Cronache

E' allarme sulla prossima pandemia: riguarderà le malattie neuro-degenerative

Nel 2050 questo tipo di malattie saranno il triplo e l'Italia non è ancora preparata

Grazie ad una strategia terapeutica mirata, cambierà lo scenario delle cure per le malattie neuro-degenerative, come l'Alzheimer. L'Italia, però, non sembra ancora essere pronta ad affrontare questa grande rivoluzione per la mancanza di neurologi, neuropsicologi, geriatri.

Secondo quanto emerso dalle previsioni dei neurologi, nel 2050 in Europa e Stati Uniti saranno almeno 14 milioni le persone colpite da questo tipo di patologie, molte di più se si considerano anche i paesi emergenti, dove l'aspettativa di vita sta crescendo in modo molto rapido.

Oggi, malattie come i tumori, l'Hiv, l'ictus o le patologie cardiologiche, hanno terapie che riducono drasticamente il tasso di mortalità, mentre per l'Alzheimer, ad esempio, la mortalità è in continua crescita, perché i farmaci attualmente a disposizione non sono in grado di incidere in modo adeguato a bloccarne l'evoluzione.

A tal proposito “Motore Sanità”, con il contributo di Shioonogi e IT-MeD ha affrontato il tema nel webinar “Twenty/Twenty-One. L'innovazione dirompente nell'anno 2021”. i temi trattati sono di particolare interesse: l'impatto dei nuovi farmaci sulla salute delle persone e sui sistemi sanitari.

In particolare il webinar si è soffermato sull'Alzheimer, patologia che nasce dall'accumulo di una proteina chiamata betamiloide che si forma da una proteina più grossa che tende a cumularsi progressivamente nel cervello fino a dar vita alle placche senili. La proteina, inoltre, porta all'alterazione di altre proteine. Ma qualche speranza c'è. Il Direttore del Centro di Neuroscienze di Milano dell'Università Bicocca e Direttore della clinica Neurologica dell'Ospedale San Gerardo di Monza, Dott. Carlo Ferrarese, ha fatto sapere “In particolare nel quadro intermedio di declino cognitivo lieve, che precede la demenza e in cui si evidenziano i primi disturbi di memoria neuropsicologici, grazie ai biomarcatori potremmo dimostrare la patologia nel cervello e quindi intervenire con l'aiuto di nuovi farmaci che bloccano l'accumulo di beta-amiloide, oppure con anticorpi monoclonali che rimuovono questa proteina dal cervello, o ancora con altre molecole che agiscono sulla Tau e su altri meccanismi innescati dall'accumulo di amiloide. Ci sono studi che sono arrivati alla fase tre e che si sono anche conclusi”. Il dottor Ferrarese ha poi aggiunto: “Potremmo anche prevedere che il prossimo anno questi farmaci possano essere disponibili per quei pazienti in fase preliminare, non già dementi”.

L'Italia, però, non sembra ancora essere pronta a gestire un possibile innalzamento di questo tipo di patologie. “Non siamo pronti – dice Ferrarese – perché non abbiamo un adeguato numero di neurologi, geriatri, neuropsicologi e non tutti i centri sono in grado di fare il liquor cerebrospinale”.

La sfida per la ricerca delle nuove terapie è iniziata.