Forteto. Rodolfo Fiesoli "chierichetto" in chiesa
Fiesoli fotografato mentre aiuta il sacerdote per la messa davanti ai ragazzi
Rodolfo Fiesoli, il «Profeta» del Forteto condannato in appello lo scorso anno per abusi sessuali a 15 anni e 10 mesi, farebbe il chierichetto. A immortalarlo, nella piccola chiesa di San Lorenzo a Diacceto (nel territorio di Pelago, paesino di 8000 abitanti nell’area metropolitana di Firenze) è stato Riccardo Germogli, fotografo del quotidiano La Nazione. 76 anni, libero in attesa della Cassazione, ma pure imputato in un processo collaterale per violenze su un minore, Fiesoli pregava, si inginocchiava, aiutava il sacerdote nella funzione della messa: raccogliendo le offerte di fronte a ragazzi che quel giorno ricevevano il sacramento della Comunione.
Un legame, quello tra il padre/padrone del Forteto e la chiesa, che affonda le radici negli anni 70. Il gruppo di soci fondatori, infatti, frequentava la parrocchia della Querce, a Prato. Fiesoli era il più anziano, ma anche il più istrionico, il più carismatico, senza peli sulle lingue. Lo chiamavano «Foffo», da giovane. Ma proprio in quegli anni diventò il «Profeta», a testimonianza di una crescente capacità affabulatoria. Secondo alcune testimonianze, la parrocchia, in seguito alle predicazioni contro la famiglia tradizionale, l’esaltazione della vita comunitaria come ribellione alle convenzioni sociali, e alcune pratiche blasfeme, lo cacciò via. Lui reagì: portandosi dietro i fedelissimi. Era il 1977. E da quel gesto, sulla scia delle ideologie post-Sessantotto, nacque il Forteto. Anche Don Milani, del resto, è stato tirato in ballo. Intorno alla conoscenza, vera o presunta, tra il priore di Barbiana e il Profeta per anni c’è stata polemica. Per la commissione d’inchiesta bis, Fiesoli, arbitrariamente, cercò di farsi investire dell’eredità di Don Milani: organizzando iniziative in suo nome, per esempio, o cercando di avvicinarsi al «Centro documentazione don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana», con sede a Vicchio (Mugello). Sfruttando questo elemento per acquisire ulteriore prestigio e affidabilità. Ma in realtà, non lo avrebbe mai conosciuto.
Interpellato dalla Nazione, il Vescovo Mario Meini (vicepresidente della conferenza episcopale italiana e dal 2010 a capo della diocesi di Fiesole), ha detto di non sapere nulla dell’accaduto. Anche se ha dichiarato di essere stato informato del «nuovo parrocchiano (Fiesoli, ndr)» circa un anno fa. Per il momento chiede tempo, il vescovo: per capire come sia stata possibile una disattenzione del genere. «Conoscevo la storia di Fiesoli – ha aggiunto – così come la conoscono i sacerdoti della zona. Anzi, furono proprio loro a segnalarmene la presenza. Volevano sapere come comportarsi». La risposta di Meini fu: «Accoglierlo come un parrocchiano qualsiasi, niente di più, niente di meno». Anche se, sempre alla Nazione, ha precisato di aver consigliato di non investire Fiesoli di «un qualche ruolo ufficiale».
Due parrocchiane di Dicomano (non lontano dal Pelago) hanno dato una loro versione: «Era il novembre del 2015 quando andammo dal Vescovo Mario Meini a riferire cosa stava facendo il Fiesoli. Se ci avesse ascoltato avremmo evitato questo scandalo». Il Profeta, infatti, si sarebbe avvicinato «pesantemente» alla chiesa: prima quella di Pelago, poi quella di Diacceto. Tutto nel tentativo di rifarsi una vita. Don Emmanuel, il sacerdote originario del Congo che serviva messa con Fiesoli intorno, non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito. Sono invece arrivati i commenti sdegnati dei commissari delegati all’inchiesta politica sul Forteto. «Una persona che è stata condannata a 15 anni e 10 mesi in Corte d’Appello non dovrebbe vivere a suo piacere per le strade di Pelago – ha detto Paolo Bambagioni (Pd) – soprattutto vista la gravita dei reati per cui è stato condannato». E mentre si contano i giorni per l’arrivo di Papa Francesco a Barbiana (il 20 giugno), nel Mugello e a Firenze, resta l’imbarazzo.
@Simocosimelli