Cronache

Coronavirus, "Così ho sconfitto il Covid-19. Non mi reggevo in piedi..."

Il racconto di Andrea Bricchi, manager e imprenditore

Abbiamo chiesto a Andrea Bricchi, manager e imprenditore piacentino, impegnato anche nell’arte e nel sociale, di raccontarci la sua esperienza con il virus che sta sconvolgendo l’Italia e il mondo. 

Sappiamo che ha avuto il virus e è guarito. Com’è andata? 
Mi sono ammalato a fine Febbraio. Mi hanno anche fatto il tampone, venendo a casa mia con tute spaziali, di biocontenimento, però poi non mi hanno mai comunicato il risultato. Dicono si sia perso o abbiano deciso di non processarlo. Comunque sono sicuro che fosse positivo, anche perché chi ha avuto contatti con me nei giorni immediatamente precedenti l’esordio dei sintomi si è ammalato e è poi risultato positivo. 
 
Quando ha avuto i primi sintomi? E cos’ha fatto? 
I primi sintomi li ho avuti in un hotel tedesco, la notte del 26 Febbraio. Ero sul Reno, al confine alsaziano con la Francia, per seguire dei lavori di ammodernamento di una centrale di generazione. Mi sono svegliato di notte, con brividi e un forte mal di schiena. Al mattino, verso le 11:30, mentre ero in un sotterraneo proprio sotto al fiume, non mi reggevo più in piedi. Ho dovuto abbandonare i lavori e mi sono messo in viaggio. Avevo 37,8. Nevicava forte, c’era veramente molto freddo. Speravo fosse quello il motivo. Fino al Gottardo si andava pianissimo per via della neve. Ho chiamato il mio medico, che mi ha detto di andare a casa, isolarmi e seguire le procedure che mi ha indicato. Sono arrivato alle 18:45. Avevo 39,8 e tutti i sintomi correlati. 
 
Quindi cos’ha fatto? 
Dopo sei giorni di febbre altissima e grande spossatezza, ero guarito. Non ho avuto problemi respiratori e il mio medico, persona davvero squisita, si è prodigato per seguirmi al meglio. Sono in isolamento da allora, in attesa di avere tampone negativo. Da 35 giorni non vedo nessuno. All’inizio ero molto agitato, anche perché mi telefonavano e mi raccontavano che alcune persone intorno a me erano state ricoverate. E io non potevo far niente, se non pregare e aspettare notizie.   
 
 
Dove pensa di aver contratto il virus? 
Penso sia una domanda che non ha una risposta sicura. Però per tutto il mese di Febbraio, dal 1 al 25, ero stato ogni giorno in una delle cliniche private di cui hanno parlato la Lucarelli e Report, per motivi familiari. Ho saputo solo dopo che c’erano stati casi proprio nei giorni in cui c’ero anch’io. L’ho saputo leggendo i giornali. Di sicuro molte persone poi risultate infette erano venute in contatto con me pochi giorni prima che mi ammalassi. Non me l’avevano detto, allora. Non so se lo sapessero. Spero di no, perché altrimenti mi sembrerebbe una cosa decisamente sbagliata, anche eticamente. Di sicuro è probabile che il contagio sia avvenuto lì, perché in quei 20 giorni non sono stato in altri posti, se non a casa mia.   
 
 
Quindi ci sono stati errori nella gestione sanitaria di questa pandemia? 
Mi pare evidente, altrimenti non ci sarebbe stata. È chiaro che alcuni errori siano stati commessi in buonafede, è comprensibile. Nessuno era preparato a un evento di tale portata. Dal Governo e dal sistema sanitario ci si poteva aspettare qualche errore, anche di valutazione. Chi di noi, oggi, col senno di poi, non avrebbe chiuso immediatamente tutto, per evitare un andamento così asintotico dei contagi, per esempio? Allora si tendeva invece a minimizzare, quasi fosse una vergogna da nascondere o una speranza illusoria.   
Oggi bisogna prima di tutto concentrarsi sul come risolvere il problema. Tantissimi medici, infermieri e addetti in generale stanno dando l’anima e mettendo in pericolo se stessi e le loro famiglie. A loro posso solo dire grazie, di cuore. Non è questo il momento, però sicuramente, quando saremo più tranquilli, bisognerà capire bene se alcuni errori si sarebbero potuti evitare e, soprattutto, se alcuni errori siano stati addirittura intenzionali, per perseguire interessi o pressioni esterne. Penso sia doveroso e mi piacerebbe fosse fatta chiarezza. Però non spetta a me giudicare. Io, oggi, posso solo raccontare la mia storia sulla base di elementi di fatto. 
 
