Coronavirus, la verità che bisogna svelare sulla scuola al tempo del Covid - Affaritaliani.it

Cronache

Coronavirus, la verità che bisogna svelare sulla scuola al tempo del Covid

Di Gianni Pardo

Se alcuni politici disponessero del potere di rendere tutti felici, si può star sicuri che userebbero questo potere pochi secondi dopo averlo ricevuto. Non tanto per amore del prossimo, quanto perché qualcuno che rendesse tutti felici sarebbe rieletto in aeternum.

Ma quel potere non si ipotizza nemmeno nelle favole dei fratelli Grimm: nella realtà ci si scontra sempre con il dolore e con la scarsità. Se le risorse non fossero scarse, non sarebbe neppure nata l’economia. E se essa può guidare vantaggiosamente le scelte di un singolo (la chiamano “economia della massaia”) è difficile che possa guidare senza errori e lamentele, le scelte della collettività. Infatti qualunque decisione dello Stato, se favorisce alcuni, sfavorisce altri o, male che vada, crea degli invidiosi: “Perché a loro sì e a noi no?”

Di rendere tutti felici i politici non hanno il potere, ma di essere accusati di tutto, e del contrario di tutto, possono essere sicuri. Per quanto possano far bene, la quantità di coloro che si dichiareranno scontenti sarà tale che, una volta o l’altra, cambierà il governo.

Un caso particolarmente negativo si ha quando la scelta di ciò che va fatto è tra due cose ugualmente positive, ugualmente necessarie, e tuttavia impossibili da realizzare contemporaneamente. Se un Paese ha problemi di comunicazioni e di sanità pubblica, e può costruire o un nuovo ponte o un nuovo ospedale, ma non tutti e due, si può star sicuri che buona parte dei cittadini penserà che bisognava fare l’“altra” cosa, quale che fosse.

L’Italia vive oggi uno di questi dilemmi, aggravato dalla mancanza di chiarezza del governo. L’alternativa è semplice: curiamo la salute pubblica, costi quel che costi, o salviamo l’economia, e qualcuno che magari avrebbe potuto vivere morirà?

Quando si tratta di dire la verità, la paura dell’impopolarità paralizza la lingua dei politici. E questo perfino quando può risultare esiziale non dirla. Promettere tutti i giorni, come fa l’attuale governo, la botte piena e la moglie ubriaca è un comportamento che si concluderà sicuramente col biasimo. Anche nel caso del miglior risultato possibile. La gente non vedrà che la botte è mezzo piena e la moglie alticcia, dirà che non si è realizzata né l’una cosa né l’altra.

La verità, sin dall’inizio della pandemia, sarebbe stata dire che il governo è costretto ad un compromesso. Magari con un discorso di poche parole: “Preferite morire di virus o di fame? Il massimo che il governo può offrire sono pochi morti per virus e pochi morti per fame. Ma tutti sani e ricchi, scordatevelo”.

In questo campo è esemplare il problema delle scuole. Come imporre a tutti i ragazzini di tenere la maschera sul muso per quattro, cinque o sei ore al giorno? E soprattutto, come realizzare il distanziamento sociale? Se dimezziamo le classi dobbiamo raddoppiare le aule e i docenti, cosa impossibile. Se mettiamo trenta alunni in un’aula, il distanziamento sociale me lo salutate. Ma, appunto, “Volete che chiudiamo le scuole a tempo indeterminato o preferite che corriamo qualche rischio, anche se effettueremo molti controlli?” Ecco che cosa bisognava dire alla gente. E invece siamo a meno di un mese dal nuovo anno scolastico, e la gente sogna ancora aule impossibili e docenti inesistenti.

Né si possono reclutare come docenti i primi che passano. Già la scuola italiana è afflitta da una monumentale ignoranza, a tutti i livelli; se mettiamo a insegnare letteratura o storia qualche studentello a cui è stato regalato l’esame di Stato (97-98% di promossi) passeremo dall’analfabetismo funzionale all’analfabetismo propriamente detto. “Che disegnino carino, sembra una scala a forbice. Che cos’è?” “Una A maiuscola”.