Cronache

Giustizia, cerca di uccidere la compagna e rapisce la figlia: ora è libero

La donna: "Vivo nel terrore verrà ad uccidermi". Il giudice: "Si è pentito". Scarcerato dopo un anno di detenzione preventiva

Giustizia, cerca di uccidere la compagna e rapisce la figlia: ora è libero

L'emergenza Coronavirus in Italia ha anche fatto slittare molti processi penali. E' il caso di quello a carico di un uomo di 42 anni, arrestato lo scorso anno per aver tentato di uccidere la compagna sparandole due colpi di pistola e successivamente rapendo la figlia portandola in un casolare di montagna. La polizia dopo una lunga trattativa è riuscita a far liberare la bambina e ad arrestare l'uomo, ma dopo un anno un giudice ha deciso di scarcerarlo in attesa del processo che non ci sarà prima di ottobre: niente domiciliari, obbligo di firma. E' un uomo libero.

La ex compagna saputa la notizia - si legge sulla Stampa - è entrata nel panico: "Aiutatemi prima che sia troppo tardi, vi prego». L’urlo di paura è di Jessica Maurovich, classe 1990, triestina, sopravvissuta alla furia omicida dell’ex compagno. Un anno fa, di fronte alla volontà di separarsi, lui aveva risposto cercando di ucciderla, davanti agli occhi sbarrati della loro piccola figlia.

L’avvocato Riccardo Tarotelli, 42 anni, nato a Tirano in provincia di Sondrio, incensurato, le aveva sparato alla gola e all’emitorace sinistro, lasciando la donna morente sul letto, per poi rapire la piccola e rifugiarsi in una baita tra le montagne della Valtellina. Lì, dopo venti minuti di inutile trattativa si era consegnato ai carabinieri. Il lieto fine è andato in frantumi solo qualche giorno fa. Il giudice di Sondrio Antonio De Rosa ha scarcerato il mancato assassino, valorizzando il fatto che questi, concluse le indagini, il 26 giugno, dopo mesi di silenzio e di condotta ineccepibile dietro le sbarre, aveva mostrato resipiscenza e pentimento, collaborando con il pubblico ministero. Il giudice non ha optato per gli arresti domiciliari, né per l’obbligo di firma, ma ha concesso la piena libertà, imponendo solo di non dimorare in Friuli Venezia Giulia, la regione dove vive la sua vittima.