 
Oggi è completamente guarito? 
Sto bene. Sto lavorando moltissimo, è necessario. Non voglio lasciarmi trasportare dagli eventi, devo avere una strategia, devo mettere le basi per superare la crisi. E poi mi aiuta a non pensare ai tanti problemi che questo virus ha causato a me, alla mia famiglia e a tutte le persone del mondo.
Siamo in un contesto globale e globalizzato. Questo apre nuovi scenari, anche pandemici, cui non eravamo preparati. I miei amici e colleghi americani mi chiamavano per chiedermi come stessi, come se loro fossero al sicuro. Oggi sono io che chiamo loro. 
 
 
Come giudica l’operato del Governo? 
Mi pare fosse Licio Lucchesi che diceva che l’economia è un’arma, la politica è sapere quando tirare il grilletto. Forse questo oggi non è più vero. Il Governo ha sicuramente fatto del suo meglio, però molte cose non mi sono piaciute. In questo momento dobbiamo remare tutti insieme. Poi se ne parlerà e spero che molte cose cambino e questo momento così duro ci abbia insegnato qualcosa. Spero che venga data la possibilità al tessuto produttivo di pagare meno tasse e che si inietti sul mercato tutta la liquidità di cui abbiamo bisogno, senza burocrazia, senza finte e controfinte, all’italiana. Whatever it takes dev’essere e whatever it takes sia. 
 
 
Lei come si schiera? 
Mi schiero con l’Italia. Sono un liberale. Ho vissuto all’estero, mi sento cosmopolita. La politica urlata, il populismo, non mi piacciono. Vorrei che ci fossero meno impedimenti. In questi giorni Fedez e Chiara Ferragni hanno promosso una campagna di raccolta fondi. E subito c’è stato chi ha bloccato tutto per controllare. Non conosco il caso specifico, avranno delle ragioni, che mi auguro possano essere compitamente spiegate. Però mi pare il caso che quei soldi arrivino dove serve il prima possibile. Se poi ci saranno stati degli errori ci sarà chi è preposto a verificarlo. Io ragiono così. In modo snello, pragmatico. 
 
 
Cosa cambierebbe? 
Molte cose. Troppe. Il sud ha problemi troppo  diversi dal nord. Non è possibile applicare le stesse misure su tutto il territorio nazionale. 
È come se ci fosse una casa con due temperature, da un lato ghiacciata e dall’altro torrida. Cosa si può fare? Se alzo il riscaldamento stanno bene nel lato ghiacciato e male in quello caldo. E viceversa. Bisogna avere coscienza di questo. Per troppi anni si è fatto assistenzialismo senza senso e si sono alzate troppo le tasse perché non si voleva o non si poteva fare altro. Questo ha portato alla condizione attuale, in cui sta peggio proprio chi ha ricevuto assistenzialismo, senza opportunità di crescita. Bisogna prenderne coscienza e dare al sud meno caramelle e più incentivi, al turismo, alla cultura locale. Il sud è splendido, pieno di gente intelligentissima, deve potersi costruire solide basi su questo suo patrimonio. Così come bisogna permettere al nord di non mandare in fumo tutti i guadagni della produzione industriale. Forse servirebbe una riforma in senso federale. E darei più importanza alle banche. Troppi le hanno demonizzate come fossero la causa di tutti i problemi. Non è così. Gli istituti di credito vogliono guadagnare, è logico e giusto, e sono fondamentali per la produttività di una nazione. Devono avere meno vincoli, a mio parere, e poter decidere con più libertà come erogare denaro. 
 
 
Ha fiducia nel futuro? 
Ho fiducia nei giovani. Ho parlato di Fedez e Ferragni. Tanti dinosauri li criticano. Però a me pare che abbiano mobilitato gente e raggiunto un nobilissimo scopo. Io non giudico i tatuaggi, guardo i fatti. E i fatti qui mi fanno togliere il cappello davanti a questi ragazzi straordinari. 
 
 
E l’Europa? 
Vorrei un’Europa migliore. Sono un liberale, un europeista. Però questa Europa non mi piace. E a chi piace, così? Non saremo mai uniti, come gli USA, però si può fare di meglio, è necessario. Il premier albanese, pur essendo extra comunitario, lo ha dimostrato. L’Europa dei popoli. E non di pochi. 
Quando vedo Germania e Olanda opporsi ai coronabond lo capisco, anche se non mi piace. Fanno il loro interesse e non si fidano dell’Italia, della Spagna e di chi ha spesso dimostrato di non gestire bene i fondi pubblici. Vorrei che i nostri dicessero: “Cari amici, avete ragione. Noi ci facciamo controllare da voi e voi, però, da noi! Vogliamo essere vostri pari. Vogliamo discutere e decidere insieme a voi!”. 
Invece spesso a noi non interessa. Siamo ben contenti che facciano tutto gli altri. Questo deve cambiare. Dobbiamo avere persone autorevoli nei ruoli chiave, consci del fatto che l’autorevolezza si ha o non si ha, e quando si ha va legittimata. Servirà tempo. E pazienza. 
 
