discorrendo.

Come gestire la tecnologia

Ai figli vengono forniti dispositivi di cui spesso neanche i genitori conoscono i reali pericoli: mi chiedo quante madri e quanti padri sappiano che, anche in Italia, i bambini e i ragazzi vengono radicalizzati on-line. Il controllo dei dispositivi, fatto nell’ottica di cui sopra, ha l’effetto di essere dannoso. Quanto in realtà andrebbe fatto è fornire strumenti ai figli per riconoscere il pericolo, riconoscere le fake news e riconoscere i linguaggi. Questo può essere fatto solo investendo sulla fiducia, è infatti dando fiducia ai bambini che questi non si deresponsabilizzano. È dando fiducia che gli trasmettiamo sicurezza e così, una volta riconosciuto il pericolo, istintivamente andranno dai genitori e comunicheranno quanto sta accadendo perché sapranno che questi saranno in grado di aiutarli e sostenerli. Col controllo arriva invece loro tutta la fragilità e la labilità dell’adulto e difficilmente confideranno l’esistenza di situazioni di disagio, da una parte perché non è arrivata loro fermezza e, dall’altra, perché avranno paura di aver fallito nel corrispondere il modello di figlio a loro imposto.

Il compito educativo inizia sin dalla nascita e deve coinvolgere, in primis, il riconoscimento del pericolo. Viviamo in un mondo dove tutto è messo in sicurezza con l’effetto di crescere esseri umani non in grado di vedere e riconoscere la minaccia. Ogni bambino, sin dalla nascita, mette in atto dei comportamenti adattivi per contrastare il pericolo. Un infante che gattona, se si trova improvvisamente sul proprio percorso un vetro trasparente che consente di vedere il vuoto sotto di sé, si fermerà, non andrà avanti perché, istintivamente, riconoscerà il pericolo. Con l’iperprotezione e l’ipercontrollo questi comportamenti adattivi vengono totalmente inibiti.

Un genitore che ha la necessità di controllare il proprio figlio ha in qualche modo fallito il proprio compito educativo perché significa che, nel corso del tempo, non gli ha fornito le basi per il pensiero critico, si è sostituito a lui nelle situazioni, vivendo vicariamene anche le sue emozioni, ha pulito dai pericoli e dalle difficoltà il suo cammino. La conseguenza dell’aver tolto le autonomie è quella di aver cresciuto un bambino insicuro perché non si sente competente, non ha potuto sperimentare la sua efficacia nel mondo. Se i genitori non mi hanno fornito fiducia significa che non sono in grado e, se non sono in grado, credo che, quanto detto dagli altri, sia più valevole rispetto alle mie idee. Ed è proprio così che, con l’illusione del controllo, si espongono i minori agli adescamenti e alla radicalizzazione on-line, alle influenze della guerra cognitiva, ai contenuti troppo violenti, perché non sono in possesso di nessuno strumento per riconoscere il pericolo.

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