Cronache
Ecomafie, "Recovery? Soldi a rischio. Serve un piano di controlli incrociati"
Criminalità organizzata, reati ambientali e Recovery: parla ad Affari il giurista e docente di diritto penale Vincenzo Musacchio. L'intervista
Povertà, lavoro nero, usura aumentano e la criminalità organizzata in simili situazioni ha gioco facile, perché nessuno parla di queste condizioni?
"Le nuove mafie sono cambiate hanno ormai ben poco in comune con quelle del passato. Per combatterle bisogna comprendere le nuove mutazioni. Una delle quali è certamente la sostituzione della violenza con la corruzione. Non che la violenza sia scomparsa, perché all’occasione è usata, ma oggi è l’extrema ratio. La povertà è il terreno fertile su cui attecchisce la mafia poiché in tal contesto trova la manovalanza che sfrutta proprio con l’utilizzo del lavoro nero. L’usura invece è il mezzo con cui s’impossessa delle imprese e delle aziende in difficoltà. A differenza che in passato, chi ha a che fare con le nuove mafie non diventa più vittima sacrificale ma complice. Il titolare dell’impresa in crisi non scompare ma resta nella stessa e lavoro in nome e per conto dei boss mafiosi e in cambio ne riceve benefici economici. In pochi parlano perché in tanti purtroppo sono complici".
Le ecomafie sono un ulteriore settore in espansione, in provincia di Livorno la situazione sembra grave, riesce a fare il punto della situazione?
"Direi molto grave e non sono io a dirlo ma l’ultimo rapporto di Legambiente che certifica come le attività organizzate di traffico illecito dei rifiuti portino la Toscana nel podio al terzo posto con cifre a dir poco preoccupanti. Su scala provinciale le maggiori criticità si evidenziano nella provincia di Firenze, seguita da Livorno e da Siena. Aumentano anche le persone denunciate e i sequestri effettuati. Questo significa che l’idea di una Toscana “isola felice” è usata solo da chi non vuol vedere. Il territorio toscano è l’esempio di come le mafie fanno affari e fanno fare affari utilizzando l’arma della corruzione. I rifiuti non arrivano da soli: ci sono complicità e omissioni".
Il settore dei rifiuti oggi per le mafie è importante in termini di guadagno come il traffico di droga e di armi?
"Innegabilmente sì. La criminalità organizzata lucra anche nei settori dei trasporti, fornitura di mezzi di lavoro e attività di manutenzione. Il tutto fornito da un marchio ormai noto: “Mafia S.p.A.”. I clan mafiosi procurano spesso un forte sostegno elettorale a livello locale grazie al loro “controllo” del territorio. A loro volta ricevono in cambio da parte dei politici locali l’assegnazione di risorse pubbliche attraverso appalti e sovvenzioni. Si stima che il traffico di rifiuti renda alle mafie oltre dieci miliardi di euro l’anno. I crimini ambientali, inoltre, portano in simbiosi anche altri delitti che vanno dalla corruzione all’evasione fiscale, dalle frodi al riciclaggio, dal lavoro nero al traffico di esseri umani".
Come fare a mantenere alta la guardia sulle infiltrazioni mafiose?
"Occorrono rimedi immediati ed efficaci non solo a livello nazionale ma anche europeo e internazionale. Il primo passo da fare è senza dubbio attuare al più presto una cooperazione nazionale e internazionale efficace sulle attività criminali e sulla criminalità organizzata che operi nei settori con diretta influenza nell’economia e nella finanza. Da tenere sotto stretta osservazione il rapporto tra corruzione e appalti, tra corruzione ed energie rinnovabili e tra corruzione e gestione illegale dei rifiuti di ogni tipo".
Cosa ne pensa del confino obbligatorio? Secondo lei ha provocato danni esportando le mafie in Nord Italia?
"Non credo che il confino sia stato decisivo nell’esportare le mafie al Nord. Ne avrà certamente agevolato l’infiltrazione, ma le mafie sono sempre e comunque presenti dove c’è denaro e si fanno affari e il Nord aveva e ha ancora oggi queste caratteristiche che la criminalità organizzata spasmodicamente cerca. Se sono entrate nel sistema degli appalti pubblici, qualcuno le avrà agevolate o perlomeno non ostacolate. E tornando alla sua domanda iniziale, ci sono riuscite proprio perché erano competitive e offrivano manodopera e servizi a bassissimo costo servendosi proprio del lavoro nero e sfruttando le fasce più povere della società".
I fondi del Recovery Fund sono in pericolo? Come impedire che le mafie se ne approprino?
"In Italia in questo momento il rischio che almeno una parte di quei finanziamenti confluisca nelle casse della criminalità organizzata è altissimo. Le mafie oggi controllano un gran numero d’imprese e aziende, anche di non piccole e medie dimensioni, per cui, nessuno noterà nulla di sospetto quando i soldi, in questa modalità, andranno a finire nelle loro casse. Se non ci sarà un nuovo sistema di controllo per l’assegnazione di questi fondi, l’Italia rischia di perdere la sua occasione di riscatto soprattutto nei confronti dei cittadini più deboli. Serve un nuovo sistema di controlli incrociati, preventivi e in corso d’opera che impedisca il dirottamento di tali fondi in mani mafiose. Lo Stato centrale deve opporsi fortemente a queste alterazioni aumentando le opportunità di controllo attraverso il monitoraggio dei finanziamenti alle imprese situate soprattutto, ma non solo, in aree ad alta densità mafiosa (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia)".
Lei ha elaborato alcune linee guida presentate alla Commissione Bilancio del Parlamento europeo, le riassume per noi in breve?
"Ho individuato alcuni meccanismi attraverso i quali le mafie potrebbero deviare i trasferimenti pubblici alle imprese da loro controllate. Creeranno imprese fittizie, esistenti solo sulla carta e con l’unico scopo di richiedere finanziamenti pubblici. Corromperanno politici e funzionari pubblici che soprintendono all’assegnazione dei finanziamenti in Europa e nei singoli Stati membri. Gestiranno il settore pubblico locale nel modificare i piani di assegnazione per consentire alle imprese fittizie di utilizzare i fondi stanziati per i propri interessi. Sfrutteranno i loro collegamenti con le banche locali (alcune eterodirette) coinvolte nell’erogazione di fondi pubblici. Ho spiegato e scritto come poter agire su tali aspetti per erigere un sistema idoneo a porre un freno alla razzia di fondi europei da parte delle mafie. Ho spiegato al presidente della Commissione Bilancio del Parlamento europeo che occorre recidere il legame tra mafie e imprenditoria locale. Creare un’azienda fittizia è solo il primo passo di un sistema più complesso in cui le mafie moderne tirano le fila delle loro connessioni con le istituzioni, poiché, subito dopo c’è il legame tra mafia e corruzione nella pubblica amministrazione locale. Non sarà facile, ma chi ben comincia è a metà dell’opera".
BIOGRAFIA BREVE
Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo, docente di diritto penale. È associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA), oltre ad essere ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera, è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia nella seconda metà degli anni ’80.