Cronache
Fattura commerciale annotata? Vale come confessione del debito. Intervista
La Corte di Cassazione ha ribadito il proprio indirizzo: "La fattura commerciale non contestata vale come prova del rapporto obbligatorio"
La fattura commerciale non contestata dall'imprenditore, anzi annotata, vale come confessione del debito. Intervista
La fattura commerciale non contestata e, anzi, annotata nelle scritture contabili dell’imprenditore che l’ha ricevuta vale come prova della sussistenza del rapporto obbligatorio. A ribadire il proprio indirizzo è la Cassazione con la sentenza 8 febbraio 2024, n. 3581.
Ne abbiamo approfondito i tratti salienti con l’Avvocato Nicola Ferraro, founder e partner di de Tilla Studio Legale.
Avvocato Ferraro, innanzitutto ci chiarisca cosa è la fattura commerciale.
La fattura commerciale è un documento contabile obbligatorio dell’imprenditore. Ciò significa che la fattura deve, per legge, essere emessa da colui che effettua una prestazione, come la cessione di beni o l’erogazione di servizi, allo scopo di attestarne, ai fini contabili e fiscali, l’avvenuta prestazione.
Gli elementi che la fattura deve contenere sono indicati nell’art. 21, DPR 633/72 (che l’ha istituita):
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data di emissione;
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numero progressivo che la identifichi in maniera univoca;
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dati identificati del prestatore o del cessionario;
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dati del soggetto destinatario, partita IVA, etc.;
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natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione;
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corrispettivo e data del pagamento.
Il successivo art. 22, DPR 633/72 individua, invece, i casi in cui l’emissione della fattura non è obbligatoria.
Tornando alla sentenza in commento, quale è il ruolo della fattura commerciale in un processo civile?
La fattura è un documento a formazione unilaterale ad opera della parte che effettuata la prestazione. La sua emissione avviene senza la partecipazione del soggetto che riceve la prestazione.
Per saggiarne i suoi effetti nel processo civile occorre fare un distinguo.
Nel procedimento volto alla emissione del decreto ingiuntivo essa integra prova scritta sufficiente dell’esistenza del credito fatto valere. Quindi, la sola produzione della fattura commerciale legittima l’imprenditore all’ottenimento di un titolo giudiziale con il quale si impone alla controparte, debitrice, il pagamento del corrispettivo.
Tuttavia, il destinatario dell’ingiunzione, che intenda fare accertare che la prestazione affermata dal ricorrente non è stata effettuata o è stata eseguita solamente in parte oppure che è lui a vantare un credito nei confronti del ricorrente tale da compensare, in tutto o in parte, quello azionato, potrà opporsi alla pretesa azionata incardinando un secondo giudizio. Volto a verificare la fondatezza della pretesa creditoria avanzata. In questo secondo giudizio il creditore dovrà provare la fonte negoziale o legale del suo diritto. Viceversa, il debitore sarà tenuto a provare il fatto estintivo della pretesa fatta valere dal creditore. Ad esempio, perché la prestazione posta a suo carico è stata adempiuta.
Ecco allora che la fattura commerciale, proprio perché documento a formazione unilaterale, non è più sufficiente a integrare la prova dell’esistenza del rapporto contrattuale sottostante e/o dell’esecuzione della prestazione in essa indicata. Al più ne costituisce mero indizio.
Avvocato Ferraro come deve comportarsi colui che subisce, a torto, un decreto ingiuntivo?
Colui che intenda, a ragione, sottrarsi alla pretesa creditoria contro di lui azionata ha un dovere specifico di contestazione. La mancata contestazione della fattura dispenserebbe, infatti, il creditore di provare l’esistenza del suo diritto, con conseguente accertamento della sua domanda.
Però bisogna fare una precisazione. La contestazione non può essere limitata al solo momento del processo. Ma la sua esistenza deve essere indagata dal giudice anche in epoca precedente, fino al momento in cui la fattura è stata ricevuta dal destinatario.
Quindi, quali sono gli effetti della mancata contestazione della fattura?
L’omessa contestazione della fattura o una contestazione tardiva costituisce un valido elemento di prova dell’esistenza delle prestazioni in essa indicate e, conseguentemente, del credito avanzato; specie nel caso in cui la fattura sia stata accettata dal debitore. La contestazione, invero, non richiede neppure formule sacramentali potendo avvenire, anche, per comportamento concludente.
In questo ultimo senso occorre precisare che i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione possono costituire idonee prove scritte dell’esistenza del credito ivi annotato. Con la conseguenza che, proprio come ribadito recentemente dalla Cassazione, l’annotazione della fattura nelle scritture contabili dell’imprenditore può costituire idonea prova scritta dell’esistenza del credito dal momento che essa, con richiamo alla fattura da cui ha tratto origine, costituisce confessione del rapporto giuridico sottostante contro l’imprenditore che vi ha provveduto.
* Avvocato founder e partner di de Tilla Studio Legale