Cronache
Giustizia,Caiazza: "Troppi casi Cosentino. Ruolo squilibrato delle procure"
Intervista a Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane sul caso Cosentino, l'ex forzista assolto dopo 12 anni di processo
Dopo Berlusconi assolto anche Cosentino
Le recenti assoluzioni di Silvio Berlusconi e Nicola Cosentino fanno scalpore, tanto scalpore. Sarà forse, e soprattutto, per la rottura che si sta consumando tra la magistratura giudicante e le procure? Si tratta di casi isolati o di un riappropriarsi, da parte dei giudici, della terzietà sancita nella Costituzione, ma per lungo tempo messa in discussione? È tempo di aria nuova dentro e fuori dalle aule di tribunale? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
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La conferma dell’assoluzione di Cosentino è arrivata quasi 12 anni dopo l’inizio del processo. È una sconfitta della procura?
Ormai siamo assuefatti a vicende giudiziarie come quelle che hanno interessato Nicola Cosentino, assolto dieci anni dopo dalla Corte di Appello “per non aver commesso il fatto”. È trascorso così tanto tempo che nemmeno ero a conoscenza ci fosse ancora il giudizio di Cassazione. I danni politici, oltre che personali, hanno ormai già dispiegato i loro effetti! Invece, soprattutto quando le indagini e i processi riguardano un uomo pubblico l’attenzione dovrebbe essere particolarmente acuta, per le ricadute sul piano politico e istituzionale. Istituzionale perché in gioco, oltre naturalmente alla vita ed alla dignità delle persone, è la stessa credibilità della giurisdizione nel nostro Paese.
Perché la credibilità della giurisdizione? Pronunce clamorose a favore dell’imputato sono inutili dopo tanto tempo?
La Corte Suprema ha sempre mostrato una certa distanza dalle dinamiche più strettamente politiche di una serie di inchieste e vicende. Il problema è che intervengono dopo tanti, troppi anni. Le questioni che queste ormai ordinarie vicende di malagiustizia mostrano sono evidentissime; per prima, ovviamente, la durata irragionevole dei processi. E quel comando costituzionale interroga innanzitutto, la durata delle indagini; non può accadere che sia la persona imputata a pagare, oltre ogni ragionevolezza, la inefficienza dello Stato.
Quindi si può dire che recentemente i giudici abbiano “rimesso al proprio posto” le procure? Lei già dopo l’assoluzione nel 2020 parlava di separazione delle carriere …
Beh se dovessimo individuare la distorsione più grave ed insidiosa per gli equilibri democratici di una società, non potremmo avere dubbi: un potere - amministrativo, legislativo, giudiziario- esercitato senza alcuna forma di responsabilità. Il ripetersi sempre più allarmante di vicende come queste dimostra per fatti concludenti che quella distorsione della vita democratica è da troppo tempo inoculata come un virus nelle radici del nostro sistema istituzionale. Almeno dal 1992 in poi le procure hanno assunto un ruolo squilibrato, sproporzionato nel rapporto tra poteri dello stato, pensando di poter intervenire spesso anche sul potere politico. Da “Mani pulite” ereditiamo uno squilibrio profondo tra poteri dello Stato.
La riforma Cartabia potrà aiutare i giudici, o per meglio dire, migliorare la Giustizia in tal senso?
La volontà testuale del legislatore è esplicita. Il problema è capire se i giudici chiamati ad applicare tale norma, come accade spessissimo, interpreteranno nel senso di svuotarle. A riscattare la terzietà del giudice non bastano giudici indipendenti e coraggiosi che sanno assumersi la grande responsabilità di assolvere a dieci anni di distanza, senza farsi condizionare da nessuna altra valutazione che quella dei fatti sottoposti al proprio giudizio. Una giurisdizione che debba fare affidamento su virtù eccezionali - e in certi contesti quasi eroiche - del giudice, è una giurisdizione che ha già rinnegato sé stessa.
Lei quando Cosentino venne assolto si è scagliato contro la gogna mediatica che ha sofferto. Il rapporto stampa-procure è un problema per la Giustizia?
L’informazione ha reso possibile quel fenomeno di progressivo squilibrio nel rapporto tra i poteri dello Stato, considerando le inchieste dei pm come fonti di notizia, non come notizie che dovevano essere verificate. Si è fatta e si fa portavoce delle indagini delle procure, ponendo al centro dell’attenzione pubblica l’attività dei pm, con la conseguenza devastante che per l’opinione pubblica il giudizio di disvalore per una condotta nei confronti di una persona pubblica si consuma prendendo atto dell’accusa. Quello che mi ha colpito è la reazione che hanno i giornali alla notizia di assoluzioni come queste: nessun quotidiano nazionale ha dato la notizia in prima pagina.