 
Cosa succederà all’economia, quando potremo ricominciare a vivere normalmente. 
Cosa s’intende per “normalmente”? Non c’è normalità in questo mondo, c’è evoluzione. Alcuni step sono invisibili, lenti, sfumati. Altri, come questo, sono salti bruschi, come un terremoto. Cambiano la geografia globale improvvisamente e non senza danni. Il tema dell’economia è fondamentale, lo dicevo questa mattina in un’altra intervista. Rischia di essere lo tsunami che arriva dopo il terremoto. 
 
 
Come si sta preparando? Cosa fa Andrea Bricchi? 
Andrea Bricchi fa il dirigente. Dirige una holding, Brian and partners, che si occupa di work for equity. Mi pare che siamo i primi in Italia o comunque tra i pionieri, in questo settore. 
Acquisiamo quote di minoranza di altre società e aiutiamo proprietà e dirigenza a dirigere meglio l’azienda, a trovare nuovi mercati commerciali, nuovi clienti, specie all’estero, a diversificare, a ottimizzare i processi, anche attraverso un software che modelliamo su misura, caso per caso. 
Se non acquisiamo quote possiamo comunque essere consulenti, entrare nel CdA o lavorare per il board. Noi diamo un servizio di management a tutto tondo, a costi molto limitati, perché guadagniamo solo se guadagnano anche i nostri clienti. 
 
 
Come fa in questo periodo?
Come facevo già prima. La tecnologia è molto sottoutilizzata dalla stragrande maggioranza delle aziende italiane. 
Lavoro da casa, spesso in videoconferenza con clienti, soci e collaboratori.
Lo facevamo già prima della crisi, perché quando si ragiona per obiettivi, gli orari sono relativi. Posso lavorare di notte, se serve, magari per esigenze di fusorario. L’importante è raggiungere lo scopo. Qualche volta metto giacca e cravatta sopra ai pantaloni del pigiama. È così, non c’è problema. 
 
 
Non sono in tanti a farlo. 
In molti hanno dovuto adattarsi, sono stati obbligati. Ci sono molte aziende che non possono. Per esempio noi abbiamo da poco rilevato una bellissima azienda, VT Filters, che aveva avuto qualche piccolo problema di natura del tutto imprevedibile. La stavamo rilanciando e questa chiusura forzata ci ha obbligati a fermarci. Però lavoriamo per essere pronti quando il semaforo sarà verde. VT Filters si occupa di mantenere l’aria pulita in tutti gli ambienti industriali, potrebbe farlo anche negli ospedali. È un tema fondamentale, che può contribuire a limitare la diffusione di virus e ogni altra contaminazione, anche da polveri. Perché in tanti lo trascurano? Quante aziende hanno impianti vecchi e rovinati e non sanno che con poco si può avere qualcosa di perfettamente funzionale e che migliora la salute dei lavoratori? 
 
 
Quali saranno i primi passi? 
Bisognerà lavorare tutti insieme. Far lavorare aziende italiane e locali. Se la liquidità viene immessa e resta ferma non succede niente. Bisogna far circolare denaro. Il guadagno verrà, però il capitale circolante va a riparare debiti e crediti e consente di risolvere tantissimi problemi. Se un’azienda compra negli USA e un’altra in Cina, forse potrebbe scegliere prodotti italiani. In questo modo si attiva un meccanismo virtuoso che fa lavorare clienti e fornitori, fino a che il circolo si chiude con l’azienda da cui è partito. Tutti ci guadagnano. È fondamentale. Se io produco gelati e Lei giornali, venga a comprare il gelato da me. Io dovrò comprare il latte e il lattaio assumerà un operaio, che con lo stipendio comprerà il giornale. Funziona, mi creda.  
 
 
Cosa Le manca di più della vita di prima? 
Stavo completando 3 libri. E stavo scrivendo una piccola opera in musica, una favola, come quella di Prokofiev, per orchestra di archi e fiati, da suonare insieme ai miei bambini dell’altra meravigliosa orchestra delle scuole elementari. 
Vorrei poter pescare e giocare a golf. Ci penso spesso. 
Pensavamo a nuovi appuntamenti a teatro, con Massimo Boldi, magari a un disco, e stavo organizzando una conferenza sulla teoria della relatività spiegata a tutti. Faremo anche quelli, quando si potrà. 
 
 
 
Quando? 
 
Non lo so. Molti scienziati dicono a Maggio. Lo spero. C’è gente che è impaziente, però oggi bisogna star fermi. Ho visto il Papa pregare nell’enorme piazza lucida e deserta, sotto una pioggia battesimale. Mi ha molto commosso, come mi commuove chi aiuta gli altri gratuitamente. È fantastico. Magari saremo migliori. Sicuramente saremo un popolo di panettieri e pizzaioli.