Cronache

Forteto. L'associazione Vittime risponde ai penalisti

Simone Cosimelli

La replica: "Non sono da considerarsi vittime i protagonisti di questa vicenda?"

L'Unione delle Camere Penali italiane, il 4 settembre scorso, ha criticato il Cardinale e Arcivescovo Giuseppe Betori per le parole di condanna espresse nei confronti dei soci del Forteto (Betori aveva parlato di «atti criminosi»). La presunzione d'innocenza, ha ricordato l'Unione, deve valere sempre. E con il processo principale a carico di 10 soci della comunità mugellana non ancora concluso e in attesa del verdetto della Cassazione - il prossimo 23 ottobre - sbilanciarsi potrebbe «condizionare gli esiti del processo medesimo proprio in considerazione della straordinaria autorevolezza della persona dalla quale tali espressioni provengono». A rispondere ai penalisti, ora, arriva l'Associazione Vittime del Forteto.

 

La nota intelgrale dell' Unione delle Camere Penali italiane (Leggi)

 

 

Nota di risposta dell'Associazione Vittime del Forteto

 

"La recente presa di posizione dell’unione camere penali italiane in ordine all’intervento del Cardinale Betori relativo al Forteto ci permette di precisare la natura e la genesi della nostra associazione vittime del Forteto. Il Cardinale Betori ha sottolineato, tra l’altro, le pesanti responsabilità della magistratura e della politica in ordine alla vicenda del Forteto, ampiamente confermate dalle Commissioni di Inchiesta della Regione Toscana oltre alle aberranti prassi, praticate in detta comunità, volte in particolare al disfacimento della famiglia naturale che non necessitano del vaglio di alcun Tribunale essendo verità  già “sancite nelle aule di giustizia”. Tutto ciò nulla ha a che vedere con il processo ancora in corso in quanto le vittime del Forteto sono e rimarranno vittime, anche se i fatti ancora in contestazione non venissero definitivamente confermati ed accertati, in quanto bastano e avanzano le pregresse sentenze. L’unico appunto che potrebbe essere mosso alla nostra associazione è quello della denominazione  che sarebbe più corretto indicare come “Associazione vittime delle istituzioni che hanno permesso al Forteto di praticare le loro bislacche teorie” quali ad esempio la famiglia funzionale e il chiarimento, addirittura cristallizzate in pubblicazioni di illustri ed illuminati studiosi.

In data 3 gennaio 1985 Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, capi indiscussi della Comunità del Forteto venivano condannati rispettivamente alla pena di anni due e di mesi dieci di reclusione in ordine al delitto di cui all’art. 572 c.p.  perché in concorso tra loro… maltrattavano S. A., affidata al Fiesoli per ragioni di cura e custodia, picchiandola ogni giorno più volte, offendendola continuamente con gli epiteti più avvilenti, pretendendo che ella in presenza di numerose altre persone si riconoscesse una “puttana”, impedendole di comunicare con l’esterno, schernendola anche in relazione alle sue condizioni di minorata psichica… mostrandole il Fiesoli, in una circostanza, per spregio, il proprio membro virile, sputandole in faccia… Quest’ultimo veniva anche condannato perché compiva atti di libidine violenta diversi dalla congiunzione carnale masturbando M. S. e R. M., persone malate di mente e comunque in condizioni di inferiorità psichica… in presenza di B. L., minore di anni 13. La pena così mite di soli due anni comminata nei confronti del Fiesoli era dovuta al fatto che, all’epoca, atti diversi dalla congiunzione carnale non erano considerati come violenza sessuale ma “semplicemente” atti di libidine violenta. Occorre inoltre evidenziare come nella motivazione della sentenza si legga quanto segue: Da tutte queste deposizioni specificamente indicate nella sentenza di annullamento, ed altre di analogo tenore se ne potrebbero aggiungere… NON TRASPARE CERTO UN QUADRO EDIFICANTE DELLA SITUAZIONE AL FORTETO, CON PARTICOLARE RIGUARDO AI PUNTI RICORRENTI DELLA ISTIGAZIONE ALLA ROTTURA CON LE FAMIGLIE ED ALLA PRATICA DELLA OMOSESSUALITA’. Va precisato però che in sede giudiziaria non possono venire in rilievo le teorie educative e terapeutiche degli imputati, né può venire in rilievo la pratica dell’omosessualità, finché tutto ciò non sfoci in precisi reati.

In data 13 luglio 2000 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condannava lo Stato Italiano a risarcire complessivamente 200 milioni di lire ad una madre e ai suoi due figli in quanto riteneva essere stato comportamento quantomeno “imprudente” averli collocati presso il Forteto oltre ad aver accertato che non si erano svolti con regolarità gli incontri tra la madre e i figli, necessari a mantenere i dovuti rapporti con la famiglia di origine. In ordine alla sentenza del 1985 la Corte Europea evidenziava come la Corte di Appello di Firenze avesse ritenuto opportuno esaminare gli elementi a carico degli accusati alla luce del contesto del Forteto, dal quale risultava sia una istigazione da parte dei suoi responsabili alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano affidati loro e i loro genitori biologici, sia una pratica diffusa di omosessualità. Nessun reato era stato accertato “semplicemente” si impediva ad una madre di incontrare i propri figli e viceversa. Non sono forse da considerarsi vittime gli “sfortunati” protagonisti di questa vicenda che si sono “imbattuti” nel Forteto, all'interno del quale (indipendentemente dalla commissione di reati) si privilegiava la famiglia “funzionale” e si istigava non solo adulti ma anche minori alla rottura con la famiglia di origine? Un altro fulgido esempio di tale pratica, radicata all'interno del Forteto, è quello di D.B. sedicenne incinta affidata al Forteto, alla quale il Tribunale per i Minorenni di Firenze (esiste un fascicolo  apposito) permetteva di incontrare l’allora futuro padre, che nulla mai aveva avuto a che fare con la comunità. Dopo circa due anni, in un diverso fascicolo con numero diverso dal precedente, detto Tribunale prende atto del riconoscimento di uno dei due figli del “profeta”, quale padre naturale del figlio della D.B., autorizzando quest’ultimo all’assunzione del cognome paterno. Quando è emersa tale disumana e raccapricciante vicenda eventuali reati erano già ampiamente prescritti ma rimane il dato documentale e incontestabile di quanto accaduto all'interno del Forteto con protagonista uno dei figli del “profeta”.

Non sono forse da considerarsi vittime del Forteto (con la colpevole partecipazione del Tribunale per i Minorenni di Firenze) i protagonisti di questa scellerata vicenda? Non è forse un principio fondamentale quello di favorire i rapporti tra una madre e i propri figli almeno pari a quello della presunzione di innocenza di un imputato la cui responsabilità è ancora al vaglio della magistratura? Simili atrocità, perpetrate all'interno del Forteto, sono già state accertate e non hanno bisogno di ulteriori sentenze che serviranno, eventualmente, ad aumentare il numero certificato delle vittime, molte delle quali già tali possono essere chiamate".

 

 

Associazione Vittime del Forteto